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Lo scenario

I veri nemici dei termovalorizzatori: le carte bollate che assediano Schifani

Il pressing di chi non li vuole (per favorire le discariche) e di chi li vorrebbe fare in proprio

Di Mario Barresi - Luisa Santangelo |

Premessa necessaria sui termovalorizzatori in Sicilia: possono piacere o no, possono essere utili o meno, possono anche diventare in prospettiva più costosi dello smaltimento attuale (come stimato dallo stesso Piano regionale dei rifiuti), possono, insomma essere il diavolo o l’acqua santa, ma l’unica certezza è che, semmai si realizzassero, i due impianti “pubblici” per bruciare la frazione indifferenziata avrebbero come effetto collaterale quello di azzerare la necessità di conferire la munnizza sicula nelle discariche private. L’altro effetto, più o meno indesiderato dell’entrata in funzione degli inceneritori sarebbe l’azzeramento del volume d’affare dei signori, privati, delle discariche. Il giro d’affari? Basta moltiplicare il costo sostenuto dai Comuni, in media di 220 euro a tonnellata (più del doppio del Piemonte, ma anche della Sardegna) per i 1.069.787 di tonnellate conferiti nelle dieci discariche attive al 2022 per arrivare alla cifra-monstre di oltre 235 milioni l’anno.

È per questo, ma anche per altre coincidenze definite «sospette», che da qualche tempo a Palazzo d’Orléans s’è alzato il livello d’attenzione sul «fuoco concentrico» rivolto al Piano rifiuti adottato da Renato Schifani in veste di commissario straordinario, con il mirino indirizzato proprio sui termovalorizzatori. Ma i problemi non arrivano dai contenziosi “politici” (oltre a quello del Pd, il Cga regionale – come apprende La Sicilia – ha respinto anche il ricorso straordinario “gemello” di Legambiente e Wwf). quanto dagli imprenditori privati a vario titolo interessati.

Non a caso, in cima alla lista dei nemici giurati del Piano regionale con dentro i due impianti pubblici, c’è il gruppo di Sicula Trasporti. Ossia i proprietari della discarica al confine fra Catania e Lentini, la più grande – e redditizia – di tutta l’Isola, capolinea dei rifiuti di oltre 200 comuni. Con gli storici titolari della famiglia Leonardi coinvolti nell’inchiesta “Mazzetta Sicula” per corruzione e reati ambientali (nel processo di primo grado a Catania: 11 anni e 9 mesi per Antonello Leonardi; 8 anni e 8 mesi per il fratello Salvatore), la società è in amministrazione giudiziaria. Ma anche in questo status “legalitario”, giustamente, la strategia aziendale non cambia. C’è il mandato del presidente del Cda, Salvatore Virgillito (recentemente arrestato in un blitz antimafia a Messina), in uno dei ricorsi pendenti – probabilmente il più insidioso per la Regione – contro i pareri di assessorato al Territorio e ambiente propedeutici all’adozione del Piano rifiuti. Il primo terreno giudiziario di scontro sarà il Tar Lazio, in quanto il provvedimento di Schifani è stato adottato in veste di commissario delegato dal governo nazionale. Al di là della competenza territoriale, però, l’insidia arriva dal merito della questione.

Perché Sicula Trasporti rivendica una sorta di ius primae noctis rispetto alla costruzione di un inceneritore in Sicilia orientale. Ben prima del blitz antimafia, l’azienda nel 2009 ottenne l’allora Aia (Autorizzazione integrata ambientale) per «un impianto di trattamento meccianico biologico e conseguente gassificazione di rifiuti urbani» per l’impianto di contrada Grotte San Giorgio. Capacità iniziale stimata: 150mila tonnellate di indifferenziato l’anno da bruciare, ovvero 1/4 della somma dei due impianti che la Regione vuole realizzare. La procedura si trascina negli anni e slitta a dopo la confisca penale: nel 2023, in pieno regime commissariale, prima la Commissione tecnico scientifica esprime parere positivo e poi l’assessorato concede il «giudizio positivo di compatibilità ambientale». Ma a guastare la festa arriva il Piano rifiuti. Che Sicula combatte a colpi carte bollate perché «si prevede una esclusiva privativa pubblica» con «l’inammissibile esclusione dell’iniziativa della società ricorrente».

Ma l’accerchiamento del gruppo ex Leonardi si completa con un altro ricorso, stavolta al Tar di Palermo, presentato dalla società sorella Gesac sempre contro il “maledetto” Piano rifiuti di Schifani. In questo caso la lagnanza riguarda la nuova discarica di contrada Scalpello, a Lentini, autorizzata ma «illogicamente e contraddittoriamente» non inserita nella tabella magica di 14 siti esistenti da implementare per un totale di 9,4 milioni di metri cubi. Una lista che, osservano i ricorrenti, «per assurdo, include tra gli “ampliamenti” anche il progetto di Coste Sant’Ippolito, a Pachino, ad oggi neppure operativo». Insomma, una doppia tenaglia giuridica: da un lato Sicula Trasporti chiede di realizzare il suo inceneritore privato, dall’altro, attraverso una impresa satellite, attacca la nuova pianificazione sulla «necessità, oltre che l’urgenza, di realizzare nuovi impianti», contestando la stima, «del tutto inattendibile», della chiusura del ciclo senza nuove discariche.

E questi sono soltanto i due primi ricorsi. Altri ancora ne potrebbero arrivare. Ad esempio quello di un altro top player degli inceneritori privati: Si Energy. La società del gruppo Alfa Acciai (lo stesso di Acciaierie di Sicilia) è stata al centro di un giallo burocratico-politico: a marzo scorso spunta la bozza di un parere positivo della nuova Cts presieduta da Gaetano Armao all’«impianto di recupero di energia da rifiuti non pericolosi». Proprio nella stessa area, a Pantano d’Arci nella zona industriale etnea, in cui il Piano regionale individua uno dei due inceneritori pubblici, Si Energy incassa tutte le autorizzazione per bruciare addirittura 550mila tonnellate l’anno. Non risulta che i privati abbiano presentato ricorso, ma dai cassetti palermitani – grazie a un articolo pubblicato su La Sicilia – viene fuori che il dipartimento regionale Ambiente lo scorso 12 novembre ha richiesto all’Avvocatura dello Stato di Catania un parere su un «ipotetico contrasto tra il piano rifiuti approvato, in cui sussiste la previsione di due termovalorizzatori pubblici, e l’iniziativa proposta» da Si Energy.

Pochi giorni dopo, Giuseppe Lombardo, deputato di Sud chiama Nord all’Ars, fa una richiesta di accesso agli atti per leggere il parere. Che ai tempi, nel frattempo s’è fatto dicembre, ancora non c’è. E manco adesso. Schifani, parere oppure no, va avanti. Ma magari, quando evoca «una corsa a ostacoli, in tutti i sensi», si riferisce al campo minato che si staglia attorno al Piano rifiuti con dentro i termovalorizzatori. Che non piacciono a opposizioni e associazioni per ragioni politiche e ambientali. Ma in trincea, ben nascosti, ci sono i nemici più insidiosi. Chi gli inceneritori non li vuole per continuare a fare affari con le discariche; e chi li vorrebbe costruire e gestire, sfruttando i varchi aperti dagli uffici della stessa Regione, sempre per lo stesso scopo di lucro. Ragioni legittime in punta di diritto, ma non sempre nell’opaca realtà di un settore in cui pecunia olet.

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