La kermesse
FdI a Brucoli mostra i muscoli: «Noi la destra che conta e che vince»
Il partito, alla kermesse "Le Radici della bellezza", detta la linea: Foti suona la carica e assist al siciliano Messina. Musumeci: «No all’autonomia a rate»
Il passaggio più importante di quest’Atreju on the beach – nel giorno finale in cui Giorgia Meloni poteva esserci, ma alla fine non c’è stata – si consuma in un attimo di distrazione generalizzata. In fondo alla sala, al Mangia’s di Brucoli, si solleva un fastidioso brusio; i giornalisti sono distratti dall’arrivo del neo-ministro Alessandro Giuli; le casse sul palco gracchiano e l’applauso copre chi sta parlando. Anzi: urlando. È il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, che richiama «una comunità che, a testa alta, vuole continuare e continuerà a vincere. Perché noi siamo la destra che conta, la destra che vince». È il messaggio politico più forte, l’orgoglio della destra che è al potere e che vuole restarci, una linea precisa dettata al popolo meloniano, ma anche agli alleati del centrodestra.
La sostanza dell’appartenenza
Così, dopo tre giorni passati a discutere dell’estetica, delle “Radici della bellezza”, prevale la sostanza dell’appartenenza. «Non ci vengano a dire che vogliamo spaccare l’Italia, non ce lo venga a dire la signora Schlein: perché quando noi cantavamo Fratelli d’Italia lei cantava l’Internazionale, quando noi sventolavamo il Tricolore loro erano con la bandiera rossa», arringa Foti, apprezzatissimo dalla premier-leader, mentre tutti si alzano in piedi. Non tanti, a dire il vero, i presenti in una domenica da gita al mare. E sabato, raccontano, era pure peggio. Ma le sedie vuote nella saletta di Brucoli sono meno evidenti dell’enorme verde lasciato nel pratone di Pontida. Del resto, sibila un esponente siciliano, «qui dentro c’è più qualità che quantità». Anche se poi gli scappa: «Chi ha le truppe cammellate le ha lasciate a casa per non riempire un evento organizzato da chi ha il potere, ma non i voti». Un sottilissimo riferimento a Manlio Messina, vicecapogruppo a Montecitorio, mattatore della kermesse sopra, sotto e dietro il palco. «Siamo riusciti a tirare fuori il meglio della nostra Italia», rivendica l’ex assessore regionale al Turismo. Che si schermisce, quando Foti – felice perché «è bello poter dire tutto ciò a Catania» (anche se Brucoli è frazione marinara di Augusta, in provincia di Siracusa), lodando Nello Musumeci come esempio di «classi dirigenti eccezionali», quelle eredi del «40 per cento a Catania nel 1971» – lo lusinga definendolo «un pilastro» e sembra quasi cedergli il testimone: «Manlio, ora spetta a voi».

Chiacchiericcio e ambizioni
Certo, il chiacchiericcio di questi giorni, fra un bagno a mare e un “panel”, è vario e variegato. E il domino atteso in FdI al governo (un posto da coprire di sicuro: quello di Raffaele Fitto; un altro in bilico, anche se il destino di Daniela Santanchè al Turismo si lega sempre più alle vicende processuali di Matteo Salvini: se lui non lascia, lei neppure, anche se rinviata a giudizio) dà spazio alla fantasia. E alle legittime ambizioni di alcuni siciliani in carriera, a partire dallo stesso Messina pronto magari al derby con Carolina Varchi, palermitana della “generazione Ateju” per un posto ancor di più al sole. In attesa del futuribile ticket con Gaetano Galvagno per la corsa da governatore alle Regionali 2027, se FdI decidesse di forzare e «se magari il presidente Schifani vorrà tornare a ricoprire ruoli importanti a Roma», come affermato dallo stesso Messina nel passaggio di un’intervista a LiveSicilia che a Palazzo d’Orléans non è andato giù.

Musumeci cita Almirante: la ribalta è sua
Chi invece dimostra di stare benissimo dov’è è Musumeci. Uno dei ministri più affidabili, nel giudizio della presidente del Consiglio, anche perché sempre sobrio e ben distante da eccessi e gaffe di altri colleghi. E così l’ex governatore discetta su tutto: dai disordini al corteo pro Palestina («una vergogna, una vergogna») agli insulti di Pontida ad Antonio Tajani («scelte scellerate da condannare, come ha fatto lo stesso Salvini») per poi derubricare la battaglia di Forza Italia sui diritti civili (lo Ius Italiae «non è una priorità, in questo momento la mia è salvare vite umane»). Tacco e punta, al ministro della Protezione civile basta rivendicare l’eredità di Giorgio Almirante della «vocazione ambientalista di destra», che «non è quella di Bonelli» e poi annunciare che servono «almeno 20 miliardi da utilizzare in dieci anni per fare seria opera di prevenzione» per conquistarsi la ribalta delle agenzie. Poi un altro passaggio, dopo aver salutato all’uscita il suo delfino, l’eurodeputato Ruggero Razza, molto più delicato. Sul tormentone leghista a Pontida: «Io sono autonomista unitario», afferma Musumeci. Per il quale «l’autonomia differenziata non si può applicare a rate: quando le procedure lo consentiranno diventerà un progetto applicato contestualmente dal nord al sud, nelle regioni che ne faranno richiesta». Ed è questo, assieme all’avviso di Foti ai naviganti (soprattutto della coalizione), il lascito più importante della tre giorni di Brucoli. «Gli italiani sono più a destra della destra», sillaba il ministro Giuli sottolineando che Meloni ha interrotto «un lungo divorzio fra consenso e potere». Uniamo i puntini: non ci sono sante alleanze sovraniste (della Lega) o rigurgiti moderati (di Forza Italia) che tengano, oggi comandano loro.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA