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«Addio tacco 12, più sneakers per tutti»

«Addio tacco 12, più sneakers per tutti» Forza Italia, idea Pogliese per le Regionali

Di Mario Barresi |

CATANIA – «Ma quella in prima fila non è la Pascale? ». Un brivido freddo corre sulle schiene martoriate dalle zanzare della Plaia. È un miraggio dell’appiccicoso autunno catanese: non è lei. Nessuna traccia della first lady, c’è grande attesa per la telefonata in diretta del Cavaliere con annessa barzelletta. «Forse la fa su Crocetta», pregustano i soliti beninformati. Ma la Pascale qui non c’è. E non c’è traccia nemmeno di quel «ticchettio di tacchi 12» – copyright di un collega catanese frequentatore delle stanze del potere berlusconiano A. R. (Ante Ruby) – che si udiva negli anni ruggenti.    

Forza Italia riparte. Dalla Sicilia, in Sicilia. Lontana dall’epopea del 61-0 di miccicheiana memoria, ma vaccinata agli errori (sempre Micciché c’entra) che hanno consegnato l’Isola al Pd. I numeri, certo, si sono ristretti. E la lista dei “traditori” s’è allungata. Il sangue sale al cervello dei forzisti di primo e ultimo pelo, se solo pronunci i nomi di Fini e Alfano. «Ma il secondo è anche peggio del primo – argomenta l’europarlamentare Alessandra Mussolini – perché tradì in un momento di difficoltà del partito, mentre quell’altro se ne andò quando Berlusconi era forte».    

Pochi, ma buoni. Del resto, col potere che è un ricordo, chi ha meno di 35 anni ed è qui dentro, forse, lo fa davvero perché ci crede. E allora la convention giovanile nazionale “MuovItalia 015”, che a Catania fino a domani ha portato quasi 400 giovani militanti di tutta Italia, può anche essere un campo scuola per selezionare una nuova classe dirigente di Forza Italia. Più autentica, meno plastificata. «Addio tacchi a spillo e più sneakers per girare i territori», invocano le eurodeputate Lara Comi ed Elisabetta Gardini, che hanno le idee chiare in materia di scarpe e di futuro del partito.    

C’è da crederci, parlando con Irene Mauceri, dirigente etnea di Forza Italia Giovani, simbolo siciliano dell’anti-olgettinismo praticante. Come? «Lavorando nei quartieri, usando il web come i grillini e ripartendo da militanza e principi». Ecco, ma quali? Non certo il «casting» per la scelta dei candidati evocato nell’ultima cena ad Arcore. «Già la parola stessa è deludente», sbotta Irene. E Melania Scorciapino, del club Forza Silvio di Cerami, nell’Ennese, aggiunge: «Ci vuole competenza, merito e lavoro sul territorio». Lei sta per laurearsi in Farmacia ed è affascinata «anche da Salvini». La sorella, Eleonora, studia Giurisprudenza e non porta i tacchi a spillo. È un metro e ottanta di per sé stessa e invoca «un nuovo Silvio».    

Ma non è un po’ da sfigati cominciare a far politica in Forza Italia all’epoca del renzismo cool e dell’antipolitica a 5 stelle? Nella sala mensa dei delegati giovanili, fra un piatto di pasta al forno e un cordon bleu, sono convinti di no. Massimiliano Giammusso (consigliere di Gravina), Luca Sangiorgio (vicecoordinatore etneo) ed Erio Buceti (consigliere di quartiere) hanno le idee chiare. Primo: «No alla rottamazione della classe dirigente per mero giovanilismo, ma sì al ricambio». Secondo: «Berlusconi è il nostro leader, ma deve porsi il problema del dopo». Terzo: «Ok primarie, purché non siano “clown” nel Pd coi cinesi ai seggi». No ad adozioni per coppie gay e migranti no limits, sì alla famiglia classica e all’impresa.    

E in Sicilia? C’è un like per Nello Musumeci: «È perbenissimo». Ma il loro cuore batte per Salvo Pogliese. «È l’unico che può evitare che si consegni la Regione ai grillini». Lui, l’eurodeputato catanese, fra il popolo di “MuovitItalia 015”, gioca in casa. Perché è l’associazione “Meridiana” (sua e del deputato nazionale Basilio Catanoso), assieme alla “Fondazione della Libertà” dell’ex ministro Altero Matteoli a organizzare l’evento. Ovvero: una matrice ex Msi ed ex An, “deolgettinizzata” e con i residui della colla dei manifesti sulle mani.    

