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Torna l’idea di ridisegnare il Parco dell’Etna

Di Francesco Vasta |

Qualcosa, nell’arco dei prossimi cinque anni, dovrà comunque accadere. Perché, al netto dei giudizi di valore e delle posizioni politiche, che l’attuale assetto si trovi nel bel mezzo del guado è chiaro a molti. Mentre non è per nulla chiaro se presto o tardi possa in effetti essere avviata una reale rivisitazione-riforma del sistema di tutela ambientale e governo del territorio che gravita intorno all’Etna. Di novità ne sono arrivate: con l’insediarsi del governo regionale di Nello Musumeci si è chiusa la presidenza di Marisa Mazzaglia, e in attesa di una nuova nomina – rinviata a dopo le Politiche – c’è alla guida del Parco dell’Etna un commissario, il funzionario del Genio civile di Catania Gabriele Ragusa.

Cinque anni di presidenza conclusi fra luci e ombre: da una parte traguardi come l’inserimento del Vulcano nella lista dei patrimoni dell’umanità Unesco (iter, in verità, iniziato sotto la gestione precedente); dall’altra difficoltà ataviche rimaste sul tavolo, in ambiti come rifiuti e pianificazione territoriale. Con una sensazione di fondo, su cui si era già ragionato durante la celebrazione del trentennale dalla creazione dell’ente: che il Parco sia ancora percepito come presenza “estranea” dalle popolazioni del Vulcano, come un vincolo calato dall’alto privo di connessione con la realtà territoriale. Vuoi per la sua relativa “gioventù” – la legge istitutiva risale appunto al 1987 – vuoi per una capacità d’incidere che risulta sempre debole quando non assente.

A lanciare un sasso nello stagno ci pensano così due deputati regionali eletti nel Catanese, Giuseppe Zitelli del gruppo “Diventerà bellissima” e Giovanni Bulla del gruppo Udc, rilanciando un vecchio leit motiv: la riperimetrazione dei confini del Parco. La loro proposta, firmata anche dal deputato ragusano Giorgio Assenza, si articola in un disegno di legge che vuole ridisegnare soprattutto il sistema delle zonazioni – A, B, C, D – in cui si divide l’area protetta.

E d’altronde, proprio da pochi giorni, è arrivato un input esterno di cui si dovrà per forza di cosa tener conto: accogliendo un ricorso del Comune di Floresta, il Consiglio di giustizia amministrativa di Palermo ha imposto all’assessorato del Territorio di ridefinire entro tre mesi i confini del Parco dei Nebrodi ricadenti in quel territorio comunale. Decisione destinata ad avere ripercussioni anche per gli altri parchi siciliani, poiché sancisce – come spiega il presidente del Comitato per la riperimetrazione, dott. Carlo Cincotti – il venir meno del principio dell’immodificabilità dei confini delle aree protette. Ma c’è anche un altro aspetto della sentenza che può scompaginare gli equilibri: la preminenza riconosciuta, in alcune circostanze, agli interessi degli abitanti del parco.

Dunque lo spazio in cui buttarsi. Così i deputati Bulla e Zitelli propongono di restringere il Parco in un “perimetro ideale” ritagliato sulla linea dei 1100 metri di quota. Tutto ciò che resterebbe fuori, dai 1000 metri in giù – grosso modo l’attuale zona D a tutela minima – verrebbe convertito in “Area di promozione turistica”. «La legge del Parco non ha raggiunto il suo obiettivo – si legge nella proposta – deve essere rivista e rielaborata per evitare la completa mummificazione di un ambiente di cui l’uomo è parte integrante». Da questo blocco deriverebbero pesanti contraccolpi sul piano economico: «L’istituzione del parco ha comportato impoverimento, decremento del numero di abitanti e crisi dell’agricoltura – prosegue il ddl – i contadini non è consentito nemmeno di realizzare magazzini di stoccaggio, muretti, piccole industrie»

Nella bozza però compaiono anche imprecisioni, come il riferimento al Comitato tecnico-scientifico dell’ente abolito in realtà già dal 2012, e dati riportati senza fonte, come i presunti «19mila progetti in attesa di parere» che sarebbero negli uffici del Parco.

Ma nel complesso la sollecitazione meriterebbe di essere presa sul serio. Lo conferma il geologo Carlo Cassaniti, docente dell’Università di Catania ed esperto del settore, pur mettendo le mani avanti: «Non basta un atto politico e un semplice colpo di penna per riformare il Parco dell’Etna, servono studi e approfondimenti». In fondo, secondo Cassaniti, sarebbe bastato dare piena attuazione a tempo debito alla legge istitutiva del 1987: «L’obiettivo della zonazione era di fare spazio alle attività dell’uomo mantenendo alta la tutela, ma tutto è rimasto vano perché il Piano territoriale del parco (Ptc) è rimasto lettera morta». Anche negli ultimi anni, infatti, il Ptc, definitivo genericamente il “Piano regolatore del parco” non è riuscito a vedere la luce. «Abbiamo avuto i vincoli senza però avere spazi di sviluppo, pregiudicati dall’assenza del piano – ricorda Cassaniti – il prossimo presidente del Parco dovrà avere le idee chiare».

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