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Ast, a chi conviene la “dolce morte”: «Come con Montante ma senza di lui»

La partecipata fra debiti e corse soppresse. Eppure dai nuovi bilanci il trend si inverte. Ma resta l’incubo dismissione.

Di Mario Barresi |

Se si dovesse giudicare dalla quantità di volte in cui ricorre – e dalla qualità di chi la diffonde – allora quella su Ast dovrebbe essere già più di una semplice voce. Veniamo subito al sodo, senza girarci troppo attorno. La tesi è che sull’azienda partecipata (al 100%) della Regione ci sia una specie di piano occulto di dismissione. Lenta e progressiva, fra corse soppresse giorno dopo giorno e pesanti debiti, con qualcuno che alla fine staccherà la spina al “carrozzone” degli autobus, per cedere le tratte più remunerative ai privati, che nel frattempo si sono preparati al 2024, quando in Sicilia – dopo le sollecitazioni della Corte dei conti, che ha dato l’alt al regime di proroghe infinite – partirà la stagione delle gare del trasporto pubblico locale.

«Un’operazione in stile Montante, ma senza più Montante», la sprezzante metafora di chi, a Palermo, ha già vissuto la tormentata era della tentata scalata dell’Azienda siciliana trasporti da parte dell’ex leader di Confindustria Sicilia, grazie al 49% della sua Msa Spa detenuto in Jonica Servizi, a sua volta partecipata di Ast. Per il gup di Caltanissetta, che ha condannato Montante, si trattava di un «interesse privato alla fagocitazione dell’immenso patrimonio immobiliare dell’azienda dei trasporti». Ma stavolta, aggiunge chi è molto addentrato neldossier Ast, «non c’è bisogno di trucchetti per privatizzare, perché basta far saltare il banco».

Certo, le condizioni sono molto diverse. E anche i personaggi in campo. Ma chi potrebbe avere oggi l’interesse di affondare Ast per farne una sorta di “bad company” del trasporto siciliano, creando una “good company” a beneficio dei padroni siciliani del settore. Non è passato inosservato, a giugno scorso, il lancio del consorzio Cosmo, con l’unione di Sais Trasporti e Interbus, a loro volta raggruppano sette aziende. Una strategia imprenditoriale efficace, soprattutto in vista dell’eventuale concorrenza dei colossi nazionali nei bandi dell’anno prossimo, una mossa che incidentalmente arriva proprio nella fase più delicata della crisi di Ast. Poco dopo, l’assessore regionale all’Economia, Marco Falcone, risponde in termini rassicuranti a un’interrogazione delle opposizioni sul futuro della partecipata: «Il governo farà di tutto per salvarla e rilanciarla». Una dichiarazione alla quale – rivelano fonti ben informate – segue una ramanzina telefonica da parte di uno dei più influenti sherpa di Palazzo d’Orléans: «Marco, a quale titolo assumi questi impegni?».

Se la narrazione finisse qui, il finale sembrerebbe già scritto. Con una “dolce morte”, a prescindere dalla reale identità di mandati ed esecutori materiali. Anche perché la crisi dell’azienda, prima ancora che nelle scartoffie, è evidente nell’esperienza quotidiana di siciliani e turisti. Decine le corse soppresse, con un espediente che ormai è consolidato: la pubblicazione, sul sito di Ast, di «avvisi all’utenza» su «variazioni corse». Ieri, ad esempio, solo per il “bacino di Catania”, il bollettino quotidiano dà notizia di 20 tratte che «per motivi tecnici non verranno effettuate». Qualche esempio? La Caltagirone-Catania delle 6,30 e delle 11, la Catania-Siracusa delle 6,30, la Vizzini-Francofonte-Lentini-Catania delle 11. Ma, se si va a ritroso negli avvisi, si scopre che le corse non effettuate sono ogni giorno le stesse. Da tempo, in alcuni casi anche da otto mesi. Uno stratagemma per non ufficializzare che sono soppresse (perché di fatto così è), evitando di venir meno ai servizi minimi garantiti nel contratto con la Regione? Sta di fatto che gli utenti hanno capito il trucchetto da tempo, come si evince anche dagli sfoghi nel gruppo Facebook “I disservizi dell’Ast”, con 3.827 iscritti. «È veramente vergognoso soprattutto chi paga un abbonamento di 40 euro al mese, come me e come altri. Trecastagni-Pedara delle 12,35 e ore 13 per Catania nemmeno ombra! Sono un ragazzo – scrive Cristian – però ci sono anche tanti anziani che aspettano alla fermata. Da venerdì 22 settembre è sempre così!». Oppure la disperazione dei genitori: «Oggi mia figlia è rimasta di nuovo alla fermata di Massannunziata perché il Nicolosi delle 6.45 non è passato. E quindi ha perso un giorno di scuola. Ma è normale – si chiede Salvatore – che nessuno può fare niente?».