La visione plastica ce l’hai quando, nel pomeriggio si materializza Santo “Lacoste” Castiglione, indimenticato protagonista del pacchetto di mischia della destra catanese. Eppure nel parterre ci sono anche Sergio Parisi, vicepresidente del Coni siciliano, Franco Greco (leader di “Un’Altra Gela”, quello del foto-abbraccio col candidato grillino) e il deputato Mpa Dino Fiorenza. Ma cos’è la destra e cos’è il forzismo, nel nuovo partito? «Io non mi rifaccio certo a De Gasperi, ma oggi mi sento più berlusconiana dei berlusconiani del ‘94», certifica Mussolini: applausi. «Berlusconi ha 79 anni – dice dal podio Antonio Tajani, vicepresidente del Parlamento Ue – ma è tornato con più entusiasmo di prima». In sala, però, non scatta l’ovazione.    

E allora Pogliese può essere il candidato governatore di questa nuova Forza Italia basata sui vecchi sani princìpi? Al suo “socio” Catanoso, per ora, basta «la soddisfazione di riunire per la prima volta dal 2012 tutti i potenziali alleati di centrodestra. Nessun veto sui nomi degli altri, ma non ne accettiamo sui nostri». Lui, l’eurodeputato catanese, nicchia: «Se c’è sintesi è meglio, ma non sarebbe male fare le primarie, che io sostenni 15 anni fa per le comunali di Catania, rischiando l’espulsione da An». Ma è già in campo? «Oggi la priorità è la compattezza, per evitare la disastrosa spaccatura del 2012», dribbla Pogliese.    

Meno convinto dello strumento dei gazebo è Enzo Gibiino, coordinatore regionale di Forza Italia: «Non le fa nemmeno Renzi, ormai». Smentisce di essere uno fra i 10 leader regionali sfiduciati da Berlusconi per gli scarsi risultati alle Amministrative: dicerie dell’untrice, la giornalista del Corriere che ha scritto l’indiscrezione. Forza Italia nell’isola gode di ottima salute: «Siamo al 17%, ripartiamo da una stagione di congressi e dal referendum sul Ponte». E Pogliese candidato? «Un ottimo nome, così come Musumeci. L’ideale sarebbe un catanese in ticket con uno della Sicilia occidentale». E il Cav. che ne pensa? «Mi ha chiesto di sondare prima un candidato della società civile».    

Qualche nome filtra:  Francesco, Greco, presidente dell’Ordine degli avvocati di Palermo e Carlo Autru Ryolo, principe del foro messinese. «L’idea potrebbe essere una giunta tutta di grandi tecnici, attorniata da deputati regionali d’esperienza», ipotizza Gibiino. Non chiude la porta agli “esterni”, Marco Falcone, capogruppo all’Ars, che in questa partita vuole giocare «il ruolo del mediano metodista che passa la palla a chi segna». E il bomber? «Musumeci è una delle migliori espressioni del centrodestra siciliano. Pogliese un candidato credibile, fresco, con quel “quid” in più».    

È come sul tacco 12 e sulle sneakers. Magari, alla fine, sceglierà comunque il Cavaliere. Con i suoi criteri, quelli di sempre. Come quella notte dell’aprile 2014, poche ore prima che scadesse il termine per le liste alle Europee. Pogliese, tutt’altro che entusiasta, fu convinto a candidarsi. «Dobbiamo arginare Ncd a Catania, magari così non arrivano al quorum nazionale», gli dissero. E lui: «Obbedisco».    

Ma, a manifesti stampati e a campagna elettorale aperta, tentato golpe ci fu: «È troppo post-fascista», sussurrò qualcuno (e qualcuna) del cerchio magico siciliano a Silvio. Che, per qualche ora, si convinse; nonostante le indignate proteste di Matteoli e Gasparri. E al posto di Pogliese? Bisognava trovare un sostituto last minute. Eccolo: Silvio Alessi, già pupillo di Dell’Utri, poi passato alla storia come vincitore, rinnegato, delle primarie del Pd di Agrigento. Ma il Cavaliere vide la foto e fece una smorfia: «No, non mi piace. È troppo ciccione. Candidiamo Pogliese! ». Il quale, a Bruxelles, s’è messo a dieta da più di un anno.

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