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Stato in debito verso la Sicilia, Ponte e servizi per crescere

"Non possiamo non partire dal fatto che la Sicilia sia al centro del Mediterraneo e il Mediterraneo oggi è al centro del mondo: un’evoluzione costruttiva dei rapporti tra Europa e Nord Africa, indispensabile per entrambe le parti, non deve coglierci impreparati. E il Ponte sarà un volàno per l’economia"

Di Arturo Schininà |

Ripartiamo dalla terra, cioè dalla tenacia di chi la coltiva, dalla cultura del lavoro. Ripartiamo dal valore aggiunto dell’unicità dei nostri prodotti per sottolineare i nostri meriti e rivendicare ciò che ci spetta, perché come siciliani siamo ancora in credito rispetto allo Stato: abbiamo dato di più di quanto ricevuto. Solo così possiamo fermare lo spopolamento delle nostre città e renderle anzi attrattive per giovani di altre regioni o aree geografiche. Riflettevo su questo tema partecipando, giovedì sera a Marina di Ragusa, al convegno su “L’Oro degli Iblei” promosso da questo giornale, sempre attento alle tematiche dello sviluppo del territorio su cui si affaccia.E qual è il vero “Oro degli iblei” se non la cultura agricola che si è tramandata nei secoli, rispettando l’ambiente e anticipando il tema della sostenibilità?

Nello specifico del territorio ibleo, per secoli le famiglie contadine hanno vissuto sviluppando attività sempre più sofisticate e integrate, creando un fenomeno economico che ha consentito – tra l’altro – la quanto mai veloce ed efficace ricostruzione dopo il sisma del 1693, che poco lasciò, se non quel legame verso la terra, punto di forza della ripartenza. Della resilienza, termine in voga. Sono certo che fu il grande amore, la grandissima sensibilità di questa nostra civiltà per il proprio territorio a far sì che si ricostruisse, creando quella incomparabile bellezza delle nostre città e dei nostri paesi che oggi sono sotto l’egida del patrimonio Unesco. La pace sociale, dovuta a un benessere che questo popolo ha conquistato con il proprio sudore, congiuntamente al costante desiderio di crescita, ha favorito il sorgere di un’infinità di attività correlate al mondo agricolo e non solo, che hanno trovato da 135 anni il supporto, da tutti riconosciuto, della Banca Agricola Popolare di Ragusa, che a sua volta è cresciuta in perfetta simbiosi con il territorio e si proietta verso nuovi traguardi, divenendo Banca Agricola Popolare di Sicilia.

Con l’evolversi dei tempi, però, appare evidente che questo territorio non può rimanere isolato e necessita quindi di interventi, non solo pubblici, che possano consentire uno sviluppo di nuove attività d’impresa per una reale valorizzazione di quel patrimonio che secoli di sacrifici hanno costruito. L’ho affermato in apertura di questa riflessione che ho piacere di condividere con l’ampia famiglia di lettori de “La Sicilia”: la nostra Isola è fortemente a credito nei confronti del Paese. Solo di recente abbiamo cominciato a vedere alcuni investimenti strutturali (la Ragusa-Catania e la Siracusa-Gela), ma purtroppo non vediamo – neanche nei programmi di lungo periodo – ipotesi di collegamenti ferroviari funzionali o di valorizzazione per esempio del porto di Pozzallo, mentre resta da implementare la potenzialità dell’aeroporto di Comiso. Interventi utili alla Sicilia tutta, perché quello di Ragusa o del Sud Est è un modello che va “esportato”.

Ho la convinta speranza che il Ponte sullo Stretto debba diventare una realtà, nonostante i tanti detrattori, le beghe politiche o la scarsa conoscenza dell’enorme funzione economica, sociale e di immagine che esso potrà svolgere a vantaggio del Paese intero e dell’Europa. Non possiamo non partire dal fatto che la Sicilia sia al centro del Mediterraneo e il Mediterraneo oggi è al centro del mondo: un’evoluzione costruttiva dei rapporti tra Europa e Nord Africa, indispensabile per entrambe le parti, non deve coglierci impreparati. E il Ponte sarà un volàno per l’economia.

La necessità assoluta di sviluppo del Sud, che rischia di implodere per il calo demografico e la fuga dei giovani, merita una particolarissima attenzione. Dobbiamo rendere attrattivi i nostri territori intanto per far sì che i nostri giovani rimangano o tornino e poi anche per fare “emigrare” qui altri giovani. Perché questo avvenga serve fornire servizi di grande qualità, spazi accoglienti e sviluppare le enormi potenzialità che il clima e la bellezza dei nostri territori ci aprono. È una sfida, ma se si lavora, tutti insieme, con la stessa tenacia che fu ed è dei nostri agricoltori, possiamo vincerla.

  • Presidente Banca Agricola Popolare Ragusa
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