E andrà sempre peggio, perché, come comunicato dall’ex presidente Santo Castiglione, al governo regionale, «dovrà necessariamente sostituire entro il 31 dicembre quasi il 40% del proprio autoparco (cioè 190 bus) in considerazione dell’impossibilità di mantenere in servizio mezzi di categoria euro 2 ed euro 3». E dire che l’azienda, nelle emergenze di Fontanarossa e degli sbarchi, come ricordano i sindacati del settore, «ha dimostrato di essere in grado di svolgere servizi in efficienza».Ma nelle ultime settimane sembra che qualcosa sia cambiato. Nulla che possa ancora sovvertire un destino in apparenza segnato, eppure elementi di diversa matrice. Che riguardano «il percorso di riordino e di risanamento della situazione economico-finanziaria intrapreso», sottoposto al giudizio degli uffici del dipartimento Bilancio. A partire dall’approvazione di alcuni documenti contabili, lo scorso 29 settembre: nel consuntivo 2021, in fase di deposito al socio unico, secondo indiscrezioni raccolte da La Sicilia, si registrerebbe un disavanzo di circa 13 milioni. Una cifra che, ironia della sorte, è prossima al buco – 13,1 milioni più interessi annui dell’8,5% – creato dal mancato rimborso da parte della Regione (che poi ha speso 120mila euro di consulenze per arrivare ad ammettere l’errore nel 2012) delle tessere gratuite per gli anziani. Anche nel consuntivo 2022 c’è un disavanzo, ma più ridotto, per arrivare poi alla relazione semestrale di quest’anno. Al colpo di scena: un segno “più” di due milioni.

Ciò non significa che l’Ast goda improvvisamente di ottima salute, ma ce n’è abbastanza per alimentare la speranza dei sindacati, o di una parte di essi, sul futuro. Così, ad esempio, la segreteria regionale di Faisa-Cisal, si dice «fiduciosa sull’opera di risanamento e di rilancio avviata dai vertici dell’azienda», pur aspettando «l’ultima parola che spetta al socio unico Regione» sul futuro dell’azienda e dei 549 dipendenti diretti (di cui 47 in direzione generale), 376 in meno rispetto all’organigramma, più i circa 200 interinali chiamati per sopperire alle falle.In effetti, proprio negli scorsi giorni, il 3 ottobre, l’assessore regionale ai Trasporti, Alessandro Aricò, assieme al dirigente generale Salvatore Lizzio, ha incontrato i sindacati. I quali, in hanno «condiviso» con i vertici dell’assessorato «l’ipotesi di continuità aziendale di Ast attraverso l’affidamento in house», ricordando che «se il ritrovato equilibrio economico-finanziario dovesse essere confermato nelle prossime settimane con l’approvazione dei bilanci aziendali da parte della Regione, Socio Unico, il presidente della Regione Schifani potrebbe chiudere definitivamente la vertenza, confermando l’ipotesi di affidamento in house a più riprese da noi richiesta». Lunedì prossimo, inoltre, il direttore generale di Ast, Mario Parlavecchio, ha convocato i sindacati per un confronto su «andamento gestionale» e «piano industriale» dell’azienda. Dovrebbe esserci anche il presidente Giovanni Giammarva, definito ironicamente «uno che di liquidazioni se ne intende» dalla deputata Jose Marano (M5S), fra gli autori di un’interrogazione all’Ast, magari per il crac del Palermo Calcio o forse per il precedente ruolo in Ast, componente del consiglio di sorveglianza e del collegio sindacale. Lo stesso organo, presieduto da Maria Antonia Battaglia, che s’è dimesso dopo uno scontro con il precedente cda sullo stato di crisi aziendale. Eppure, nella nuova veste, Giammarva, fortemente voluto lì da Renato Schifani che non ha più intenzione di «buttare soldi pubblici», avrebbe invertito la tendenza.

Si arriva al punto cruciale. Se i conti cominciano ad aggiustarsi (la voragine iniziale era di 80 milioni), perché non passare alla fase di rilancio? «Io sono fermo – ci dice Aricò – a ciò che ho messo nero su bianco in una nota all’assessorato all’Economia, competente su Ast che per noi è “quasi” un committente come tutti gli altri. E cioè che, avendo valutato le risorse perse negli ultimi 14-15 anni e le nuove ipotesi di razionalizzazione, si possa procedere alla trasformazione in una società in house». Alla quale affidare direttamente non solo le tratte “sociali”, ma anche quelle che fanno gola ai privati? «Non funziona dire: siccome sta fallendo, allora le diamo le linee. Senza fare alcuna forzatura rispetto alla legge – scandisce l’assessore meloniano ai Trasporti -l’idea è quella di un’Ast che possa essere competitiva in termini di minori costi e migliore qualità dei servizi». Una strada percorribile, ma con una ricapitalizzazione che i sindacati stimano di almeno 40-50 milioni. «Ricapitalizzare? Non lo so, ma in ogni caso non prima di aver razionalizzato i debiti, soprattutto dovuti a banche ed erario». In un dossier finito sul tavolo del presidente della Regione e rivelato dal Giornale di Sicilia, precedente all’approvazione degli ultimi due bilanci e alla relazione semestrale 2023, la situazione è pesante. I debiti evidenziati valgono 69 milioni: 21,8 verso l’erario, 15 ai fornitori. La fetta principale è relativa alle anticipazioni avute dalla banca che svolge il servizio di tesoreria: 32,5 milioni. L’Ast vanta anche crediti per quasi 50 milioni, ma in gran parte inesigibili o contestati dalla Regione socio unico.L’ultimo tassello mancante è la vera intenzione di Schifani: cosa vuole fare di Ast? «Il presidente ha le idee chiarissime», rassicura Aricò. Senza però precisare quali.m.barresi@lasicilia.itCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA