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IL caso

Acquista un bene all’asta ma i consulenti tentano di truffarlo: inchiesta dopo la denuncia di un imprenditore catanese

Utilizzati anche dei falsi contratti. Indaga la Gdf, aperto fascicolo dalla Procura etnea

Di Vittorio Romano |

“Colpevole” di aver acquistato all’asta un’azienda che era stata portata al fallimento dai vecchi proprietari, truffato da alcuni consulenti e perfino minacciato di dover restituire il bene se non avesse voluto rischiare la propria incolumità.

La disavventura

È questa, in sintesi, la disavventura vissuta da un imprenditore catanese che, dopo essersi accorto che qualcosa non quadrava, s’è rivolto alle forze dell’ordine e alla Procura della Repubblica, che ha aperto diversi filoni di indagine, quotidianamente rafforzati da ulteriori elementi che dipingono il quadro desolante che si trova davanti chi decide di investire e rischiare sul nostro territorio.L’imprenditore, proprietario tra l’altro di uno dei più rinomati alberghi di Catania e di alcuni ristoranti in città, si è trovato invischiato in un turbinio di malversazioni e sottrazioni di denaro ai suoi danni, perfino, come detto, da parte dei propri consulenti. I fatti partono da un’operazione industriale per diversi milioni di euro finalizzata al recupero e riavvio di alcune aziende fallite sul territorio di Misterbianco e che ad oggi ha dato i suoi frutti impiegando oltre cento persone, e dunque sfamando altrettante famiglie, e creando un indotto importante, tra fornitori e prestatori di servizi.

Le vittime

La famiglia di imprenditori nota nel tessuto catanese anche nel settore sanitario (i nomi non sono stati divulgati sia per motivi di sicurezza, sia perché ci sono indagini in corso) non immaginava però che avrebbe dovuto fare i conti non solo con chi pensava di vantare ancora diritti sui beni venduti all’asta, ma anche con dei consulenti infedeli e perfino con un docente di un ateneo romano che, nonostante nominato dal Tribunale fallimentare (i fatti sono al vaglio degli inquirenti), pare si stesse adoperando affinché l’azienda (legittimamente acquistata) tornasse ai precedenti proprietari senza alcun aggravio di spese, ovvero gratuitamente. Ciò sarebbe stato possibile grazie ad alcuni contratti la cui falsità è già stata accertata dai periti calligrafi.

La truffa dei consulenti

Ma il peggio doveva ancora arrivare: il consulente incaricato di provvedere al pagamento delle imposte ha dirottato i soldi destinati all’erario in un conto proprio e in un altro di una società a lui stesso riconducibile, essendo l’unico proprietario e amministratore mentre copriva alcuni ammanchi di denaro effettuati da un complice impiegato all’interno dell’azienda oggetto del saccheggio. Un meccanismo quasi perfetto inceppatosi quando, grazie all’ausilio di alcuni esperti revisori contabili nominati dal “povero” imprenditore per capire cosa stesse succedendo, è venuta a galla la colossale truffa e il successivo intervento del cosiddetto “amico buono”, che ha consigliato all’imprenditore per la sua incolumità di cedere l’azienda. Ma questa circostanza è stata immediatamente denunciata ai carabinieri e potrebbe far muovere anche la Prefettura, sempre in prima fila nel contrasto a questo genere di reati e nella protezione delle vittime.Il Nucleo di polizia giudiziaria della guardia di finanza ha già vagliato migliaia di movimenti bancari e contabili e pare che il danno ammonti a svariati milioni di euro, il tutto reso possibile da complicati meccanismi contabili che rendevano di difficile individuazione i prelievi indebiti.Nel meccanismo fraudolento anche un impiegato (probabilmente infedele) di una grossa concessionaria di auto di Misterbianco, che ha consentito, apponendo delle firme false, l’asporto di due auto di lusso intestate all’ignara azienda. Auto che poi sono state rintracciate grazie ai localizzatori satellitari in un casolare di campagna di proprietà di uno dei complici.

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