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L'intervista

Blitz Tabù: «Ora identificare le piccole vittime»

Il dirigente della polizia postale Marcello La Bella approfondisce alcuni segmenti dell'operazione anti-pedopornografia

Di Laura Distefano |

«L’inchiesta è partita sei mesi fa dopo l’arresto di un catanese», spiega Marcello La Bella, dirigente del Centro operativo per la sicurezza cibernetica della Polizia Postale di Catania. Dall’analisi dei cellulari e del materiale pedopornografico si è arrivati a identificare i 26 indagati. «I video e le foto erano scambiati – spiega La Bella – attraverso una piattaforma che offre un servizio di messaggistica poco noto e di cui non vogliamo fornire il nome perché vogliamo proprio evitare che qualcuno possa scaricarlo. Funziona in maniera similare alle più note app, permette di creare gruppi e di poter condividere materiale multimediale come foto, audio e video. A differenza delle altre piattaforme però permette di conservare l’anonimato, quindi gli altri partecipanti al gruppo non possono visualizzare il numero di telefono». Un elemento che ha reso più difficoltoso il lavoro dei poliziotti, ma l’ostacolo è stato superato grazie a tenacia e grande preparazione.

La polizia postale di Catania, infatti, è un punto di riferimento a livello nazionale ed europeo in questo tipo di indagini. Le modalità di queste reti criminali si sono evolute di pari passo al progresso tecnologico. «Le immagini e i video non sono più archiviati nella memoria dei computer o in memorie esterne, ma direttamente nei cloud. Un modo per loro per sentirsi più protetti da un possibile intervento delle forze dell’ordine». Ma ai 26 indagati è andata male, perché grazie alla bravura dei poliziotti «siamo riusciti a entrare nei loro cloud e prelevare il materiale pedopornografico. Si tratta di migliaia di foto e video. E stiamo parlando anche di filmati – aggiunge La Bella – con bambini davvero piccoli». Ed è in questa ricerca che è stata trovata la “guida del pedofilo” in lingua spagnola. «Ancora dobbiamo analizzarla, ma non è la prima volta che ci troviamo davanti a manuali di questo genere. Già dal titolo si intuisce cosa è scritto all’interno».

La seconda fase dell’inchiesta infatti sarà quella di poter identificare le vittime e magari i responsabili degli abusi. «Certo l’indagine non è finita qui», dice La Bella. Che vuole anche dare un consiglio ai genitori: «Evitiamo la sovraesposizione social dei bambini, condividere foto di minori sui social non è reato ma queste immagini nell’articolato e complesso mondo di internet possono finire nelle mani sbagliate. E con le nuove tecnologie possono essere anche modificate e finire nel giro di queste organizzazioni criminali che agiscono molte volte nel darkweb».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA