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L'EDITORIALE

Berlusconi e la fine di un’epoca

Molto più che un imprenditore visionario e di successo, molto più che un leader capace di incidere sui bizantinismi della politica, molto più che un personaggio pubblico antropologicamente divisivo e giudiziariamente controverso. Il Cavaliere è stato l’arcitaliano

Di Antonello Piraneo |

«Giovanni Paolo II ricorda un po’ il mio Milan: gira il mondo, gioca a… zona». Tra le mille citazioni, forse questa, che mescola sacro e profano, rende meglio l’idea di chi e cosa sia stato Silvio Berlusconi. Molto più che un imprenditore visionario e di successo, molto più che un leader capace di incidere sui bizantinismi della politica, molto più che un personaggio pubblico antropologicamente divisivo e giudiziariamente controverso. Il Cavaliere è stato l’arcitaliano.

Piaccia o non piaccia proprio lui, con la sua storia, la sua parabola di vita, i suoi eccessi, il suo essere esageratamente, sempre e comunque, “Silvio Berlusconi” – un brand, non un nome e cognome – ha indossato la maschera, magari stereotipata ma spesso aderente alla realtà, dell’italiano. Silvio Berlusconi – e non Alberto Sordi – pur se straricco ha incarnato i tanti vizi e le poche virtù dell’italiano medio, dell’imprenditore parvenu come pure del piccolo borghese, del provincialotto rampante che per anni ha vestito come lui, doppiopetto e cravatta a pois o bermuda e bandana. Berlusconi ha inciso sul Paese più di “re” Giovanni Agnelli, l’Avvocato troppo distante e diverso dalla gente comune, il Cavaliere che si atteggiava a uomo qualunque, facendo le corna ai Grandi del mondo messi in posa per la foto di rito o facendosi beffe delle forme di Angela Merkel o ammiccando a quelle di Michelle Obama.

Arcitaliano anche quando venne fuori la storia del “bunga bunga”, declassato e declinato a una goliardica consuetudine di “cene eleganti”: l’indignazione degli uomini fu alta in coloro che hanno gli anticorpi della cultura, della serenità familiare e degli affetti solidi, ma pari – e aggiungo pure forse – all’invidia di quanti sbirciano dal buco della serratura per immaginarsi sul lettone altrui, incuranti dei risvolti etici e processuali. Le donne – non certo le olgettine, semmai Veronica Lario – reagirono meglio, con un sussulto di orgoglio.

La rivoluzione

Certo, serve interrogarsi perché tutto ciò sia stato possibile, perché una storia imprenditoriale, politica e familiare sia diventata costume, cambiandone priorità sociali e orizzonti culturali. Non è banale, allora, chiedersi quanto la rivoluzione della tv commerciale abbia modificato usi e abitudini di un popolo, quanto e perché un palinsesto ben studiato e calibrato sugli umori degli italiani, abbia pesato più di cento comizi.Berlusconi è entrato nella vita del Paese e nella politica del Paese comportandosi esattamente come fece nell’edilizia, nella tv, nel calcio, ovvero cambiando a sua immagine e somiglianza cliché consolidati: una visione di città al posto di un banale complesso residenziale, i tormentoni delle serie tv e del varietà scollacciato anziché gli sceneggiati, le atmosfere hollywoodiane negli stadi.

La politica

Sarebbe fuorviante, invece, ridurre a fatto estetico, al tacco 12 in Transatlantico e al kit del candidato, l’effetto Berlusconi in politica. La sua discesa in campo, l’idea di Forza Italia, sono state uno spartiacque. Per tutti. Fiutando il vento che soffiava sul Paese come solo un segugio sa fare con le prede, Berlusconi ha messo cappello sulla fine dei partiti tradizionali, ha cavalcato l’onda giustizialista sino a quando non ne fu toccato, e pure pesantemente come ben sappiamo, da Tangentopoli all’ombra della mafia che ha portato in carcere il fedelissimo Marcello Dell’Utri. Il Cav ha raccolto sotto il suo ampio mantello la diaspora dei moderati orfani della Dc e dei cespugli centristi, ha fatto del Ponte sullo Stretto una scommessa quasi personale e un tema napoleonicamente ideologico, ha sdoganato la destra portandola al governo, ha calmierato la foga secessionista leghista e in ultimo la deriva populista. Ha governato, ha vinto e ha perso, come quando fu sfrattato da Palazzo Chigi dalla “rivoluzione dello spread”, più efficace e risolutiva degli avversari incontrati in 30 anni.

L’eredità impossibile

Lascia un’eredità politica impossibile: nessuno, da solo, potrà gestirla. Non a caso non ha mai avuto un vero delfino, non a caso al desco del residuo consenso per spartirsene la torta siede una folla di improbabili aspiranti epigoni. Berlusconi, anche in questo, è stato volutamente un numero uno assoluto.Ha vissuto tante vite, il Cavaliere. È riuscito, probabilmente, a coronare il suo vero sogno: essere irripetibile. Infatti nella quotidianità degli italiani, e non soltanto nelle questioni politiche, c’è un prima e un dopo Berlusconi. In mezzo c’è stato l’arcitaliano, un lider maximo e – chissà se la storia ce lo consegnerà come tale – uno statista.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA