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Catania, processo Ippocampo: diventano definitive le condanne per i “carcagnusi”

Trent’anni a Nuccio Mazzei, 9 alla madre Rosa Morace e 9 a Gaetano Pellegrino ((fratello del rieletto consigliere comunale Riccardo)

Di Redazione |

E’ arrivato il triplice fischio dell’arbitro che ha decretato la fine del processo Ippocampo.E dopo i tempi supplementari la Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi e quindi reso irrevocabile la sentenza della Corte d’Appello emessa a febbraio 2022 nei confronti dei vertici di “sangue” dei Mazzei.Un verdetto, quello bis, che era arrivato dopo un annullamento con rinvio tranciante da parte della Suprema Corte nel 2020.

Ma vediamo quali furono le condanne oggi diventate definitive comminate dalla Corte d’Appello: Nuccio Mazzei 30 anni, Rosa Morace (moglie del capomafia Santo e mamma di Nuccio, ndr) 9 anni, Prospero Riccombeni 13 anni, Gioacchino Intravaia, il cognato del capomafia, 11 anni, Gaetano Pellegrino, detto u’ Funciutu (fratello del rieletto consigliere comunale Riccardo che proprio per questa inchiesta fu preso di mira per il caso delle parentele sospette), 9 anni.

La Cassazione ha solo ridotto la pena di due anni, per un mero errore di calcolo, a Giovanni Galati Massaro, che da 16 quindi passa a 14.

Le pene residue

La Procura generale ora dovrà prendere in mano il pallottoliere e dovrà stabilire la pena che resta da scontare per gli imputati che sono a piede libero. E una volta che saranno emessi gli ordini di carcerazione, saranno eseguiti dalle forze di polizia delegate.

È da diverso tempo fuori dal carcere proprio Pellegrino, che in una conversazione con la moglie manifestava tutta la sua fedeltà a Mazzei jr. «Sono sempre vicino a lui, quello che mi dice lui faccio. Se domani mi dice: “Devi ammazzare mia moglie”, Enza io ti ammazzo».

Ultimamente hanno parlato di Gaetano Pellegrino diversi pentiti, uno di loro lo indica come il vertice operativo del clan che parlava in nome della famiglia durante i summit mafiosi con altri esponenti della criminalità organizzata catanese.

L’operazione fu condotta in sinergia da Dia e carabinieri nel 2014. All’epoca Nuccio Mazzei era latitante, perché sfuggito al blitz precedente delle fiamme gialle “Scarface”. Poi fu catturato nel 2015 dai poliziotti a Ragalna.

La corrente corleonese

Ma torniamo al processo. Le indagini fotografarono gli affari illeciti dei “carcagnusi” (soprattutto inerenti il traffico di droga). I Mazzei sono considerati un po’ la corrente corleonese della famiglia catanese di Cosa nostra. Santo Mazzei è stato fatto uomo d’onore per volere di Leoluca Bagarella per spodestare Nitto Santapaola dal trono di padrino.

Poi il piano fallì perché il boss venne arrestato nelle curve dell’Etna dalla polizia. Di un altro stampo mafioso il figlio Nuccio, che ha preferito la “pax” con gli altri clan invece della “guerra”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA