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L’omicidio a Nesima, c’è un colpo di scena, indagati per droga il killer e lo scampato all’agguato

C’è un quinto nome nel fascicolo della Procura: è un personaggio di un certo spessore criminale del clan Cappello-Carateddi

Di Laura Distefano |

Due indagini si incrociano. Da questo “ingorgo giudiziario”, però, forse potrebbe finalmente chiarire il movente dell’omicidio e del tentato omicidio avvenuto il 30 giugno scorso in un alloggio al primo piano del civico 10 di via Santo Cantone.

Gli accertamenti

Sono cominciati gli accertamenti tecnici non ripetibili su alcuni telefonini. Il procedimento collegato agli esami chiesti dalla pm Martina Bonfiglio riguarda un’indagine per spaccio. L’avviso è stato notificato ai tre indagati per i fatti di sangue (Giovanni Pasqualino Di Benedetto, Pasqualino Ranno e Antonino Castelli) e anche al sopravvissuto alle pistolettate (Carmelo Leonardi). Ma c’è anche il nome di Antonino Gianluca Stuppia, una vecchia conoscenza dei Cappello-Carateddi. Oltre quindici anni fa il 39enne era uno degli uomini più stretti del boss e killer Sebastiano Lo Giudice. Infatti, fu coinvolto nell’inchiesta Revenge – e capitoli collegati – che rase al suolo la frangia armata del clan capitanato da Ianu ‘u carateddu, dal suo arresto rinchiuso al 41bis. A parte Leonardi (che ha precedenti penali di rilievo alle spalle), tutti gli altri risultano detenuti.

La discovery

La discovery di questo fascicolo e la coincidenza dei protagonisti (quattro su cinque) fa pensare a un collegamento tra l’incontro organizzato nell’appartamento a Nesima per quello che fu definito un «debito da pagare». E si avanzò l’ipotesi che potesse trattarsi di una somma collegata forse alla droga. L’indagine, che è stata aperta lo scorso anno, sembra poter far chiudere il cerchio su questa pista.Sull’omicidio e il tentato omicidio ancora non risulta spiccato l’avviso di chiusura delle indagini. L’estate scorsa si palesò la possibile presenza in via Santo Cantone di una sesta persona.

Cosa accadde

La ricostruzione di quanto accadde all’interno dell’alloggio popolare, che in quel momento era occupato da Di Benedetto (forse abusivamente) fu quasi immediatamente ricostruita dai poliziotti della squadra mobile. Poi furono le telecamere a inchiodare i responsabili che dopo la sparatoria scapparono tutti e tre a bordo di uno scooter. Il cui passaggio fu registrato da un occhio elettronico della zona.Leonardi, che lavora nel campo edile, andò a Nesima assieme a Kastriot Ismailaj. «Mentre parlavamo di soldi, uno ha estratto la pistola come se volessero farmi un’estorsione», spiegò nella primissima versione agli investigatori quando lo interrogarono in ospedale. Stranamente le serrande dell’appartamento sarebbero chiuse. Un fatto che inquietò l’albanese che tentò di uscire ma non vi riuscì trovando la porta chiusa a chiave. I due si trovarono come due leoni in gabbia. Senza via di fuga. «Sedetevi, altrimenti finisce male. Ora andate a prendere i soldi, uno di voi rimane e l’altro va a prendere», avrebbero detto Di Benedetto e gli altri. La situazione in poco tempo precipitò. «Ho sentito un botto simile a un petardo, uscito dalla cucina notavo il corpo del mio amico albanese per terra. Giovanni impugnava la pistola». Leonardi capì di non avere via di scampo. Fu colpito da una pallottola e cercò la salvezza dal balcone. Riuscì a sollevare la serranda e a lanciarsi. Finì sul cortiletto del palazzo di edilizia popolare. Il resto è documentato dagli atti. Ora gli accertamenti irripetibili su alcuni telefonini. In questa inchiesta parallela potrebbe nascondersi il movente della sparatoria avvenuta a giugno in via Santo Cantone.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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