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“Dissesto a Catania”, un’ipotesi per la Tari: nella bolletta elettrica come il canone Rai

Di Giuseppe Bonaccorsi |

CATANIA – Negli uffici della Ragioneria comunale, in questi giorni “infuocati” (in tutti i sensi) i tecnici, sotto le dirette disposizioni dell’assessore al Bilancio e vicesindaco, Roberto Bonaccorsi, stanno studiando le mosse da adottare per affrontare le disposizioni della Corte dei conti sulla dichiarazione di dissesto del Comune. E’ chiaro che davanti a una enorme mole di circa 200 milioni di debiti che, con la proclamazione del dissesto, rischiano di essere dimezzati e le preoccupazioni sulla tenuta di alcune partecipate (Amt e Multiservizi in primis – i cui bilanci non sono mai stati pubblicati e chissà, se lo fossero stati, se magari qualcosa poteva cambiare), l’orientamento della nuova amministrazione (insediatasi pochi giorni prima della “mannaia”) è quello di trovare la strada più idonea per presentare ricorso avverso alle disposizioni della sezione palermitana.

Il nodo è capire quale strada idonea trovare, visto e considerato che le carte della Corte – soprattutto la deliberazione n. 154 – lasciano pochissimo spazio di manovra. Il rischio che temono i tecnici comunali, compreso l’assessore Bonaccorsi che è un esperto in materia, è che le difficoltà riscontrate rendano ardua e complicata la procedura che si intende adottare.

Ma c’è un particolare, non di poco conto, che non è stato messo in rilievo in tutta questa vicenda finanziaria e che non fa dormire sonni tranquilli alla Ragioneria. E cioè che la Corte dei conti, nella dichiarazione di dissesto, non ha fatto riferimento all’art. 243 del Tuel che si riferisce alla mancata osservanza del Piano di rientro, ma all’articolo 244 sulla procedura ordinaria di dissesto strutturale di un ente. In parole povere per i magistrati contabili Catania sarebbe in dissesto anche se avesse osservato (cosa peraltro non fatta) in questi ultimi anni di amministrazione Bianco il Piano di equilibrio. Ed è questo punto che preoccupa l’assessore Bonaccorsi. L’eventuale ricorso permetterebbe di mantenere in equilibrio un ente che con gli interessi ha oltre 1 miliardo 600 milioni di debiti? Questo è il vero problema, non il ricorso. Il vero problema è l’equilibrio dell’Ente perché se l’esame dei dati riportati nelle due deliberazioni della Corte evidenziano un deficit strutturale su quali basi giustificare un ricorso vincente?

Per questo i tecnici si stanno scervellando per trovare un escamotage che vada bene e salvare dalla mannaia circa 200 milioni di debiti che potrebbero finire sotto l’esame della commissione che si potrebbe insediare per avviare una sorta di concordato preventivo con i creditori. E’ chiaro che in questo contesto “soffriranno” anche alcune società Partecipate, in primis quelle che dipendono soltanto dai fondi comunali. In questo caso stiamo parlando soprattutto di Amt e Multiservizi. Su quest’ultimo punto che riguarda oltre 1.500 dipendenti, dagli uffici della Ragioneria bocche cucite, ma appare chiaro che se si dovesse arrivare alla dichiarazione di dissesto anche loro dovranno fare sacrifici, fermo restando che queste società fornendo servizi essenziali, come il settore del trasporto pubblico, saranno tutelate.

Ma al di là dell’importanza della deliberazione n. 153 della Corte, a stuzzicare la curiosità e l’attenzione è la delibera 154 della sezione di controllo composta dai magistrati contabili Maurizio Graffeo, Anna Luisa Carra, Francesco Albo, Giuseppe Di Pietro e Giovanni Di Pietro che, prendendo in esame la documentazione trasmessa a maggio dall’allora amministrazione in carica dell’ex sindaco Bianco, si soffermano e motivano alcuni punti critici finanziari, tra cui quello relativo all’enorme esposizione delle anticipazioni di Tesoreria passate dai 42 milioni dell’esercizio 2013 ai 173 milioni del 2016.

