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IL PERSONAGGIO

Ciccio, pescatore “creativo”

Le conserve, il pescaturismo e i frutti di mare ai banchetti di nozze: così Francesco Cavallaro si è reinventatoun mestiere in decadenza

Di Carmen Greco |

La passione per il mare l’ha ereditata dal padre, ma diventare pescatore è stata una sua scelta. Oggi che tutti fuggono da un mestiere pesante e zeppo di problemi (dalla burocrazia all’impoverimento delle risorse ittiche) Francesco Cavallaro ci s’è buttato a capofitto e non cambierebbe la sua Santa Maria la Scala per niente al mondo. Detta così potrebbe sembrare la solita nenia romantica sul mestiere del pescatore di verghiana memoria, ma Francesco “Ciccio” Cavallaro, 48 anni, pescatore “fai da te” ha saputo reinventare un lavoro che lo porta – oltre che in mare – anche per fiere, banchetti e manifestazioni mangerecce in cui si racconta e racconta come si fanno le acciughe sottosale o il tonno sott’olio. Conserve che, chi aveva un minimo di dimestichezza con il mare e la pesca, faceva in automatico almeno fino agli anni ‘60 nei borghi di pescatori e che oggi, invece, sono introvabili. O, meglio, è introvabile chi lo sappia ancora fare artigianalmente.

«Io ho imparato rubando il mestiere ai vecchi pescatori – racconta Cavallaro -. Mio padre era muratore, il sabato e la domenica prendeva la sua barchetta e calava le reti, ma non era del mestiere, quello che pescava serviva per fare delle mangiate con gli amici. Con lui andava un vecchietto che gli dava indicazioni sui posti buoni dove calare le reti. Io da piccolissimo, 6/7 anni andavo con loro. Mi “caliàvo” la scuola per andare a pescare».Voleva già fare questo mestiere?«Sì, a 17-18 anni un vecchietto nativo di qui Orazio Salvini detto “Caddè” mi aveva regalato una barca e io andavo con lui. Mi diceva, “Francesco, anche se ci sono i miei figli questa barca sarà tua”. Un altro anziano pescatore che mi ha insegnato molto abitava accanto casa nostra. Era soprannominato “Turi carretto”, perché aveva tanti figli e doveva “tirare il carretto”. Nel mese di settembre andava con le nasse a pescare i gamberetti ed è stato lui ad insegnarmi i punti di riferimento per gettarle – la chiesa, lo scoglio, la punta del molo, le montagne… allora non esistevano gps».Però non ha iniziato regolarmente…«È vero, sono stato pescatore di frodo, poi con il tempo, mi sono comprato la licenza, ho una barca tutta mia, che si chiama “Tsunami”, dopo una breve manutenzione in cantiere l’ho appena rimessa in acqua».

Cosa pesca?«Totani e gamberi principalmente. I primi da ottobre a dicembre, da dicembre in poi lavoro con il “tremaglio”. Butto le reti dopo pranzo, da ottobre a dicembre vado a totanti, nei mesi successivi vado a calare il “tramaglio” per tutti gli altri tipi di pesci. Per i totani si cala una specie di tubo d’acciaio con un piombo che si chiama “cannone”. I totani vengono attirati dalle profondità da una luce intermittente che arriva a 750/800 mt., poi una volta tirati su con questa specie di “ascensore” entra in funzione la totanara, un amo “a carciofo” al quale restano impigliati. Invece con il tramaglio si lavora sottocosta 40-50-100 mt, è una rete con due “veli” laterali e uno al centro, ognuna con una trama di diversa misura per prendere pesci di taglie diverse».Come si campa oggi da pescatore?«Una volta bene, ora non più. Ci sono tante, troppe persone che vanno a mare, dilettanti e pescatori di frodo. Per carità, ci sono passato anch’io, ma erano altri tempi. Oggi per camparci devi fare altro».Per esempio?«Io mi sono inventato il pescaturismo, le conserve, il “catering” a base di frutti di mare e crostacei nei banchetti delle feste…».Il pescaturismo come funziona?«Distribuisco volantini nei B&b negli alberghi, nelle case vacanza e i turisti mi contattano. Metto la mia barca “Tsunami” a disposizione e li porto con me a fare un’escursione o, meglio, faccio vedere loro qual è la mia giornata di pescatore. Certo, magari con loro a bordo è più una cosa “dimostrativa”. Io calo le reti, nel frattempo loro ammirano tutta la costa, Aci Castello, Aci Trezza, S. Maria la Scala, Pozzillo… Quello che comanda è il clima, si esce solo se è bello, dev’essere una giornata di relax».Sulla costa ionica è molto difficile trovare chi fa pescaturismo…«Le dico perché. Io ci ho messo “solo” due anni e mezzo per raccogliere tutti i documenti e le autorizzazioni del caso, oltre a 33 marche da bollo da 18 euro».

Un ricordo particolare?«Un giorno di maggio avevo a bordo due coppie di Treviso. Una delle signore alla fine della gita mi ha detto: “È stata la giornata più bella della mia vita”. Lì per lì, mi sembrò esagerato, tanto più che c’era anche suo marito, immaginavo che il giorno più bello potesse essere un ricordo che aveva con lui, e invece mi confessò che anche per lui era stata una giornata indimenticabile».Come ha imparato a fare le acciughe sotto sale?«Rubando i segreti con gli occhi ai vecchi pescatori. Oggi le faccio per chi me le prenota, ristoratori, privati, amici, un po’ le tengo per me per partecipare alla fiere…».La ricetta?«Bisogna partire dai pesci che si prendono da maggio fino alla prima settimana di giugno, quando le alici sono più grasse e sotto sale vengono più buone. I liguri dicono “marzo e aprile, acciughe nel barile”, noi, invece, partiamo a maggio, per me è il mese clou. Oggi vanno di moda le acciughe del Cantabrico, un ottimo prodotto, per carità, ma non vedo cosa abbiano di meno delle nostre. Semmai noi dobbiamo invidiare il loro marketing che ha portato quelle acciughe in tutto il mondo».

E l’idea di portare una barca ai banchetti di matrimonio?«Quella è stata un’invenzione, anzi una necessità per far quadrare i conti a fine mese. Per chi me lo chiede allestisco una vera e propria barca piena di frutti di mare e crostacei. Cerco sempre di prediligere i prodotti locali, laddove è possibile, dipende dalla stagione».Domani le offrono un lavoro in un’azienda per 3.000 euro al mese, accetta?«Stare tutto il giorno buttato in una fabbrica? Assolutamente no. Le persone aspettano il primo dell’anno per vedere l’alba, per me è primo dell’anno tutti i giorni e devo dire che per me è sempre un’emozione. Ma vogliamo mettere la bellezza di ritornare a casa con i delfini al tramonto che saltano sulla prua? Tutti i marinai odiano i delfini, ma a me piacciono, siamo noi che siamo gli intrusi, loro sono nel loro habitat, nella loro casa, la catena alimentare è la loro».c.greco@lasicilia.it

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