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L'EMERGENZA

Regione, il piano anti siccità fa acqua da tutte le parti: oltre la metà degli interventi non è nemmeno partita

Le criticità del programma da 20 milioni: al di là delle autobotti da comprare (8) e di quelle da riparare (78), c’è un lungo elenco di pozzi da scavare, da riattivare o di condotte da creare. Oggi la resa dei conti

Di Luisa Santangelo |

L’appuntamento è fissato per le 10 a Palazzo d’Orleans. E se non sarà un redde rationem poco ci manca. Per mettere una pezza sul problema della siccità in Sicilia un piano d’azione c’è ed è finanziato con 20 milioni di euro. Mancano, invece, gli interventi. Di quelli previsti, ne sarebbero partiti circa metà (e «partiti» non sta per «conclusi e operativi»).

La Regione Siciliana lo sa. Lo sa la “cabina di regia” istituita dal presidente Renato Schifani e coordinata dal capo della Protezione civile Salvo Cocina. È lui a firmare la lettera che richiama all’ordine i «soggetti attuatori e gestori» delle reti idriche della regione: «Dai report redatti dall’ufficio commissariale – si legge nella convocazione – si evincono delle criticità e dei ritardi nell’avvio e nella realizzazione di alcuni interventi atti a contrastare la situazione di deficit idrico in atto nel territorio».

Tutti quanti – gestori, Comuni, Consorzi di bonifica – sono invitati a «relazionare sullo stato degli interventi della cui attuazione sono responsabili, e in particolare sui tempi di realizzazione, sui ritardi e sui provvedimenti che intendono adottare per accelerare l’iter, vista la necessità di dare urgenti risposte alla popolazione». Agricoltori e allevatori siciliani, soprattutto in alcune zone, sono ormai al collasso.

La situazione

Il lago Fanaco, a Castronovo di Sicilia (Palermo), fornisce acqua potabile al Nisseno e all’Agrigentino: al 1° giugno 2024, secondo i dati dell’Autorità di bacino del distretto idrografico, aveva una disponibilità di 0,85 milioni di metri cubi d’acqua. A fronte dei 20,7 milioni di metri cubi di capacità totale. Dagli ultimi rilievi è passato un altro mese. Secondo le stime, entro luglio Fanaco sarà a secco.

Meglio dovrebbe andare a un’altra diga, quella di Ancipa, che rifornisce Enna e parte di Caltanissetta: coi suoi 6,78 milioni di metri cubi d’acqua registrati a giugno, è previsto che sarà all’asciutto per la fine di settembre. In queste condizioni, gli invasi non possono bastare.

Il «piano degli interventi e delle misure più urgenti» inviato da Palermo a Roma ne conta, in totale, 138. Affidati a diversi soggetti attuatori. A chi, cioè, dovrà prendere i soldi e fare ciò che si deve.

Al di là delle autobotti da comprare (8) e di quelle da riparare (78), c’è poi un lungo elenco di pozzi da scavare, da riattivare o di condotte da creare. Su nove province, i soggetti attuatori sono 24: fotografia numerica della frammentazione di responsabilità a cui è sottoposta la gestione dell’acqua nell’Isola.Siciliacque, la società mista di sovrambito che abbevera un quarto di Sicilia, è più avanti di tutti, con alcuni pozzi (a Prizzi e Caltabellotta) già operativi. Ma è il loro mestiere.

Sembra, invece, che le difficoltà maggiori si riscontrino là dove ci sono di mezzo le amministrazioni locali. Tutti gli interventi del Trapanese, per esempio, sono in mano ai singoli Comuni: oltre al capoluogo, Alcamo, Calatafimi-Segesta, Salemi, San Vito Lo Capo, Castellammare del Golfo, Castelvetrano dovranno distribuirsi 1,3 milioni. Tutte città dove è previsto un «incremento di popolazione del 30% circa nel periodo estivo».

Anche gli interventi del Messinese toccheranno ai Comuni: Acquedolci, San Salvatore Di Fitalia, Basicò, Furnari e Frazzanò. Micro-municipi chiamati ad attivare, ristrutturare o rifare pozzi e impianti di sollevamento. A che punto siano tutti – Comuni, gestori, Consorzi di bonifica – si scoprirà stamattina a Palermo.

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