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Governo, Univendita-Confcommercio: “Inaccettabile discriminazione in dlgs su diritto recesso”

Di Redazione |

Roma, 1 dic. (Labitalia) – “Il settore della vendita diretta a domicilio ha dimostrato la sua vitalità in questi anni difficilissimi e continua a essere un volano cruciale di ricchezza e occupazione. Ecco perché ci preoccupano i due fronti normativi che attualmente mettono a rischio le nostre attività e i nostri lavoratori: due dossier sui quali chiediamo al Governo di essere tutelati e di poter operare liberamente nel rispetto delle stringenti norme previste dal Codice del consumo e ulteriormente rafforzate dal nostro Codice etico e dalla Carta dei valori che ci siamo dati”. Lo denuncia Ciro Sinatra, presidente di Univendita, la maggiore associazione del comparto della vendita diretta a domicilio, aderente a Confcommercio. “Da una parte, non comprendiamo e riteniamo inaccettabile la discriminazione a carico della vendita diretta contenuta nello schema di decreto legislativo, all’esame del Consiglio dei ministri di oggi, che recepisce la direttiva sulla protezione dei consumatori e che -prosegue Sinatra- espande il diritto di recesso da 14 a 30 giorni soltanto per le aziende che utilizzano il sistema tradizionale del porta a porta e non, ad esempio, per i venditori online, ignorando la previsione che limitava questo prolungamento solo alle vendite effettuate utilizzando pratiche commerciali ingannevoli o sleali”. “Il decreto dà attuazione -prosegue Sinatra- a un ddl di delegazione europea che aveva visto il Parlamento sensibile rispetto a una norma del tutto vessatoria se limitata al nostro settore, ma nessuna modifica sostanziale è stata approvata. Eppure tutti sanno che la vendita diretta è sempre vicina al cliente, ha il suo punto di forza sul mercato proprio nell’assistenza post-vendita e nel rapporto diretto e continuato nel tempo con il consumatore. Caratteristiche che, di certo, non possiamo rintracciare in gran parte dei dealer attivi sull’e-commerce. Chiediamo quindi al Governo di correggere una previsione normativa che ci sembra inutilmente discriminatoria nei confronti di un comparto che in Italia fa quasi 4 miliardi di fatturato e impiega oltre 500mila addetti”, sottolinea ancora. Il presidente di Univendita però rincara: “Dall’altra parte, pesa la proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio Ue sul credito al consumo, che elimina la possibilità finora concessa, e per noi cruciale, di sostenere la clientela con dilazioni dei pagamenti senza interessi, senza spese e senza obbligo di ricorrere a una società finanziaria”. “Un meccanismo di credito -spiega- peraltro pienamente consentito anche dal Testo unico bancario. Ovviamente condividiamo l’obiettivo chiave della proposta di direttiva di evitare il sovraindebitamento dei consumatori, ma consentire alle aziende della vendita diretta di continuare a fare credito ai propri clienti senza applicare interessi, penali e ogni altra spesa aggiuntiva significa sostenere il potere di acquisto e i consumi delle famiglie, soprattutto in un momento di difficoltà economica come l’attuale, dato che ogni onere economico e rischio d’impresa sarebbero appunto addossati all’azienda, senza che il venditore effettui alcuna raccolta di dati o valutazione sulla capienza del consumatore”. “I parlamentari Ue italiani hanno mostrato sensibilità sulla materia, ma finora non c’è stato nulla da fare; ecco perché -conclude Sinatra- chiediamo all’esecutivo, e in particolare ai ministri Adolfo Urso e Raffele Fitto, di intervenire in questa delicata fase di triloghi in vista del varo delle norme che modificherebbero l’attuale direttiva, chiedendo che ogni Stato membro possa legiferare liberamente in materia”.

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