E tra i numerosi punti, nell’ampio capitolo riservato ai rapporti con le Partecipate, c’è il passaggio sul trasferimento dei fondi dell’Amt in liquidazione in favore della Tesoreria. E la Corte scrive: «Tali disponibilità liquide erano state erogate a favore dell’Ente, sulla base dell’anticipazione di liquidità concessa dalla Cpd ai sensi del Dl 35 del 2013 per il pagamento dei debiti della Partecipata nei confronti dell’erario e dell’Inps». E si aggiunge: «Sulla base di quanto accertato nel corso dell’istruttoria le predette disponibilità liquide non sono state impiegate per la finalità originariamente prevista e sono state utilizzate dal Comune di Catania quali somme a destinazione vincolata non successivamente reintegrate entro il termine dell’esercizio finanziario…. Le disponibilità erogate dalla Cdp obbligavano l’Ente, nell’ordinario termine di 30 giorni dalla concessione delle stesse, ad effettuare i pagamenti anche se per il tramite dell’Amt, e in caso di mancato utilizzo a restituire le relative somme».

Nella stessa deliberazione c’è poi un passaggio molto importante ed è quello relativo all’attendibilità della documentazione, che sta alla base della trasmissione alla Procura dela Repubblica di tutto il fascicolo relativo alle casse comunali degli ultimi anni. «Il principio di attendibilità – scrive la Corte contabile – chiarisce, inoltre, che le valutazioni di carattere economico finanziario e patrimoniale devono essere sostenute da accurate analisi di carattere storico e programmatico e, in mancanza delle stesse, di idonei parametri di riferimento, sulla base delle quali risulti possibile che le aspettative di acquisizione delle risorse possano apparire provviste della necessaria fondatezza così da poter fare ritenere attendibili i documenti predisposti. Peraltro la non corretta applicazione dei predetti principi comporta, quale diretta conseguenza, che l’equilibrio di bilancio formalmente esposto del documento contabile possa risultare solo formalmente raggiunto, così disattendendo quello specifico principio che costituisce un vincolo sostanziale che deve contraddistinguere la predisposizione del Bilancio. Le predette criticità determinano la necessità che, con specifico riguardo alle condotte adottate con le quali sono state poste in essere le scelte contestate, possano essere svolte le più idonee valutazioni da parte della Procura della Repubblica e della Procura regionale della Corte dei conti alle quali il Collegio reputa opportuno trasmettere la presente deliberazione».

Invece in sede di assessorato al Bilancio, un altro punto sotto esame si riferisce al mancato accertamento e all’enorme evasione della Tari, che a Catania supera il 50% e che sembra inarrestabile. Solo nel 2017, come riferito dallo stesso Bonaccorsi, i catanesi non hanno pagato la Tari per 41 milioni. Facendo un raffronto con gli anni di Bianco, i catanesi col loro comportamento avrebbero aggravato il debito di oltre 200 milioni. Per questo l’assessore Bonaccorsi, anche in previsione di un incontro col governo, intende mettere sul tavolo l’opportunità che il legislatore studi alcune iniziative di legge che possano consentire ai Comuni di contrastare l’evasione, partendo però dal principio che una terra svantaggiata, con un alto tasso di disoccupazione, deve avere il supporto delle regioni più ricche. Un anno fa lo stesso Bonaccorsi aveva avanzato la proposta di inserire una porzione della Tari nella bolletta elettrica, sull’esempio del Canone Rai, in modo tale di avere un incasso garantito. Un capitolo a parte invece dovrebbe riguardare la totale riorganizzazione dell’ufficio Tributi, ancora obsoleto e incapace di adottare una minuziosa operazione di accertamento soprattutto degli evasori totali.

Novità sul ricorso che si sta cercando di elaborare si avranno nei prossimi giorni. Bisognerà capire anche quali saranno gli “scambi di vedute” tra l’attuale assessore Bonaccorsi e il Ragioniere capo, Clara Leonardi, nominata tempestivamente dall’allora sindaco Bianco in sostituzione dell’ex Ragioniere Massimo Rosso, interdetto dai pubblici uffici perché coinvolto nell’inchiesta sui rifiuti “Garbage affair”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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