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Inchiesta autostrade: parti civili chiedono 100 milioni danni

Per i pedaggi pagati e non investiti in manutenzione

Di Redazione |

GENOVA, 18 GEN – I pedaggi autostradali pagati e non investiti nelle manutenzioni avrebbero creato un danno di oltre 100 milioni di euro. E’ quanto chiesto dagli utenti delle autostrade del tronco genovese che questa mattina hanno chiesto di costituirsi nell’udienza preliminare per il filone dell’inchiesta bis nato dopo il crollo del ponte Morandi. Sono 47 le persone imputate, tra cui ex vertici di Autostrade e Spea, per i mancati controlli su ponti e gallerie, per i presunti report falsi, le barriere antirumore pericolose e il crollo di una parte del soffitto della galleria Berté in A26 (30 dicembre 2019). La cifra è stata calcolata in base alla percentuale del pedaggio pagato da circa 27 milioni di auto all’anno per sette anni che avrebbe dovuto essere investito in manutenzioni da parte di Aspi. Oggi sono stati una trentina i soggetti giuridici che hanno chiesto di costituirsi parte civile. Tra gli enti ci sono il Comune di Genova, di Cogoleto, Rossiglione, Campo Ligure e Masone. E poi, il Comitato ricordi parenti vittime del ponte Morandi (seguita dall’avvocato Raffaele Caruso), le associazioni dei consumatori tra cui Assoutenti, rappresentata dall’avvocato Luca Cesareo, che ha chiesto un indennizzo di oltre cinque milioni di euro. E ancora, la Cisl e la Uil, ma non la Cgil, la Cna Liguria autotrasportatori e la Confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica, difesi dall’avvocato Carlo Golda, e il comitato delle Barriere antirumore, che conta circa 100 famiglie che vivono vicino all’autostrada. Secondo gli investigatori della Guardia di finanza, coordinati dai pm Stefano Puppo e Walter Cotugno insieme all’aggiunto Francesco Pinto, i tecnici di Spea ammorbidivano i rapporti sullo stato dei ponti per evitare i lavori. Le accuse, a vario titolo, sono falso, frode, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo.

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