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L'intervista

Assemblea in Sicilia, l’auspicio di Barbagallo: «Il Pd ritrovi il suo spirito unitario»

La posizione del segretario regionale del partito: «Non sono ostile alle primarie, ho espresso una linea: dare forza alle scelte dei nostri militanti»

Di Mario Barresi |

Onorevole Barbagallo, cosa succederà fra qualche ora nella tanto attesa, oltre che contestata, assemblea del Pd siciliano?«Succederà che finalmente sarà arrivato il momento del dibattito nella sede più corretta e opportuna: un organismo di partito, come prevedono le nostre regole».Più che un dibattito rischia di essere una resa dei conti con il segretario. C’è chi parla di commissariamento…«Ripeto: la discussione avverrà dove è giusto che avvenga. Sono piuttosto addolorato che, da Natale in poi, c’è stato un crescendo di virgolettati e accuse sui giornali. Il nostro mondo, la nostra base e il nostro modo di essere suggeriscono tutt’altra linea: le cose ce le diciamo fra noi, magari dandocele di santa ragione, ma poi si arriva a una sintesi, a una soluzione finale. Il mio auspicio è che domani (oggi per chi legge, ndr) in assemblea ci sia un confronto, anche duro, ma non uno scontro. I nostri nemici politici sono altrove: nel centrodestra che sta distruggendo la Sicilia. Mi è piaciuto lo spirito unitario con cui tutta la classe dirigente e i parlamentari del Pd siciliano hanno affrontato, in questi ultimi due giorni, l’iniziativa per denunciare lo stato comatoso della sanità siciliana».

Ma come può prevalere quello che lei chiama lo «spirito unitario» in un contesto in cui l’assemblea viene definita illegittima da una buona parte del partito siciliano?«L’assemblea, alla quale parteciperà il responsabile organizzativo Taruffi, è stata convocata nell’assoluto rispetto delle regole e l’esito del voto sul regolamento del prossimo congresso siciliano sarà sottoposto al vaglio della commissione nazionale di garanzia per l’attestazione di conformità allo statuto».Al di là delle questioni di scartoffie regolamentari, il punto di caduta è politico: lei vorrebbe un congresso senza le primarie aperte, che i suoi oppositori invece invocano a gran voce.«La discussione sul punto, del tutto legittima, ci sarà senz’altro, sperando che i contenuti, e soprattutto i toni, si allontanino dagli attacchi scomposti che ho letto sulla stampa. Niente dittatura della minoranza, da noi non vale il principio per cui chi urla di più ha ragione. Ci confronteremo, con il rispetto reciproco e la forza delle ragioni».Perché lei vede le primarie come il fumo negli occhi? Le teme?«Non è così. Io ho fatto la mia proposta, con una bozza di regolamento congressuale rispetto alla quale non è stata presentata alcuna controproposta. La segreteria regionale ha espresso una linea chiara: dare forza alla militanza, valorizzare i nostri iscritti e militanti, quelli che raccolgono i fondi per pagare l’affitto e le bollette dei circoli. Bisogna riallacciare un rapporto più intenso fra l’azione politica del Pd siciliano e le proposte, le idee dei nostri militanti».

