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Sparatoria di Nesima, ora sono tre i sospettati in carcere: la pistola inceppata ha salvato il ferito

Emergono nuovi particolari sui fatti di sangue che hanno provocato la morte dell’albanese

Di Laura Distefano |

La pistola semiautomatica calibro 38 si è inceppata. E questo sicuramente ha salvato la vita al 43enne che con prontezza di riflessi ha deciso di lanciarsi dal balcone. Un piccolo particolare della dinamica della sparatoria che il 30 giugno scorso in via Santo Cantone a Catania ha provocato la morte dell’albanese è emerso. Il dettaglio è inserito nel comunicato diramato questa mattina dalla procura per dare conto della convalida del fermo da parte del gip a carico di Giovanni Pasqualino Di Benedetto.

L’indagato risponde dell’omicidio del giovane albanese e del ferimento del 43enne ricoverato con una benda al collo e una frattura scomposta al piede al Policlinico.

Ma nelle ultime 24 ore sono finiti in carcere anche gli altri due sospettati, Antonino Castelli, 33 anni, e Pasqualino Ranno, 29 anni. Il primo è stato fermato ieri notte alle 2 dopo un lungo interrogatorio e questa mattina sta affrontando l’udienza di convalida davanti alla gip Anna Maria Cristaldi. La Squadra Mobile è riuscito a rintracciarlo dopo una serrata ricerca. Il secondo, invece, sentendosi il fiato sul collo degli investigatori ha deciso di consegnarsi ai poliziotti accompagnato dal suo legale di fiducia.

Sono due gli elementi che hanno dato una svolta all’inchiesta quasi immediatamente dopo i fatti di sangue. La testimonianza diretta di una delle vittime è stata un riscontro formidabile al filmato di uno degli impianti di video sorveglianza della zona che mostrano i tre indagati che fuggono tutti e tre a bordo di uno scooter, il 43enne ha raccontato particolari precisi anche facendo nomi e cognomi parlando però di un appuntamento per un sopralluogo di lavoro.

Il curriculum

Facendo una ricerca d’archivio si possono ben delineare i curriculum criminali dei tre indagati, coinvolti in diversi furti e rapine. Alcune di queste anche violente e armate.

Il movente

Le motivazioni che hanno provocato le pistolettate – i poliziotti hanno rinvenuto 3 bossoli e cinque proiettili – restano avvolte nel silenzio degli inquirenti. «Ragioni che allo stato sembrano potersi ricondurre a contesti illeciti», mettono nero su bianco nella nota stampa. Ma se nel citofono della casa disabitata c’era davvero scritto il cognome Di Benedetto, allora la questione dell’alloggio popolare occupato forse senza autorizzazione non è da archiviare. Almeno non del tutto. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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