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Buona la prima (pagina)…e anche “il concorso di idee”

Le copertine dei giornali: biglietto da visita del quotidiano e riflesso della cultura del tempo in cui vengono stampate

Di Redazione |

Buona la Prima! Sì, buona. Ma buona quanto e, soprattutto, buona come? La prima pagina non è solo il biglietto da visita di un giornale. Lo è, certamente, perché quella copertina è la sintesi del contenuto della pubblicazione che abbiamo tra le mani. Ma da sempre, da quando cioè i giornali, grazie alla diffusione di una stampa economica e diffusa (grazie Herr Johannes Gutenberg), sono diventati (e fino a quando erano) il pane quotidiano dell’informazione, le prime pagine sono state il riflesso della cultura del tempo in cui venivano stampate, quindi dei modi e dei tempi in cui venivano lette, consumate, assorbite, metabolizzate. Così ieri, così oggi.

Il fascino e l’importanza delle prima pagina

Ecco, il fascino e l’importanza della prima pagina, cambiata nel corso del tempo, in ogni quotidiano, nessuno escluso (tranne rare eccezioni rappresentate da pubblicazioni che volevano essere, e anche oggi vogliono proporsi, come alternative ai modelli correnti). Il fascino delle prime pagine esercitato dopo la nascita dei primi quotidiani, anzi del primissimo quotidiano d’Italia e del mondo, quella Gazzetta di Mantova che uscì per la prima volta nel 1866. Erano anni in cui si cominciava a uscire da un analfabetismo drammatico e piano piano anche tra le classi meno privilegiate si diffondeva la voglia di conoscenza e si imparava a leggere e a scrivere. Così le prima pagine dei giornali di quell’era remota erano quasi interamente blocchi di piombo, lettere e parole, lunghi titoli articolati che raccontavano quasi tutto c’era da capire e da leggere, volendo, eventualmente, rinunciare all’approfondimento rappresentato dalla lettura degli articoli, sterminati e non sempre comprensibili da chi aveva acquisito soltanto sprazzi di cultura. Tutto comincia da quelle prime pagine, poi l’evoluzione.

Un modello che cambia

Ecco, allora facciamola breve e veniamo a noi. In Italia, da quel 1866 fino al dopo guerra, cioè anche fino agli Anni’50, i giornali hanno mantenuto più o meno questo modello di prima pagina, tanto scritto, poche foto (quasi sempre istituzionali, essendo per di più passati anche da un ventennio piuttosto ristretto per la libertà di stampa), titoli lunghi e dettagliati più che sintetici o evocativi. Se cerchiamo una data, un momento, un evento che spinge i giornali a cambiare registro e a elaborare nuove forme espressive nella loro copertina, dobbiamo fare riferimento a quel momento in cui anche in Italia arriva la rivoluzione della televisione, dunque l’irruzione delle immagini, la forza dei volti, dei corpi, dei fatti visti, non solo letti, non più soltanto ascoltati. I giornali capiscono che la gente che scopre in tv quel che è accaduto, il giorno dopo non può accontentarsi di leggere, vuol vedere, rivedere. Il lettore, che è diventato telespettatore, vuole qualcosa in più in quella benedetta prima pagina che campeggia in centinaia di edicole sparse in tutte le città, dai centri storici alle periferie che stanno nascendo o che si stanno allargando. E le prime pagine cambiano, meno piombo, meno inchiostro, più cliché in tipografia, più foto in pagina.Eccoci, allora, a quella considerazione fatta all’inizio. Le prime pagine sono il biglietto da visita dei giornali, ma la loro costruzione, lo sviluppo che hanno, la loro evoluzione, le mutazioni sono fortemente condizionate dal tempo che si vive, dall’impressione che il lettore può trarre dal vedere mentre legge o dal leggere mentre guarda. Insomma, funziona sempre più la combinazione tra scritto e immagine, si cerca si suscitare con questa copertina del giornale impressioni, emozioni, sensazioni. Potendo e volendo anche suggestioni.

