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LA SENTENZA

Catania, morto dopo una diagnosi sbagliata: “ai familiari risarcimento di 600mila euro”

Il Tribunale civile ha condannato il Policlinico, che ha già depositato appello.

Di Laura Distefano |

È morto all’improvviso Pietro. Nessuno se lo aspettava. Qualche giorno prima era caduto dalle scale di casa ma i medici del Policlinico, prima del Pronto Soccorso e poi dell’ambulatorio di angiologia, lo avevano in qualche modo rassicurato. Eppure quando il giorno della caduta, il 27 marzo 2017, si era recato all’ospedale di Biancavilla dove prescrivevano visita urgente in una struttura catanese per una «contusione al ginocchio destro con flebo trombosi alla gamba destra e flittene (lesioni con vesciche, ndr) diffuse». Ma quando è arrivato al Policlinico il paziente è stato dimesso con una dignosi di “flittene” e un appuntamento dopo una settimana per un esame angiologico. Ma anche in quell’occasione «i sanitari in servizio non evidenzianavano alcuna situazione di urgenza e di gravità circa le condizioni di salute» dell’uomo. Le uniche raccomandazioni sono state quelle di eseguire le medicazioni del caso. Ma 24 ore dopo, Pietro ha perso i sensi. Tutto è precipitato, i medici del 118 hanno potuto solo constatare il decesso dell’uomo. La vedova e i figli si sono rivolti allo studio legale Seminara e Associati per poter ottenere giustizia e il Tribunale Civile con un’apposita ordinanza emessa lo scorso giugno ha condannato il Policlinico a pagare quasi 600mila come risarcimento dei danni non patrimoniale per la perdita del parente. ll giudice Salvatore Barbieri ha riconosciuto la colpa medica e quindi la responsabilità della struttura, che è stata condannata anche a liquidare le spese legali in favore degli avvocati della famiglia del paziente scomparso. L’azienda universitaria ha già proposto appello.

Uno dei pilastri della decisione è la consulenza medica. In quella presentata dagli avvocati dei familiari del defunto, Dario Seminara e Lisa Gagliano, è stata «confermavano l’incongruenza tra la diagnosi formulata dai sanitari e le risultanze dell’esame strumentale effettuato». I periti hanno concluso che «sussiste nesso di derivazione causale tra la condotta professionale oggetto di censura e l’iter clinico che ha portato al decesso».

Nella perizia d’ufficio si è evidenziato invece come «l’esecuzione di un ecocolordoppler venoso urgente degli arti inferiori – si legge nell’ordinanza – avrebbe permesso di evidenziare la situazione di circolo venoso nella regione interessata dall’edema». Accorgimenti che «avrebbero permesso di prescrivere una idonera terapia anticoagulante».Il Tribunale non ha dubbi sul fatto che alla moglie e alle figlie di Pietro spetta il risarcimento.Per il calcolo delle somme, il giudice, riferendosi alle recenti tabelle milanesi, ha sottolineato che «in caso di perdita definitiva del rapporto matrimoniale e parentale, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subito, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare» tenendo in considerazione «l’età della vittima e quella dei familiari, la personalità individuale, la capacità di reazione e sopportazione del trauma». Alla fine i calcoli hanno portato alla condanna de del Policlinico a pagare 218.725 alla vedova e 185.075 ciascuno alle figlie.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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