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Stefania Auci: «La Sicilia dei Florio e quella di oggi? Hanno la stessa resistenza al cambiamento. Un immobilismo politico che fa perdere la speranza»

La scrittrice de "I leoni di Sicilia", ora serie tv su Disney+: «Siamo una terra di parolai, di persone che non riescono o non vogliono vedere che le promesse restano tali»

Di Annalisa Stancanelli |

È in onda da qualche giorno su Disney plus “I leoni di Sicilia” la serie tratta dai romanzi di Stefania Auci, “I leoni di Sicilia” e “L’inverno dei leoni” ( Casa editrice Nord). Grazie alle vicende dei Florio la Sicilia è di nuovo protagonista innescando dibattiti sulla bellezza dell’isola, la tenacia e lo spirito imprenditoriale dei siciliani, le contraddizioni della cultura e della storia della Trinacria. Abbiamo intervistato Stefania Auci subito dopo il rilascio della serie in piattaforma.

Tagliato il cameo nella serie tv

Dal libro al film, è accaduto tante volte ma stavolta il libro è il suo. Può raccontare cosa ha provato quando ha saputo della proposta di una serie sui suoi libri e quali sono state le sue sensazioni nella visione dei suoi personaggi e delle loro storie sullo schermo?«Grande gioia, grande emozione. Ammetto che non ci ho creduto fino a che non ho visto le prime immagini di girato e sono stata sul set a Favignana. L’esperienza del set è stata illuminante e molto interessante mi ha fatto comprendere quanto lavoro c’è dietro la trasformazione di un prodotto letterario in uno televisivo. Davvero, entusiasmo a mille!».

È vero che è presente in un cameo? Cosa ha significato stare davanti la macchina da presa?«Un piccolo cameo, purtroppo tagliato in fase di montaggio, ma va bene così. Mi sono divertita moltissimo, è stato un bell’intermezzo e soprattutto mi ha dato la prova, una volta di più, che vivere nell’Ottocento non era poi così romantico: gli abiti erano pesantissimi e si sudava molto davvero, oltre che avere movimenti impediti da veli e crinoline. Anche qui, emozioni e divertimento, davvero una bella esperienza».

«L’immobilismo ha portato alla perdita della speranza»

Cosa hanno in comune la Sicilia dei Florio e la Sicilia di oggi?«La stessa resistenza al cambiamento, la paura che la novità possa portare un peggioramento in una situazione già precaria. In Sicilia c’è un immobilismo politico che è lo specchio di quello nazionale, dove si va avanti a colpi di slogan e di dichiarazioni, salvo poi non impegnare le risorse promesse o far scivolare nel dimenticatoio gli impegni di spesa per esempio per l’ammodernamento delle strade. Oggi in Sicilia l’immobilismo ha portato alla perdita della speranza».La Sicilia, terra di dei ed eroi, di favole e cunti e proverbi. Quale il proverbio o i proverbi che fotografano l’anima siciliana o la condizione dei siciliani?«Quello che poi è anche il mio proverbio preferito: calati junco chi passa la china. Calati, giunco, passa la piena. È la capacità che hanno i siciliani di farsi scorrere tutto addosso senza troppa angoscia, senza eccessivi patemi, con quel distacco che li aiuta a vivere e a poter dichiarare che ogni cosa, nel bene e nel male, passa».Quando pensa alla Sicilia quali sono gli aspetti che la fanno più soffrire o indignare?«Il fatto che sia usata come terreno di pascolo per il malaffare, che sia banchetto per faccendieri ed affaristi, che ci si riempia la bocca di parole come investimenti e riforme senza investire davvero un soldo. Siamo una terra di parolai, di persone che non riescono o non vogliono vedere che le promesse restano tali».Può completare questa frase? “Palermo è una città bellissima ma”…«Ma non ha cura di sé».

«La Sicilia vive un’emergenza educativa»

Lei con Francesca Maccani ha scritto tempo fa un libro “La cattiva scuola”: com’è la scuola in Sicilia, quali le criticità che si dovrebbero affrontare con urgenza e quali, invece, i punti di forza?«Salvo pochi punti di eccellenza, la scuola in Sicilia sconta tutte le stesse difficoltà che ha nel resto d’Italia, salvo il fatto che da noi qui sono amplificate da un governo regionale che non ha avviato attività veramente incisive per il suo miglioramento. Ed è un appunto che muovo, in realtà, ai governi degli ultimi trenta anni. In Sicilia la scuola vive un’emergenza educativa che riguarda intanto l’educazione affettiva e sessuale dei ragazzi, e i fatti di quest’estate purtroppo lo testimoniano ampiamente. È inutile parlare di educazione digitale e corretto uso dei social se non si procede di pari passo con l’attenzione per l’affettività e se non si inculca sin da piccoli il rispetto per gli altri e se non si prova a lavorare e a valorizzare le differenze. Si tratta di un lavoro che andrebbe pensato e organizzato sul lungo periodo e non con singoli interventi o con progetti affidati al buon cuore degli insegnanti. E poi si dovrebbe pensare all’edilizia scolastica, a cominciare dalla climatizzazione delle aule, poiché in molte scuole, con venticinque ragazzi in classe si raggiungono temperature proibitive. Mettere pannelli solari per l’efficienza energetica e climatizzare le aule, così da non gravare sui costi dell’energia. Questo sarebbe già un primo passo».I ragazzi siciliani, spesso, lavorano all’estero dopo la laurea o si specializzano in altri Paesi dimostrando anche un “quid” in più, alcuni diventano ricercatori e responsabili di importanti progetti. Cosa dovrebbe offrire la Sicilia per invogliarli a tornare nell’isola?«Tutto quello che trovano all’estero. È una banalità ma è così: riconoscimento delle proprie capacità lavorative, valorizzazione della loro personalità, ricchezza espressiva, infrastrutture – anche tecnologiche e culturali – per poter mettere a frutto le proprie competenze, e soprattutto, pari opportunità per le donne che, tutt’oggi, faticano a trovare spazi».

«Chi incendia la nostra terra è davvero senza perdono»

Nei giovani quali sono le caratteristiche che la fanno sperare in una Sicilia migliore?«I ragazzi oggi sono sfiduciati: spesso mettono in conto sin dalla prima adolescenza che dovranno andare via e che non ci sarà possibilità di restare, pur volendo restare. Non è esterofilia o “voglia di continente” : è che se devi lavorare a stipendio basso o peggio in nero dopo esserti specializzato, magari aver studiato per anni, ecco, allora ti passa la voglia di restare e vai dove la tua dignità viene rispettata perché ottenere uno stipendio congruo alla tua formazione è rispetto della dignità. Mi fa ben sperare che molti di loro abbiano capacità e voglia di tornare e di spendere le proprie professionalità qui sul territorio… ma dobbiamo metterli in condizione di poterlo fare».Le chiedono di esprimere un desiderio che riguarda la Sicilia: vorrei che…«Rinascessero boschi dove sono stati bruciati, che le campagne si ripopolassero e che chi appicca il fuoco finisse per bruciarsi con le sue stesse fiamme. Perché il male che queste persone causano con gli incendi su questa nostra terra è davvero senza perdono».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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