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Cgia, la pressione fiscale sui contribuenti onesti è al 47%

"Dati del Mef su evasione degli autonomi sono 'inattendibili'"

Di Redazione |

VENEZIA, 06 GEN – Nel 2023 i contribuenti fedeli al fisco hanno subìto una pressione fiscale reale del 47,4%: quasi 5 punti in più rispetto al dato ufficiale, che l’anno scorso è stato al 42,5%. Lo rileva la Cgia secondo la quale nel 2023 il prelievo fiscale è sceso rispetto al 2022 dello 0,2%, grazie alla rimodulazione delle aliquote e degli scaglioni dell’Irpef e al modesto aumento del Pil. Analogamente, anche nel 2024 il peso complessivo delle tasse e dei contributi sulla ricchezza prodotta nel Paese dovrebbe scendere. Ma la gran parte degli italiani non lo hanno percepito poiché allo stesso tempo, è salito ad esempio il costo delle bollette, della Tari, dei ticket sanitari e così i contribuenti non hanno potuto beneficiare pienamente del calo della pressione fiscale. Nel 2021 (ultimo dato disponibile) l’economia non osservata era di 192 miliardi (l’ 11,7% del valore aggiunto nazionale), di cui 173,8 miliardi attribuibili al sommerso economico e altri 18,2 alle attività illegali. La Cgia ipotizza, prudenzialmente, che l’incidenza dell’economia sommersa e delle attività illegali sul Pil nel biennio 2022-2023 non abbia subito alcuna variazione sul dato 2021. La Cgia precisa che la pressione fiscale ufficiale calcolata anche dal Mef (nel 2023 al 42,5%) rispetta le disposizioni metodologiche previste dall’Eurostat, ma ritiene “inattendibili” invece le stime sull’evasione degli autonomi. I dati del Mef stimano in 83,6 miliardi di euro il tax gap in Italia. Sebbene il mancato gettito rispetto agli anni precedenti sia in calo, la tipologia di imposta maggiormente evasa rimane l’Irpef dei lavoratori autonomi per 30 miliardi di euro che corrisponde a una propensione al gap nell’imposta del 67,2%. Questo vuol dire che, secondo il Mef, i lavoratori autonomi versano solo un terzo dell’Irpef che teoricamente dovrebbero pagare all’erario.

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