Catania: blitz Oleandro
La base logistica del clan: «Min… gli hanno montato la telecamera nella stalla»
Nelle carte dell'inchiesta delle fiamme gialle emerge anche la figura dell'imprenditore-boss.
«Melo Salemi è il boss di Picanello, nascosto!». Comincia tutto da questa intercettazione l’indagine del Gico della Guardia di Finanza che giovedì scorso rade al suolo affari militari e imprenditoriali della cellula dei Santapaola-Ercolano. Un trojan inserito nel cellulare di un uomo di Calatabiano captano le parole nel 2019. Basta poco per i finanzieri per arrivare al nome del boss appena scarcerato dopo una lunga detenzione e che stava riassettando le fila del gruppo di Picanello dopo gli arresti dei carabinieri nel blitz Orfeo. “Bloccato”a Riposto Salemi riesce però a dirigere grazie al suo uomo di fiducia Alfio Sgroi e il cugino Giuseppe Gambadoro. E inoltre può contare sull’imprenditore Fabrizio Giovanni Papa che avrebbe “ripulito” il denaro sporco del clan attraverso le sue imprese edili. L’indagato – accusato di associazione mafiosa – parlando con un bancario confida il fatto che «oggi tutti gli imprenditori… vogliono la tranquillità perchè non gli conviene… se ti devo fare il regalo, ti faccio il regalo.. ».
Una fotografia inquietante che attesterebbe come le aziende del territorio fossero completamente «nelle mani del clan». Papa è il socio di maggioranza della BF Costruzioni srl che è stata protagonista «di un incomprensibile e oscuro – scrive la gip Giuseppina Montuori – trasferimento di beni immobili nella provinca di Arezzo riguardanti la Nuova Edilizia srl e la Vrs immobiliare srl». E a proposito della Vrs, costituitasi nel 2020, Papa parla dell’anagramma scelto della societa direttamente con il boss Salemi. «Tua figlia come si chiama?», chiede il colletto bianco al capomafia parlando del nome da scegliere per un’altra azienda. «Salemi però non deve uscire… come con Giovanni io gli ho messo Vrs, Valentina, Roberta e Sofia (i nomi delle figlie)».
La conversazione avviene pochi mesi prima dell’arresto di Salemi nel blitz Jungo. Appena la notizia si sparge Papa, Sgroi e Andrea Caruso si incontrano nel quartier generale del clan: una stalla a Picanello. Papa cerca di far mantenere la calma agli affiliati: «Non c’è niente da confondersi, non c’è noi da rimanere… è quello che abbiamo fatto… e si fa… punto». I finanzieri piazzano una telecamera davanti alla stalla di via Monterotondo ma due giorni dopo l’installazione – l’11 dicembre 2019 – Caruso si accorge di qualcosa e dice a Sgroi: «Sto andando a prendere il binocolo, a vedere questa cosa». A gennaio gli investigatori del Gico non ricevono segnale e vanno a controllare: la telecamera è manomessa (nella foto) e alla base del palo trovano due bossoli. Anche la seconda videocamera anche se messa più distante è scoperta e danneggiata. Il 18 aprile 2020 Sgroi dice: «Minchia gli hanno montato dice la telecamera nella stalla».
Per i finanzieri Salemi, nonostante il carcere sarebbe riuscito a impartire ordini e direttive tramite familiari e il suo delfino Sgroi. Ma comunque serve un reggente operativo. Il ruolo sarebbe stato affidato a Giuseppe Russo, detto l’elegante o il giornalista, che avrebbe avuto la responsabilità di «gestire i rapporti con gli altri clan» e quello «del traffico di droga».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA