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Vigilia di Ferragosto in Sicilia per Salvini fra nuovi adepti e un feeling sotto il Vulcano

Di Mario Barresi |

Catania – «Ragazzi, a me questo Pogliese piace. Lo tengo d’occhio…». Neppure ora – gli aspiranti leghisti siculi in coda, con la stessa rassegnata pazienza dei turisti padani agli imbarcaderi sullo Stretto – Matteo Salvini riesce a nascondere le affinità elettive con il sindaco di Catania. Una stima più che ricambiata, che i filologi più terroni del Carroccio fanno risalire a quella granita di mandorla, inzuppando la brioche col tuppo d’ordinanza, consumata prima delle elezioni amministrative sulla terrazza vista mare della Baia Verde. Derubricata a «ripicca personale» l’autocandidatura di Angelo Attaguile, che per ritirarsi aveva chiesto il posto di vicesindaco, il leader parlò chiaro. «Salvo, io non ti chiedo poltrone così come non ne ho chieste a Musumeci. Noi siamo con te, poi fai tu…». E Pogliese fece lui. Nominò Fabio Cantarella e lo blindò pure dopo il flop della lista (1,68% con 2.056 voti, 26 dei quali di Peppino Mineo, docente universitario poi arrestato in un rivolo dell’inchiesta sul “sistema Siracusa”), affidandogli un assessorato-chiave come quello ai Rifiuti. La Lega etnea ha incassato, grazie ai buoni uffici dello stesso Pogliese, anche la presidenza della sesta municipalità, la più popolosa (da Librino a San Giuseppe La Rena) con 100mila abitanti: Alfio Allegra, di fatto, è un mini-sindaco.

Quisquilie e pinzillacchere? No. Perché adesso – con il governo gialloverde e la Lega che fagocita Forza Italia veleggiando per i sondaggisti verso il 35% – la non disinteressata risolutezza del primo cittadino (forzista) di Catania diventa un tesoretto. Innanzitutto nel rapporto istituzionale col ministro dell’Interno che oggi entra a Palazzo degli Elefanti per una seduta straordinaria della giunta. In cui, oltre alla sicurezza urbana (molto apprezzata da Salvini l’ordinanza scaccia-clochard di Pogliese) si discuterà – ça va sans dire – del default del Comune. Con un primo aiutino, la sospensione fino al 24 settembre della dichiarazione di dissesto, già incassato con un impegno trasversale nel “milleproroghe” a Palazzo Madama; nel testo alla Camera si punta ad allungare i tempi supplementari a novembre. Ma ora potrebbe essere la Lega a dare un segnale forte. Annunciando, sotto Ferragosto, una legge salva-Catania? «Non è lo stile di Salvini, i fondi a pioggia erano un classico dell’era di Berlusconi», ragiona un leghista di spicco. E allora l’ipotesi più plausibile è che oggi il vicepremier, ricevuto il dossier sul disastro finanziario e ascoltate le strategie per risanare i conti, parli di un «sostegno concreto» alla città. Fondi speciali sì, ma «finalizzati a un rigoroso piano di rientro» ed «erogati in più step, dopo che Catania dimostrerà di fare sul serio». Insomma: prima vedere cammello. Ma senza fondi straordinari il dissesto è ineludibile.

L’uomo-chiave di questa operazione è Stefano Candiani, commissario-viceré salviniano di Sicilia, ma soprattutto sottosegretario al Viminale con delega sulle autonomie locali. Candiani ha già dimostrato ampia disponibilità al sindaco di Catania. Non ancora sui temi di bilancio; anche se la scorsa settimana, dopo aver ricevuto un sms di Pogliese di sabato pomeriggio, il senatore leghista gli ha organizzato un incontro col ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, «nell’unica data e all’ora richieste dal sindaco», sui nodi dell’istituto musicale Bellini.

