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IL CASO

Isab-Lukoil finisce nel dimenticatoio: no di Draghi al ”salvataggio”?

Tarda la convocazione del secondo tavolo di governo per scongiurare la chiusura della raffineria italo-russa incappata nell'embargo al petrolio di Mosca

Di Massimiliano Torneo |

C’è pessimismo riguardo a una soluzione positiva della vicenda Isab-Lukoil, azienda del petrolchimico siracusano che sta subendo l’effetto boomerang delle sanzioni alla Russia e che rischia la fermata degli impianti a causa del sempre più prossimo embargo al petrolio di Mosca. Dopo il primo incontro del 2 agosto non c’è stata l’attesa seconda convocazione del tavolo “Salva-Isab” al ministero dello Sviluppo economico, che pure era sembrata scontata e per certi versi annunciata entro tre giorni dagli stessi responsabili dei ministeri presenti (Mise, Mite e Mef), al vertice dei quali figurava il maggiore inquilino del Mise, Giancarlo Giorgetti. Inoltre i tempi stringono: la data dell’embargo si fa ancora più vicina.

Se i sei mesi dall’approvazione del sesto pacchetto di sanzioni Ue scattano il 5 dicembre, il limite entro cui l’azienda del petrolchimico potrà effettuare tutte le operazioni necessarie all’acquisto del greggio è da considerarsi un mese prima. Lo spiegano dalla stessa azienda: «La commissione Ue ha chiarito che l’ultimo carico di grezzo deve essere scaricato, accertato, pagato il 5 dicembre. Quindi, considerando i tempi necessari agli acquisti, l’embargo scatta di fatto un mese prima».

Inizi di novembre. Tic tac, tic tac. E visto il silenzio dalle parti del governo, nonostante l’avvio del tavolo ai primi di agosto scaturito a norma di legge, ossia perché inserito nel Dl Aiuti dall’emendamento Prestigiacomo, comincia ad aleggiare qualcosa di più del pessimismo anche tra i vertici dell’azienda: una vera e propria rassegnazione. L’idea che si è insinuata in più parti è che il “pollice verso” a una eventuale soluzione positiva arrivi dai gradini più alti del governo, ossia proprio dal primo ministro (ancora in carica nonostante la crisi), Mario Draghi.

D’altronde non è un segreto. Lo stesso ministro Giorgetti nel Question time alla Camera, sull’argomento, ai primi di luglio disse: «È inutile dire che la questione è connessa a rilevanti questioni di ordine, di strategia e di sicurezza nazionale e, quindi, evidentemente, coinvolge il Governo anche al suo apice». Subordinando lo stesso tavolo attivato per legge, con tre ministri, alla volontà della figura apicale del governo.

D’altronde a farsi due conti realistici: come ne uscirebbe, oggi, un governo presieduto da Draghi se attivasse un aiuto per un’azienda che gravita nel gruppo russo Lukoil? Quello che si chiede al governo è di sbloccare le linee di credito con le banche garantendo attraverso Sace, la finanziaria controllata dal Mef.

L’ex governatore della Bce potrebbe considerarlo uno svarione agli occhi della comunità internazionale, tanto da concepire una chiusura secondo il motto che gli è caro, “whatever it takes”, costi quel che costi. Se così fosse qualcosa potrebbe cambiare dopo il voto. I tempi sarebbero comunque strettissimi. Novembre si avvicina, tic tac, tic tac.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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