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l'intervista

Edoardo Leo da stasera all’Abc di Catania con le sue letture tragicomiche

"Il teatro è una meravigliosa bugia, ma le emozioni che dà sono reali"

Di Gino Morabito |

Non è stato l’attore del momento a venticinque anni, non lo è stato a trenta e nemmeno a trentacinque. È successo tutto dopo i quaranta. Dalle commedie smart alle sceneggiature brillanti che recita, scrive e dirige. Guardando in controluce la sua storia d’autore, innanzitutto, ma anche d’attore, il profilo è chiaro: per dirla alla Proietti non ha la tempra del divo, ma i suoi i ruoli da antieroe sono vincenti.Con le improvvisazioni musicali di Jonis Bascir – oggi, domani e domenica e il 26-27-28 gennaio al teatro Abc di Catania arriva “Ti racconto una storia-Letture semiserie e tragicomiche” di e con Edoardo Leo.

Il protagonista si fa cantastorie e spiega al pubblico che questo spettacolo è un unicum.

«La struttura rimane la stessa ma è prevista una parte d’improvvisazione da fare insieme agli spettatori. Tutto accade di volta in volta, ogni serata a Catania sarà diversa dall’altra».

In scena tre lavagne piene di appunti, un leggio al centro e libri, tantissimi libri. Quali autori l’hanno influenzata?«Uno su tutti Gabriel García Márquez che è stato un faro. Con quel suo modo di raccontare il tragico e il drammatico, attraverso la lente del grottesco, dell’ironia, dell’umorismo».

Ci sono parole che non può fare a meno di portarsi dietro?«Quelle cinque che ti possono salvare la vita: buongiorno, buonasera, grazie, prego, scusa. E ritengo di usarle nel modo opportuno».

Racconta storie. Per mestiere.«C’è un modo in cui tutti noi proseguiamo la tradizione orale. Parlo, ad esempio, delle ninne nanne di quando eravamo bambini, delle conte, di certe filastrocche. I testi di alcune canzoni che conosciamo a memoria, ma di cui non comprendiamo bene il significato».

C’è una bugia alla quale non ha mai smesso di credere?«Gigi Proietti diceva: “Benvenuti a teatro, dove tutto è finto ma niente è falso”. In scena, lo spettatore guarda qualcosa che sa essere del tutto finto, ma le emozioni che prova sono profondamente reali».

Dietro un maschio che fa questo tipo di show quasi sempre c’è una moglie, una fidanzata, che alza gli occhi al cielo e… parte la risata.

«In tutti questi anni ho condotto una sorta di indagine sull’umorismo. Ed è uno studio continuo. Non ho mai fatto un film comico tout court. Ho sempre cercato, piuttosto, storie che fossero interessanti, con uno sguardo ironico sopra. “Smetto quando voglio” è un esempio felice di quel tipo di ricerca, ovvero il tentativo di raccontare una piaga sociale attraverso la lente dell’umorismo».

E allora ecco che ridiamo e crediamo a barzellette illogiche, ad aneddoti surreali e a storie che spesso sembrano irreali. Tutto questo perché “la vita non è quella che si è vissuta ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”. Cosa le piace ricordare?«Il mio percorso artistico non è cominciato con le luci della ribalta, ma in teatri dove eravamo otto in scena e quattro spettatori. Quest’anno festeggio trent’anni di gavetta e mi piace spesso ricordare i momenti più difficili, quando andavo a fare i provini e non mi prendevano. Perché credo che quello che sono diventato dopo l’abbia costruito proprio su quei fallimenti».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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