Ma la parte più suggestiva, anche se forse ancora prematura, del rapporto Salvini-Pogliese è quella politica. «Salvo è stato l’unico candidato sindaco non leghista per cui Matteo ha comiziato», annotano fonti leghiste ricordando il predellino di piazza Verga. Lo scambio di amorosi sensi politici può diventare qualcosa di più profondo nell’era dell’Opa salviniana su Forza Italia? Con chi gli fa questa domanda, il sindaco taglia corto: «Io non ho mai cambiato partito in vita mia». Da baby-missino nel Fronte della gioventù ad An, poi Pdl e Fi: tutta una coerente inerzia con la freccia a destra.

Ma c’è più di un ma. Al netto dell’amicizia personale con Antonio Tajani, Pogliese riflette sugli scenari possibili. Non lo atterriscono i sondaggi, piuttosto teme due ipotesi: la “deberlusconizzazione” (fisica e politica) del partito, e peggio ancora l’asse con Matteo Renzi e l’idea del “partito del Nazareno”. «Io in un’alleanza col Pd non ci andrò mai», è l’unica autocoscienza smozzicata agli amici. Il sindaco, in quel caso, si guarderebbe attorno. Trovando, sulla sponda destra, un consolidato rapporto – tanto generazionale quanto ideologico – con Giorgia Meloni. Ma ritroverebbe soprattutto la gigantografia del nuovo imperatore del centrodestra. Quel Salvini che – sostiene uno spin doctor non politico, amico di entrambi – ha grandi progetti per Pogliese. Pur detenendo un fortissimo potere contrattuale sulla scelta della classe dirigente (oggi è nelle condizioni di accogliere o rifiutare chiunque), il capo del Carroccio non disdegnerebbe l’idea di mettersi in casa un potenziale «Zaia siciliano». Più giovane e “selfie-genico” di Nello Musumeci (comunque molto apprezzato a Pontida), magari più aperto al dialogo con il M5S, ma soprattutto dotato di «lealtà e coerenza», due password decisive per fare breccia nella Lega di lotta al governo.

Sotto il Vulcano, però, sono ancora micro-scosse. Il terremoto, nella campagna acquisti di Salvini, si annuncia a Messina. Dove è ormai matura l’adesione di Dino Bramanti (candidato sindaco di centrodestra sconfitto da Cateno De Luca) e di tre consiglieri comunali legati al direttore scientifico del Centro neurolesi “Bonino Pulejo”. «Una figura che rappresenta al meglio l’identikit di chi vogliamo con noi in Sicilia», lo definisce chi ha vissuto da vicino l’ultimo colpaccio di mercato messo a segno dall’invisibile ma onnipresente Candiani. Il quale, dopo aver accolto il consigliere grillino law and order di Palermo, Igor Gelarda, ha dato il via libera all’ingresso di Nuccia Palermo, battagliera consigliera di Agrigento, ex di Grande Sud, che aveva rifiutato (bonus) la corte di Forza Italia.

Certo, pur con tutte le accortezze del caso, la pesca a strascico di Salvini nel mare di Sicilia riserva anche un certo numero di “ex qualcosa”: dallo storico braccio destro di Angelino Alfano (Angelo Collura, neo-responsabile organizzativo della Lega ad Agrigento) all’ex deputato regionale iper-forzista e compagno di sventure giudiziarie di Crisafulli (Edoardo Leanza, responsabile enti locali a Enna per il Carroccio). E proprio stasera, al ristorante “Sapori di mare”, Salvini coronerà la sua strana vigilia siciliana di Ferragosto sul lungomare di Furci, nel Messinese. Dove ad attenderlo ci sarà, fasciato di tricolore, il sindaco Matteo Francilia, candidato alle Regionali con Ap-Udc. «Era un promettente discepolo di Gianpiero D’Alia», è la penultima riga di curriculum del nuovo dirigente messinese della Lega.

Eh già, quanto ci manca D’Alia…

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