L’esempio della Gazzetta dello Sport

Raccontiamo un particolare di uno dei quotidiani ancora oggi più venduti e più diffusi in Italia e in Europa, la Gazzetta dello Sport. La “rosea” il 2 gennaio del 1960 pubblica una enorme foto in primo piano del campione del ciclismo mondiale Fausto Coppi, con il titolo semplice, inequivocabile e diretto “E’ morto Fausto Coppi”. La faccia di Coppi, che la gente è abituata a vedere, appunto, in tv. Ma 44 anni dopo, il 14 febbraio del 2004, la Gazzetta sotto il titolo “Se n’è andato” mette la foto di una testa pelata. E’ l’addio a un altro campione del ciclismo, Marco Pantani, salutato in prima pagina con il linguaggio e con l’immagine del suo tempo. Due prime pagine analoghe nel contenuto e nel racconto, profondamente diverse per idea, soluzione grafica, filosofia.

E il nostro quotidiano?

E La Sicilia? Anche il nostro quotidiano ha seguito per anni la strada quasi impeccabile dei modelli più diffusi, popolari e facilmente comprensibili. Dalle prime pagine nel dopo guerra piene di titoloni, articoli e poche foto, al cambio di registro con l’entrata nell’era dell’immagine. Allora più foto, spesso puntando sui fatti o sui grandi eventi locali ma anche nazionali o internazionali. Ma passa il tempo e anche La Sicilia, così come del resto molti altri quotidiani, avvertono la necessità di arrivare in forma più diretta al cuore del lettore. E per arrivarci devi passare dalle immagini. C’è un tempo di transizione, se vogliamo definirlo così, quello in cui aumentano le foto, ma titolazione e grammatica della prima pagina mantengono una struttura quasi classica.

La svolta: il fotone

Poi la svolta. Irrompe il fotone che domina la pagina e il titolo sulla foto. Una scelta che “colpisce” i lettori, molti favorevoli, alcuni perplessi e contrari come raccontano sui social del quotidiano sotto i post che mostrano, appunto, la copertina. Ma, di fatto, siamo passati ad un nuovo modello di comunicazione, che non è nemmeno più quello che attingeva ispirazione dalla tv, ma che si sviluppa con una elaborazione più complessa, quello che deve fondere in un unico spazio parole e immagine. Come si fa? Cosa succede in una redazione di fronte a questo cambiamento di rotta, davanti ad una (nemmeno piccola) rivoluzione che non è grafica, ma è di filosofia? Succede che cambia l’ordine dei fattori, e se il racconto della prima pagina resta fedele al contenuto dell’intero giornale, non si può dire che non cambi il risultato. La prima pagina diventa un colpo d’occhio, il titolo ti deve, appunto, colpire e deve raccontare, per di più, quel che non puoi spiegare nel titolo, che è secco, mai più articolato, spesso ridotto ad una sola riga, persino ad una sola parola.

Una rivoluzione

Ecco, la redazione dove nasce la prima pagina vive, e ha vissuto anche qui a La Sicilia, questa rivoluzione, questa scommessa, questo rischio. Perché se è vero che il giornale ha tempi e modi che permettono di meditare, riflettere, fare e rifare, modificare e correggere fino al momento in cui il lavoro si chiude e si affida alla tipografia e al centro stampa, è pure vero che trovare ogni giorno la foto, il titolo ad effetto, la soluzione che funzioni, è una piccola impresa. Per questo, sintetizzando tutto in una battuta, in un titolo di coda che sia la sintesi della sfida, del riuscire a partorire ogni sera una prima pagina che sia un piccolo manifesto (non, s’intende, nel senso del giornale il Manifesto, che ha fatto e fa scuola di titoloni su maxi foto), diremmo che al di là del fatto che qualche redattore in particolare possa contribuire con una maggiore dose di fantasia e ispirazione alla nascita della benedetta Prima, spesso il risultato finale è frutto di un piccolo “concorso di idee”. E si gioca, magari, a chi la spara più grossa, ma si arriva al risultato finale facendo prevalere molta fantasia con una discreta dose di buon senso. Perché quello che presenti è pur sempre il tuo biglietto da visita. E ogni giorno vorresti sentirti dire: “Buona la Prima. Buona”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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