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LA PANDEMIA

Covid, -9 giorni alla chiusura dello stato d’emergenza: ma è davvero finita? L’infettivologo: «Restano 3 questioni irrisolte»

Il professor Cacopardo invita i cittadini a restare in allerta per non favorire l'insorgere di nuove varianti

Di Maria Elena Quaiotti |

È vero, il 31 marzo a livello nazionale finirà lo stato di emergenza Covid, ma «il rischio concreto è che la gente dimentichi che il Covid, in realtà, sta ancora circolando. Questo potrebbe provocare l'emergenza di nuove varianti, che non escludo possano creare nuovi problemi. Quindi bisogna stare sempre in allerta». A parlare è Bruno Cacopardo, infettivologo e direttore del reparto di Malattie infettive all'ospedale Garibaldi Nesima. Che sulla tematica aggiunge: «La variante Omicron 3? Sono certo che da noi stia già circolando, ma ancora non è stata individuata».

Cacopardo è anche membro di quel Comitato tecnico scientifico per l'emergenza Covid della Regione siciliana che, sempre dal 31 marzo, cesserà di esistere. E lo stesso accadrà alle strutture commissariali Covid della Sicilia orientale e occidentale, le cui competenze passeranno alle Asp. La situazione, dunque, posto che il Covid non scomparirà all'improvviso, andrà comunque gestita. «Risolvendo anche grandi questioni che, in realtà, finora, non hanno mai trovato soluzione – sottolinea – Io segnalo tre problemi, uno è quello della gestione corretta e appropriata di pazienti Covid positivi, ma con malattie differenti dal Covid. Quelli cioè che ormai, insieme con i non vaccinati che esistono sempre, ancora riempiono i reparti di malattie infettive; qui ci restano circa 10-15 giorni, ma nel frattempo non vengono curati per la vera patologia che hanno». 

In provincia di Catania, secondo l'ultimo report Dasoe, si parla di 185.158 soggetti non vaccinati e 208.694 non immunizzati, che cioè non hanno completato il ciclo di vaccinazione, per un totale di 393.852 soggetti, il 38,8% del target vaccinabile. «In questi soggetti – prosegue – la mortalità è rimasta la stessa dei tempi del Covid, pur non avendo la polmonite; ciò significa che non vengono gestiti in modo appropriato e muoiono, ma non per Covid. Ed è a questo scopo che rilancerei l'idea originaria avuta dal commissario Covid di team multispecialistici nei reparti di degenza Covid». 

«La seconda criticità che rilevo – aggiunge Cacopardo – è l'eccesso di diagnostica attraverso i tamponi ed è drammatico. È inutile produrre quantità industriali di tamponi senza scopo: il tampone è una metodica diagnostica e la diagnosi si fa a chi è malato, a chi ha dei sintomi importanti, in questo caso febbre alta, polmonite, non certo per un raffreddore. In ospedale stiamo presentando una proposta regolatoria sull'utilizzo dei tamponi in questo senso, perché l' “iper utilizzo”, oltre a non servire a niente, rischia di rallentare le procedure per curare un'altra patologia». 

«La terza criticità è il “long Covid” o post Covid – conclude, e ne parla con cognizione di causa considerato che è reduce da un congresso medico sul tema tenuto a Enna, a cui ha partecipato insieme al virologo Fabrizio Pregliasco – tema sul quale l'assessorato regionale alla Sanità è molto sensibile e ha creato anche un tavolo tecnico, del quale faccio parte pure io, ed è un altro tema che va gestito in maniera multispecialistica e organizzata tra i vari siti dove già si tratta, che sono ancora pochi e vanno armonizzati  fra di loro. È una questione in chiave futura, che riguarda anche la “morbilità”, cioè l'astensione lavorativa per questioni legate alle conseguenze del Covid. E di casi ce ne sono una marea». 

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