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Viaggiare a piedi nella Sicilia “virtuosa” Così si riscopre il piacere della lentezza

Viaggiare a piedi nella Sicilia “virtuosa” Così si riscopre il piacere della lentezza

Il lungo giro nell’Isola della “Compagnia dei cammini” tra natura e ricerca interiore

Di Carmen Greco |

SANT’ALFIO – Viaggiare camminando. Per vivere nella natura, per sport, per mettere alla prova i propri limiti, per riscoprire la lentezza, per ritrovare se stessi, per risparmiare. In montagna, al mare, con ogni tipo di clima, da soli o in compagnia. Sono sempre di più, anche in Sicilia, gli appassionati del viaggiare a piedi. Zaino in spalla, scarpe da trekking e “bastoni”. L’attrezzatura è (deve essere) minima, la soddisfazione è grande. Proprio in questi giorni una delle associazioni più attive del settore «La Compagnia dei Cammini», 1.500 soci e sedi in tutta Italia ha scelto la Sicilia, regione che vanta già uno zoccolo duro di “camminatori” per compiere il viaggio-evento annuale delle sue guide: 121 chilometri da Sant’Alfio (Catania) a Monforte San Giorgio (Messina) attraverso i Peloritani.   Una settimana di cammino che si conclude proprio oggi, scandita in diverse tappe tra la montagna e il mare a Fiumefreddo, Giardini Naxos, Savoca, S. Teresa di Riva, Fiumedinisi, Itala, Pezzolo. Alle guide si è unito chi, anche solo per un giorno, ha condiviso con loro non solo i passi ad “andamento lento”, ma anche l’obiettivo di diffondere una cultura alternativa, solidale, etica e pacifista. Un viaggio sì, ma anche la dimostrazione che stili di vita più “sostenibili” sono realizzabili, alla ricerca di un cambiamento, quello positivo, che rinnova e permette di migliorare. Tema, quello del cambiamento, scelto non a caso per questa camminata siciliana. L’hanno chiamata “La Sicilia delle meraviglie”. E noi dovremmo definirla la Sicilia che cambia. Quella delle realtà virtuose (ne esistono tante), della gente che crede in un futuro più consapevole, delle “belle facce” di chi, la faccia, non ha paura di mettercela.   A “capo”, della spedizione c’è Luca Gianotti, guida esperta della Compagnia dei Cammini che lavora nel settore da 20 anni. Modenese, ha lasciato un posto alla biblioteca del Comune, per aprire un piccolo agriturismo in Abruzzo e dedicarsi anima e corpo alla “cultura” del camminare.   Cos’è questo boom del camminare? «Le persone hanno un bisogno profondo di ritrovare il contatto con la natura e con il rallentare. La gente ha ritmi troppo frenetici, è stressata, e si mette a camminare. Una vacanza in cammino fa molto bene e una volta diventati camminatori, non lo si dimentica più».   Il cammino di Santiago è la moda del momento. Perché secondo lei? Per sport, per religiosità, perché costa poco… «L’escursionismo come concetto sportivo non esiste più e l’aspetto religioso è molto limitato. Io credo che molte persone decidano di farlo per una propria ricerca interiore. Sembra una banalità, ma la crisi colpisce non tanto economicamente, quanto dal punto di vista delle scelte di vita. Tanti si mettono in cammino per trovare un’identità, per rimettersi in gioco, magari anche attraversando un momento di difficoltà. Per esempio, sono tanti i giovani che lo fanno. Ma non con spirito religioso, semplicemente come ricerca interiore, ricerca di valori, anche in un modo laico».   Camminare può essere una terapia? «Il camminare per più giorni è potentissimo. Solo chi lo ha provato su di sè se ne rende conto. Camminare per una settimana è un evento veramente terapeutico: c’è bisogno prima di un periodo di disintossicazione che dura tre giorni, poi si cominciano a sentire i primi benefici psicofisici. Camminare riequilibra tutto. I latini, non per niente dicevano “solvitur ambulando” (camminando si risolve ndr), è un processo di lavoro a tutti i livelli che porta ad un’armonizzazione, un riequilibrio psicofisico molto, molto, potente che può costituire anche una forma di cura».   Perché quest’anno avete scelto la Sicilia per la vostra camminata-evento? «Per diversi motivi. Ci hanno invitato alcuni sindaci del territorio molto attivi su queste tematiche a partire dal sindaco di Messina, iI “sindaco scalzo”, Renato Accorinti; qui c’è una delle nostre guide più esperte, Nanni di Falco, e poi siamo in rete con delle realtà siciliane con le quali abbiamo costruito un bel rapporto. Per esempio con Roberto Li Calzi, fondatore della rete di economia solidale siciliana Arcipelago Siqillyàh (che ha accompagnato il gruppo alla scoperta di alcune realtà siciliane ndr). Con noi ha camminato anche Daniel Tarozzi, giornalista e scrittore, il quale con il suo progetto “Italia che cambia” sta lavorando alla costruzione di una mappa virtuale delle storie più positive d’Italia. Vogliamo documentare quelle realtà virtuose che stanno rimettendo in piedi un’economia diversa. All’interno di uno scoramento generale in cui tutt’Italia si lamenta, in cui va tutto male, ci sono delle realtà poco visibili anche nei media che, invece, ridanno fiducia. E, in Sicilia, ce ne sono. Il cambiamento è possibile, ci vuole solo il coraggio per rendersene conto».   