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Fondi Ue, la flessibilità beffa e quei soldi che non si possono spendere

Di Michele Guccione |

Palermo – Dopo il crollo del ponte di Genova l’Ue ha accusato l’Italia di non spendere i fondi europei assegnati per le infrastrutture. Anzi, di averne tanti e di utilizzarne solo una minima parte. Come dire, la colpa di quanto è successo è del nostro Paese che aveva i mezzi per intervenire e non lo ha fatto.In realtà, leggendo le linee guida con cui Bruxelles nel 2016 autorizzò la flessibilità chiesta dai governi Renzi e Gentiloni e la successiva lettera del 2017 inviata dal commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, e dal vice-presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, all’allora ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, si scopre che l’Europa ha sì concesso all’Italia una deroga ai vincoli del Patto di stabilità per sbloccare gli investimenti in infrastrutture finanziati con fondi Ue, ma questo riguarda solo la quota di co-finanziamento nazionale, pari a 3,5 mld. Invece, la gran parte delle risorse previste dai Programmi comunitari, di competenza di Regioni ed Enti locali, resta legata ai vincoli del Patto di stabilità interno. Ciò significa che questi soldi non possono essere spesi se superano il livello delle entrate del bilancio dell’ente. Condizione che, purtroppo, si verifica nella stragrande maggioranza dei casi. Insomma, quella di Bruxelles suona come una beffa: per avere finto di sbloccare le risorse e per rimproverarci poi di non averle spese.

E ancora, Regioni, ex Province e Comuni, per non perdere anche la quota di co-finanziamento nazionale, hanno cercato in ogni modo di utilizzarla. Come? Finanziando le progettazioni. Ecco perché c’è un immenso parco di progetti pronti, ma mancano i soldi per aprire i cantieri. Bene. Le clausole delle linee guida e della successiva lettera impongono che questi soldi “svincolati” dal Patto di stabilità devono rientrarvi entro i cinque anni successivi apportando tagli alla spesa di pari entità. Se sono stati spesi 3,5 mld per fare progetti, altrettanti dovranno essere tagliati dalla spesa pubblica. È il cane che si morde la coda. L’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao (nella foto piccola), tuona contro Roma: «Questa critica l’Ue la deve rivolgere all’intervento statale per il Sud, che è in costante calo. Lo scorso mese di gennaio la commissione parlamentare sul Federalismo, presieduta da Giancarlo Giorgetti, ha concluso che i fondi Ue non possono svolgere al Sud e in Sicilia la loro funzione suppletiva perché l’intervento ordinario dello Stato è insufficiente e non funziona».

«In Sicilia – aggiunge Armao – la competenza sulla viabilità è quasi tutta dell’Anas con fondi diretti. La società stabilisce tutto. Noi battiamo i pugni sul tavolo, ma è l’Anas che detta i tempi di progettazione, appalto ed esecuzione delle opere. La Regione ha competenza sulle strade provinciali, e con la ridotta dimensione di tali interventi poco si può fare con fondi Ue».Armao conclude: «Il fatto, poi, che il cofinanziamento di Regioni ed enti locali sia rimasto vincolato al Patto di stabilità interno è una follia. Nella piattaforma sulla revisione dei rapporti finanziari Stato-Regione che abbiamo consegnato l’1 agosto al governo nazionale, si prevedono soluzioni per superare questo aspetto e per rimpinguare il finanziamento ordinario a favore della Sicilia».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA