Cronaca
Ignazio Cutrò: «La banca vuole 60 mila euro e io mi do fuoco»
Il testimone di giustizia Ignazio Cutrò minaccia di darsi fuoco perché “entro il prossimo 19 agosto deve pagare alla banca la somma di 60 mila euro”.
“Dopo la recente revoca della protezione ai familiari e la conseguente volontà a rinunciare alla tutela personale, la già turbata serenità della famiglia del testimone di giustizia Ignazio Cutrò viene ulteriormente messa in difficoltà da un atto di precetto della Banca Popolare Sant’Angelo che intima all’ex imprenditore di pagare un vecchio debito di circa 60 mila euro, oltre more ed interessi, entro e non oltre il 19 agosto prossimo”, si legge in una nota.
“Acclarato, con documenti ufficiali redatti dagli organi dello Stato, che la chiusura dell’impresa edile di Cutrò è stata dovuta ai debiti accumulati dall’azienda dopo le denunce per le estorsioni subite, per l’ex imprenditore di Bivona adesso è una corsa contro il tempo per chiedere ai responsabili dell’Istituto di credito licatese, il blocco della precettazione”, si legge ancora.
Il 23 maggio del 2013, nel giorno del ventunesimo anniversario della strage di Capaci, il tribunale di Sciacca emanava un decreto Ingiuntivo di pagamento del debito in favore della Banca Popolare Sant’Angelo. Ma come spiega lo stesso Cutrò: “Grazie alla sensibilità dell’allora presidente della Banca, Nicolò Curella, il decreto ingiuntivo, alla luce del racconto delle mie vicende, era stato momentaneamente sospeso. Quattro anni dopo, nel novembre del 2017 – aggiunge il testimone di giustizia – torna a rivivere il decreto ingiuntivo per mano dell’avvocato Corrado Candiano, con il quale oltretutto ho avuto un incontro mostrando la documentazione trasmessa al Ministero. Nulla di ciò li ha bloccati, oggi – dice ancora Cutrò – è arrivato l’atto di precetto, che precede di dieci giorni il pignoramento forzato”.
Non è la prima volta che l’ex imprenditore, la cui azienda, prima delle denunce al racket, faceva diverse migliaia di euro di utili all’anno, si trova in questa situazione. Già nel 2016 UniCredit ha teso la mano al testimone di giustizia congelando un debito nettamente superiore a quello maturato con la banca licatese. L’uomo che per essersi ribellato alla mafia “ha perso lavoro e serenità e che per la stessa ragione ha più volte denunciato di essere stato abbandonato dallo Stato non ci sta e annuncia una drastica protesta”.
“Se non riesco a trovare un modo per incontrare e bloccare l’atto tramite il presidente della banca, Antonio Coppola, pagherò con la mia stessa vita, dandomi fuoco davanti ad una loro filiale che sceglierò a caso e senza comunicare a nessuno data e ora dell’eventuale gesto. Ormai – conclude Cutrò – non ho più nulla da perdere, la mafia mi ha tolto tutto”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA