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Loris fu ucciso perché "ingombrante":

Loris fu ucciso perché “ingombrante”: ecco il movente che scatenò Veronica

Le motivazioni del no alla scarcerazione della Panarello

Di Mario Barresi |

CATANIA – Veronica Panarello ha ucciso il figlio Loris Stival, agendo con «agghiacciante indifferenza, da lucidissima assassina». E a inchiodarla non sono soltanto le telecamere con l’«evidenza delle immagini nitide che conclama il mendacio», perché è proprio lei stessa – con le sue «bugie», la sua «personalità contorta», il suo «frenetico dinamismo», i suoi «silenzi omissivi» – la più pesante prova della propria colpevolezza. Veronica che incastra Veronica: dall’«insospettabile tenuta psicologica» della donna che ne «supporta ulteriormente il giudizio di elevatissima capacità criminale» alla «pronta strategia manipolatoria», con la «sconcertante glacialità nell’ordire la simulazione di un rapimento a scopo sessuale», una «mpressionante determinazione nel liberarsi del cadavere del figlio, scaraventandolo nel canalone» per «lucidamente occultare le prove del crimine».

Confermate le tesi del Gip

Sono davvero macigni. Le parole usate da Maria Grazia Vagliasindi, presidente ed estensore dell’ordinanza depositata ieri mattina dal Tribunale del Riesame di Catania (giudici a latere Pietro Currò e Aurora Russo) con le motivazioni con le quali il collegio della Quinta sezione penale ha rigettato, lo scorso 2 gennaio, il ricorso della difesa contro l’ordinanza di custodia cautelare del gip di Ragusa, Claudio Maggioni, emessi il 12 dicembre del 2014.

Per il Riesame Veronica deve restare nel carcere di Agrigento, e questo lo si sapeva già. Ma nelle 109 pagine firmate da un giudice conosciuto nel palazzo di giustizia etneo come «scrupolosissimo, che spacca il capello», non c’è una semplice conferma della decisione del gip, né tanto meno un rigetto delle «debolezze dell’ordinanza» avanzate dall’avvocato dell’accusata, Francesco Villardita. Le motivazioni, fermo restando che in questa sede si discute di «insussistenza di esigenze cautelari», vanno ben oltre.

Il movente

Per la prima volta, infatti, si mette nero su bianco un elemento finora messo quasi sullo sfondo: il movente. Perché – a Santa Croce Camerina, quella mattina dello scorso 29 novembre – Veronica Panarello avrebbe ucciso il figlio di otto anni? 

La conclusione del Riesame è agghiacciante: «L’indagata ha agito in preda a uno stato passionale momentaneo di rabbia incontenibile per il fallimento del piano mattutino che evidentemente quel giorno non prevedeva l’ingombrante presenza del suo primogenito». Il delitto, si legge nelle motivazioni, è «verosimilmente propiziato da un “capriccio” di Loris che, sconvolgendo i piani di Veronica Panarello, vuole rimanere con la mamma, incuriosito dal suo look esteticamente curato» per andare a un corso di cucina al castello di Donnafugata. È in quel momento che nasce la «contesa» tra madre e figlio che, secondo i giudici, fa scaturire l’omicidio. Ma questa chiave di lettura del delitto, la prima in assoluto dall’arresto della donna, apre comunque degli interrogativi. Primo: può davvero essere soltanto il corso di ricette da usare per il “Bimby” il «piano» che la capricciosa insistenza di Loris ha rovinato? Perché la curiosità di un bambino sulla mamma che si fa (sin troppo) bella per uscire scatena questa «rabbia incontenibile»? Il movente tratteggiato dai giudici catanesi apre di certo uno scenario che potrebbe coincidere anche con altri riscontri che la Procura di Ragusa, assieme a polizia e carabinieri, non ha mai smesso di cercare.

La «furia aggressiva»

L’assenza di prove sicure porta il Tribunale a ritenere che la donna «esasperata per il comportamento del figlio sia rientrata in casa per controllarlo e, in preda a un’incontenibile impulsiva furia aggressiva, abbia soppresso il bambino», stringendogli al collo un cappio con le fascette che aveva a portata di mano e poi «legandogli i polsi nell’immediatezza del soffocamento, verosimilmente per simulare un omicidio a sfondo sessuale con sevizie, ad opere di un estraneo». Nella ricostruzione dei giudici «rapidissima è la morte da strangolamento e velocissimi i movimenti della madre assassina che toglie i jeans e le mutandine del bambino, assai plausibilmente per occultare eventuali tracce di urina rilasciate dalla vittima, sistema nuovamente l’abbigliamento del corpicino martoriato, sciaguratamente agevolata dall’automatismo gestuale proprio della confidenza che soltanto una madre ha con il corpo del figlio». Il Riesame attesta anche che «non è impossibile per l’indagata, come dedotto dalla difesa, caricarsi il peso di Loris». Il bambino, dall’ultima visita dal pediatra, effettuata il 29 settembre 2014, registrava un peso di 17,3 chili. I giudici citano, come elemento di prova, le stesse dichiarazioni spontanee rese da Veronica al Riesame: «Capricci mio figlio è normale che li abbia fatti, è un bambino di otto anni, li fanno. Nell’arco di due mesi si era attaccato per due volte al cancello della scuola e per entrarlo e portarlo in braccio lo sa che fatica ho fatto? Nemmeno vi immaginate per fare un pezzo di strada». Poi, concludono, «con fredda lucidità trasporta il gracilissimo corpicino in garage, strada obbligata per liberarsi del cadavere».

Le «immagini nitide»

Il Riesame di Catania parla ampiamente delle riprese delle 41 telecamere disseminate a Santa Croce Camerina. «L’evidenza delle immagini nitide, che più volte sono state visionate dal collegio, conclama il mendacio della Panarello». E prosegue: «L’enunciato di accusa non è sgretolato, come sostiene la difesa, da immagini sgranate ma confermato – scrivono i giudici – da un comportamento dell’indagata che, in questa fase incidentale, supporta ragionevolmente la consistenza dell’ipotesi accusatoria». Tutte le versioni fornite della Panarello, secondo il Riesame, «sono, così come rettamente dedotto dalla Procura, dense di incongruenze, menzogne e ricordi postumi». Lei continua «a mentire spudoratamente» per «accreditare una normale quotidianità sconfessata dalle sue artificiose ricostruzioni». Come l’uso dell’auto e i suoi percorsi come quella di essere rientrata ulteriormente a casa, prima di andare a Donnafugata, per prelevare un’agenda che aveva dimenticato. Di essere andata a gettare un pannolino sporco in una strada che non doveva percorrere visto l’urgenza di accompagnare i bambini a scuola, poiché «i movimenti dell’indagata dimostrano un dinamismo proiettato verso il luogo del rinvenimento del cadavere di Loris».

La difesa contesta

L’avvocato Villardita non scioglie la riserva sul ricorso in Cassazione. «Niente di nuovo, assolutamente: se hanno confermato l’ordinanza era chiaro che non avevano condiviso i punti della difesa», è il suo primo commento a caldo. «Stiamo valutando il da farsi – ammette – e decideremo dopo uno studio analitico delle 109 pagine di motivazioni di un’ordinanza che, da una prima lettura, appare illogica e contradditoria». No comment dalla Procura di Ragusa. twitter: @MarioBarresi COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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