Ma non le sembra un controsenso che lei, l’unico ad aver sostenuto la mozione Schlein fra tutti i segretari regionali attualmente in carica, sia contro le primarie che hanno permesso alla segretaria di ribaltare il voto dei circoli spinta dai consensi di gazebo e web?«Io non sono contrario alle primarie, sulle quali deciderà l’organismo preposto. Ma rivendico la proposta di un percorso che, in questo preciso momento storico, affidi il risultato del congresso regionale ai nostri 15mila iscritti, oltre il 10 per cento in più rispetto al 2020, come risulta dal tesseramento appena chiuso, con Catania, pur in leggera flessione, prima federazione in Sicilia e numeri molto buoni soprattutto ad Agrigento e Siracusa».Non è che la sua posizione, ma anche quella di chi chiede le primarie, dipende proprio dall’esito del tesseramento in Sicilia che vedrebbe la sua area Schlein al 65-70 per cento?«Capisco la sua provocazione, ma le rispondo dicendo che se la pensassi così farei un affronto proprio alle nostre migliaia di iscritti. Mi fido di loro: nel nostro partito non ci sono più logiche da “signori delle tessere”, ma i nostri militanti ragionano e scelgono con la loro testa. Anche senza primarie non sarà un congresso a tavolino con risultati prestabiliti, perché il popolo dem siciliano, che è cresciuto proprio grazie alla spinta propulsiva e all’idea di partito aperto della segretaria Schlein, vorrà confrontarsi sui temi che più gli stanno a cuore in un congresso vero».A proposito: che ne pensa il Nazareno? La difenderà, per una logica di tutela vista la sua consolidata appartenenza all’area della segretaria Schlein?«Ritengo che ce lo dirà il numero due della segreteria nazionali, presente alla nostra assemblea su preciso mandato del Nazareno. Ma per me non sarà affatto una sorpresa, perché non esistono un Pd a Roma e due Pd in Sicilia. Il Partito democratico è uno solo».Quanto ha pesato sul clima avvelenato di questi ultimi giorni la sua denuncia sulle “mancette” in finanziaria regionale, che magari a qualcuno del gruppo dell’Ars sarà sembrato un atto d’accusa da parte di chi in passato gli “emendamenti territoriali” li faceva eccome?«Il mio non voleva essere affatto un atto d’accusa, ma una semplice presa di posizione a conferma di una linea, concordata prima col partito nazionale e poi con i deputati regionali, alla vigilia dei lavori d’aula, in una segreteria regionale allargata. Continuo a ritenere che, fino a prova contraria, non c’è alcuna dicotomia fra il partito e il gruppo Ars, che ha lavorato e continua a lavorare bene, come dimostrano anche i nostri contributi per migliorare la manovra: dal no all’ennesimo carrozzone dell’Agenzia sugli investimenti agli emendamenti sui fondi per il credito al consumo delle famiglie più povere e per il sostegno al trasporto scolastico e ai Comuni in dissesto e pre-dissesto».Perché allora c’è la netta sensazione che molti deputati regionali, fra cui i sette firmatari della richiesta di stop all’assemblea, l’abbiano presa male?«Questo dovrebbe chiederlo a loro. Io mi sono limitato a segnalare alcuni eccessi e alcune sbavature, oltre che qualche post di troppo sui social, in contraddizione con la linea, chiarissima, che ci eravamo dati tutti assieme. Ma a mio parere è più probabile un percorso al contrario: che sia stato, cioè, l’imminente clima precongressuale, in cui gli assestamenti certe volte si trasformano in scossoni, a condizionare l’innalzamento dei toni sui giornali. In un contesto in cui, lo ripeto, sulle regole del congresso c’è stato il massimo coinvolgimento possibile: da ottobre a a oggi abbiamo fatto sei segreterie regionali allargate, tre direzioni e un’assemblea. Cosa avrei dovuto fare di più?».

Se passa il regolamento del congresso senza primarie è scontata la sua ricandidatura a segretario regionale del Partito democratico?«Non c’è nulla di automatico. Domani (oggi, ndr) ci daremo le regole per un congresso vero di un partito vero. Io resto a disposizione del partito, al momento opportuno deciderò il da farsi».Si può comunque tracciare un primo bilancio della sua esperienza, che quattro anni fa ad Aidone nacque sotto la stella della segreteria «unitaria»?«Sì e penso che sia un bilancio positivo. La gestione unitaria, al di là della minoranza riconosciuta negli ultimi due anni agli orfiniani di Rubino, all’inizio coordinatore della segreteria, c’è stata. E ha condotto il partito, oltre che a una condivisione molto ampia delle scelte, a un preciso posizionamento nel campo d’opposizione. È di questo che dovremo parlare ora: lavorare per diventare un’alternativa reale a Schifani e alla sua disastrosa maggioranza. Tanto più che, con l’affiliazione De Luca al centrodestra, le opposizioni hanno perso una forza su tre all’Ars. Ripartiamo dall’alleanza con M5S e con Avs, nella quale il Pd rappresenta il perno soprattutto nelle realtà degli enti locali».Ma c’è una scelta della sua segreteria che non rifarebbe? Un sospetto ce l’avremmo…«Se si riferisce alla candidatura di Caterina Chinnici alle Regionali le rispondo che, purtroppo, con i se e i ma a posteriori non si può ragionare. In quel momento, oltre al gradimento della nostra base, c’erano anche i sondaggi a dirci che lei, donna e unica eurodeputata in carica, era la candidata migliore. Poi sappiamo com’è finita e io sono stato il primo a essere tradito e amareggiato».Nessun altro rimpianto o pentimento su questi quattro anni da segretario?«No, nessun altro».

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