Chi è il camminatore tipo? «La cosa bella è che ci sono persone di tutte le età, più donne che uomini perché le donne sono più coraggiose. Il target culturale è medio-alto, sono persone che si sono rese conto prima che c’è qualcosa che non va nelle nostra vita quotidiana e, quindi, vanno alla ricerca del contatto con la natura, si guardano dentro e vogliono conoscere il mondo in un modo diverso. Quando si cammina, ci si incontra, ci si ferma, si può parlare, c’è un ritmo ideale per viaggiare. Poi l’approccio è differente da persona a persona. Alcuni sono allenatissimi, altri sono alla prima esperienza».   Il primo impatto sull’Etna? «Mi sono meravigliato a camminare su questo terreno. Sembra di sentire il rumore del ghiaccio, ma sei sulla lava. Riconoscere il territorio attraverso la consistenza della lava, vedere le differenze di colore che cambiano il paesaggio, sono cose che mi hanno colpito tantissimo».   Voi camminate spesso in compagnia degli asini, perché? «Gli asini ci insegnano a rallentare. Nella società di oggi siamo sempre di fretta, soprattutto noi occidentali. Abbiamo un’ansia dell’arrivare e del futuro. L’asino invece ha un ritmo lento. Lo si vede dal fatto che quando si arriva alla fine di un cammino, l’uomo accelera per raggiungere il traguardo, il suo è un naturale tendere alla meta. L’asino, invece, non sa che sta per arrivare al traguardo, ha sempre lo stesso passo e, in quel momento, questa cosa ti fa riflettere».   Com’è nata l’dea? «Tantissimi anni fa in Francia. Lo scrittore scozzese Robert Louise Stevenson (l’autore de “L’isola del tesoro” e “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”ndr), nel 1878, fece un viaggio a piedi in compagnia di un asino nella regione delle Cévennes, nel sud della Francia. Su questo viaggio scrisse un libro “Viaggio nelle Cévennes in compagnia di un asino”. Fu un precursore del camminare e questo libro è diventato mitico per tante persone. In Italia abbiamo cominciato a leggerlo e, quindici anni fa, abbiamo iniziato anche a recuperare gli asini che stavano scomparendo per utilizzarli nei nostri cammini. Anch’io ho degli asini che dò a chi parte a piedi, siano viaggiatori individuali o famiglie. Per governare l’asino bastano poche spiegazioni, è un animale empatico, i bambini, per esempio, ci si trovano benissimo».   Nel mondo iperconnesso di oggi come fate con smartphone e tablet? Sono banditi durante i cammini? «I nostri cammini sono sempre per piccoli gruppi, quattordici persone al massimo, il telefonino va tenuto spento durante tutto il giorno e si riaccende la sera. Durante il giorno bisogna entrare nel “qui ed ora” del cammino, bisogna avere la “presenza mentale” del cammino. E’ una camminata introspettiva. Questo viaggio siciliano è stata una cosa un po’ diversa, si trattava di una camminata mediatica e, quindi, io per primo ho portato con me il tablet».   Un percorso che consiglierebbe a chi comincia adesso? «In Sicilia le isole Eolie o le Egadi, che sono ancora più selvagge. Camminare vicino al mare è potentissimo. Se dovessi pensare ad una meta estera, direi Creta. Si cammina anche a 2.500 metri di altezza. E’ un percorso tra mare e montagna, un luogo ideale per camminare, con sentieri e tratti di costa bellissimi sui quali non s’incontra una macchina per decine di chilometri».   Cos’è camminare? «Per me, una scelta di vita profonda, mi fa star bene da tutti i punti di vista, mi ha aperto strade impensabili e mi ha portato delle opportunità bellissime. Sono diventato direttore artistico di un festival dedicato al camminare che si tiene a Bolzano, adesso curerò, come direttore, una casa editrice tutta dedicata al camminare. Sul camminare c’è tutto un fermento che si tocca con mano. I libri sul camminare si vendono e la gente chiede sempre di più questo tipo di proposte».   Camminare è un ritorno alle origini o un andare verso il futuro? «Un andare avanti sicuramente. Il camminare, una volta, era legato ad un bisogno, era quello del contadino o del pastore, era un camminare di fatica. Il nostro è un camminare di gioia e di armonia».

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