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Dighe, 600 milioni per curare 8 invasi: ecco quali

Di Giuseppe Bianca |

Palermo. La Regione stanzia 600 mila euro per progettare la gestione e la messa in sicurezza di 8 invasi. Una categoria di interventi finanziari che riguarda le dighe Arancio, Furore, Gorgo Lago, Lentini, Paceco, Ponte Barca, San Giovanni e Santa Rosalia.

La proposta dell’assessore Alberto Pierobon di reperire le risorse finanziare per garantire la sicurezza e la funzionalità delle dighe attraverso la misura specifica dei progetti di gestione è stata approvata dalla giunta di governo regionale: «Con questo stanziamento economico – ha spiegato l’assessore Alberto Pierobon – recuperiamo il tempo perduto nella manutenzione e nella sicurezza degli invasi, garantendo gli interventi necessari per legge e consentendo di aumentare la capacità degli invasi per accumulare le risorse idriche fondamentali per l’Isola».

È la legge del resto a imporre al gestore, in questo caso il dipartimento Acqua e rifiuti, di assicurare l’efficienza dello scarico di fondo liberandolo dall’eventuale ostruzione di sedimenti, di garantire la sicurezza dell’impianto e di mantenere o recuperare la capacità dell’invaso di accumulo dell’acqua.

Per questa premessa il progetto di gestione è uno strumento propedeutico all’attuazione degli interventi di messa in sicurezza e ripristino della funzionalità dell’invaso.

Il dipartimento regionale Acqua e rifiuti di Viale Campania al momento gestisce 23 invasi e per ognuno di questi mantiene l’obbligo di dotarsi di un piano per assicurare l’efficienza e la sicurezza degli impianti. Per 15 dighe le somme erano state già stanziate attraverso il Programma nazionale dighe. Per gli altri 8 progetti invece i soldi sono stati reperiti riprogrammando le risorse dei fondi Fsc 2014-/2020 del Patto per il Sud.

Ma la partita non finisce qui. Il governo pensa ad accelerare sul potenziamento degli invasi andando oltre la manutenzione. Una scelta strategica in funzione del fatto che 5 dei 40 invasi coprono il 50% di tutto il volume disponibile. La Regione, di fatto, è il terzo gestore per numero di dighe con oltre un miliardo di metri cubi.

Capitolo a parte, ma non meno significativo quello delle incompiute che invece potrebbero raggiungere il valore assai più consistente di 80 milioni di metri cubi. Per mancato collaudo il bacino intercettato riguarda invece 280 milioni di metri cubi d’acqua che rimane dunque un potenziale non autorizzato con 22 serbatoi di 110 milioni dove al posto dell’acqua si trovano i sedimenti da filtrare.

Il Piano delle dighe del governo regionale prevede, a cose fatte, di coprire la gestione e la corretta funzionalità di tutti gli invasi. Da qui al 2021 dovrebbero oltre essere ultimate le gare per l’appalto dei lavori.

Anche per questo motivo i piani di gestione serviranno per portare acqua al mulino, nella terra in cui però si continua a registrare lo stallo più assoluto sulla riforma del settore idrico, lasciata a metà nella scorsa legislatura. A fine ottobre nel corso di un seminario svoltosi al dipartimento di Agraria a Palermo, promosso da Anci, sulla governance del servizio idrico intergrato nell’Isola, lo stesso Pierobon aveva sottolineato il ritardo dei piani d’ambito, stimolando i territori ad accelerare. La legge prevede che le Assemblee debbano scegliere la forma di gestione del servizio e individuare un gestore.

A Palermo c’è un gestore già individuato, ad Agrigento la situazione è ancora in fase di stallo e il gestore è affiancato dalla commissione prefettizia. Enna e Caltanissetta hanno il gestore unico individuato dalla precedente autorità d’ambito ma le rispettive Ati non sono ancora subentrate nel contratto preesistente. Ci sono poi cinque Ati, Messina, Catania, Ragusa, Siracusa e Trapani, dove non vi è ancora un gestore unico. Il dipartimento ha già diffidato e sollecitato le Ati inadempienti e in alcuni casi ha nominato dei commissari.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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