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Debiti e caso MpS Riscossione Sicilia

Debiti e caso MpS Riscossione Sicilia L’altro fronte dello scontro Baccei Crocetta

Il retroscena che spiega perché il Governo è a rischio

Di Mario Barresi |

CATANIA. La cosa – raccontano a Palazzo d’Orléans – qualche giorno fa è andata più o meno così. Alessandro Baccei incontra il presidente di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo. Che incalza l’assessore all’Economia sulla ricapitalizzazione dell’azienda partecipata: c’è bisogno di 6,5 milioni per far quadrare i conti.

Ma Baccei gli chiude i rubinetti: servono «sacrifici», con l’ipotesi di licenziamento di «trecento unità». Oppure non se ne fa nulla. Prima vedere cammello, insomma. «Gli ho rinnovato la richiesta di un “semplice” piano industriale con ipotesi di aumento di ricavi e taglio dei costi – ridimensiona Baccei, che abbiamo sentito ieri sera al telefono – così com’è normale che sia per una partecipata alla quale, tra l’altro, abbiamo dato già 40 milioni a inizio anno in Finanziaria». Ma Fiumefreddo sull’ipotesi dei licenziamenti si sarebbe irrigidito: «Non se ne parla». E, prima di andarsene sbattendo la porta, chiede conto all’assessore di «alcuni suoi comportamenti poco chiari».

Il faccia a faccia si chiude con un freddo «ne riparliamo»: i due dovrebbero vedersi domani. Condizionale più che mai d’obbligo, perché lo scontro, assieme ad «alcune carte per capirci meglio», è finito dritto sul tavolo di Rosario Crocetta. Che apre un altro fronte con l’assessore “straniero”, mai così maldigerito come in questi ultimi giorni. Incontro-scontro. E non è una novità.

Ma stavolta il governatore gioca all’attacco, sbandierando al tecnico di area renziana un suo (presunto) «conflitto d’interesse» e chiedendogli spiegazioni su «operazioni delle quali non sono stato informato». Baccei dettaglia al presidente la sua verità. Eppure le due posizioni – anche su questa vicenda – restano piuttosto lontane. Questo è il retroscena. Ma cosa c’è dietro l’ennesima resa dei conti Crocetta-Baccei?

Proviamo a spiegarlo con i numeri. Partendo proprio dalla cifra che il Cda di Riscossione Sicilia ha chiesto per la ricapitalizzazione: 6,5 milioni. Una somma equivalente, guarda caso, all’interesse che la Regione, proprietaria al 99,88% delle azioni della società (il resto è di Equitalia), paga ogni anno a Montepaschi per la «transazione scandalosa». Così la definì Crocetta in un’intervista al nostro giornale. Riferendosi alla vendita, da parte di Montepaschi, di tutte le sue quote dell’allora Serit Sicilia. Costo dell’operazione: 162 milioni «a prezzo provvisorio» (sic!).

Più altri 60 di interessi passivi al 4,50%, perché la banca che cede è la stessa a fornire la scopertura. In pratica è come se, piuttosto che una vendita, fosse un conferimento. Ma anziché essere a tasso zero (come prevede la legge, che vieta l’autofinanziamento), c’è un pesante onere a carico di Riscossione Sicilia, e quindi della Regione.

«Su questa vicenda – rivela il presidente Fiumefreddo – abbiamo inviato gli atti alla Procura di Palermo e una segnalazione alla Consob. E nel Cda di venerdì è stato deciso di dare mandato a due legali nazionali per iniziare l’azione di recupero dei 60 milioni non dovuti».

Prima di quest’ultima azione, il vertice di Riscossione Sicilia aveva avviato una trattativa con Montepaschi, puntando a un accordo per ristrutturare il debito, «ricevendo una disponibilità al dialogo dal management». Ed è su questo tasto che scatta il redde rationem con Baccei. Perché non è passata inosservata, a Palazzo d’Orléans, una coincidenza: subito dopo una riunione fra l’assessore e Montepaschi, la posizione dei creditori toscani è mutata. «Non se ne fa nulla».

Circostanza che ha fatto imbufalire prima Fiumefreddo e poi Crocetta, i quali hanno rinfacciato l’incontro «all’insaputa dei diretti interessati». Ma anche su questo punto Baccei chiarisce: «Io incontro di norma una quindicina di banche, sempre in presenza di testimoni, per parlare di tutto ciò che è di mia competenza».

Conferma che il contatto c’è stato, dunque. Ma precisa: «Ovviamente non s’è parlato soltanto del debito della Regione. E soprattutto non ho dato alcuna indicazione, né preso decisioni al riguardo». Eppure c’è un altro aspetto, ancor più delicato: il ruolo di Baccei. Che – non è mai stato un segreto – prima di entrare nella giunta regionale è partner di “Ernst & Young”, multinazionale che con la divisione “Reconta”, si occupa di revisione legale di enti pubblici e società. Fra le quali Montepaschi.

Un potenziale conflitto d’interessi già segnalato al momento della nomina e rinfocolato in questi giorni di tensione con Riscossione Sicilia, debitrice – con i soldi di “mamma Regione” – nei confronti dell’istituto bancario. Sul tavolo di Crocetta è finita una visura camerale live in cui Baccei sarebbe titolare di 16.500 azioni, pari all’1,27% della società di consulenza.

Ma su questo aspetto l’assessore è categorico: «Con “Ernst&Young”, che si occupa di centinaia di clienti, in pratica tutti i più importanti e quindi anche di Montepaschi, non ho alcun tipo di legame. Sono uscito liquidando tutte le mie quote. Mi sembra assurdo doverlo chiarire ancora, ma lo faccio: nessun rapporto». In gioco c’è il futuro della società di riscossione. Da più parti – opposizioni, ma anche Pd e alleati – in molti spingono per “rottamare” la partecipata e cederla a Equitalia.

«Sono scelte delicate – ammette Baccei – anche se, in ogni caso, Equitalia non avrebbe alcun interesse a rilevare una società che non fosse “ripulita”, cioè alleggerita da costi e debiti». Ma dal capogruppo del Pd all’Ars, Antonello Cracolici, che già nel 2013 chiedeva «chiarezza sul passaggio di quote con MpS», arriva una frenata: «Se la Sicilia dovesse rinunciare anche alla capacità di riscossione, mi chiedo che senso abbia mantenere l’autonomia. Piuttosto che cedere Riscossione, perché invece, oltre agli sforzi di risanamento già in atto, non si adotta il modello moderno ed efficiente di Equitalia? ». Ottima idea. Ma la sfida sarà in salita.

Il nuovo cda di Riscossione Sicilia ha ereditato un montecrediti di oltre 15 miliardi e una percentuale media di riscossione del 2%, appena 320 milioni. Se si arrivasse al trend di Equitalia (che riscuote il 25% delle somme dovute), la Regione potrerebbe nelle sue casse quasi 4 miliardi. E a quel punto i 6,5 milioni che chiede a Baccei per chiudere i conti sarebbero davvero un’inezia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA