Notizie Locali


SEZIONI
°

L'INTERVENTO

Etna, a 10 anni dal riconoscimento Unesco la sfida di promuovere una fruizione intelligente

Il valore aggiunto del vulcano fra esigenza di preservare il sito naturalistico e opportunità di una valorizzazione a fini economici

Di Rosario Faraci |

A dieci anni dal riconoscimento Unesco al Mount Etna, la cui ricorrenza è il 21 giugno, riprendiamo il tema del difficile contemperamento fra esigenza di preservare il sito naturalistico e opportunità di una sua migliore fruizione e valorizzazione a fini economici.

Non è tema da bar, discussione salottiera o voli pindarici di spicciola politica paesana, anche perché l’Etna è una delle poche risorse naturali al mondo in continua evoluzione. Mentre ne stiamo parlando, già “a Muntagna” è capace di cambiare fisionomia.

È un tema invece da affrontare in ottica multidisciplinare e, in questa prospettiva, al Rifugio Sapienza nei prossimi giorni si terrà un convegno nell’ambito della mostra d’arte contemporanea “Etna Eternal Flame” di Ysabel Pinyol Blasi, ideata da Oriana Tabacco con la collaborazione di artisti internazionali del calibro di Aleksandar Duravcevic, Johannes Pfeiffer e Samantha Torrisi.

Al convegno, oltre al sottoscritto che discuterà di aspetti economico-aziendali legati alla fruizione, ci saranno la docente universitaria Teresa Graziano, che affronterà il fascinoso tema degli immaginari turistici, e il vulcanologo Salvo Caffo, dirigente del Parco dell’Etna e fra i promotori del dossier per il riconoscimento Unesco, il quale chiarirà perché salvaguardia e tutela del sito sono propedeutici ad ogni altro discorso inerente alla valorizzazione economica.

Proviamo a capire meglio il perché. Etna è un significante per molti significati.

Tre livelli

C’è un Etna che, nell’immaginario collettivo, è territorio dai confini mobili, perché – con il vulcano al centro dell’ecosistema naturale – alcuni pensano che ricomprenda solo il territorio pedemontano, altri immancabilmente vi includono Catania perché sta ai suoi piedi, altri ancora lo estendono fino a Taormina che non potrebbe altrimenti vantarsi di essere la terrazza sull’Etna, e via discorrendo. Di madre Terra ce n’è una sola, ma sono tanti che vantano la paternità dell’Etna.

Poi c’è il Parco dell’Etna, il sito naturalistico regionale istituito su iniziativa di Rino Nicolosi nel 1987, giocando in anticipo sulla proposta di candidarlo a parco nazionale. Si estende per 60.000 ettari ed è uno dei siti più importanti d’Europa. L’ente regionale che lo governa è ormai ridotto all’osso nell’organico ed è pure mortificato nelle sue competenze, alla faccia della grande intuizione dell’ex presidente Nicolosi insieme a coloro che a suo tempo si erano battuti per istituirlo.

Infine, c’è il Mount Etna, una porzione di 20.000 ettari ricadente dentro il Parco, che l’Unesco ha definito “di eccezionale valore universale” includendolo dal 2013 nel World Heritage List.

Tre livelli diversi di paesaggio etneo che meriterebbero maggiore attenzione e soprattutto enorme rispetto di tutti. Turisti, escursionisti e visitatori, ma anche residenti e domiciliati in loco. La sostenibilità ambientale non è uno slogan da sbandierare quando fa comodo; ci vogliono atti e fatti concreti per promuoverla.

Visibilità

Il riconoscimento Unesco ha dato ancora più visibilità e notorietà all’Etna, che di suo le possedeva già da tempo. Con la cassa di risonanza mediatica (media tradizionali e social), si sono incrementati arrivi e presenze. Già nel solo triennio 2014-2017, successivo al riconoscimento Unesco, i comuni di Nicolosi, Linguaglossa e Zafferana Etnea hanno conosciuto un boom turistico. Insieme ad esso, c’è stato un fiorire di nuove attività collaterali: artigianato artistico, commercio al dettaglio, ristorazione e servizi di trasporto. Tutto “per grazia ricevuta”, sarebbe il caso di dire. In altri termini, per esternalità positive a beneficio del territorio generate dalla accresciuta visibilità dell’Etna.

Non sono però tutte rose e fiori, e mai lo saranno quando un sito turistico è di appeal e ad elevata riconoscibilità. Con l’aumento dei flussi si congestionano le località più prossime al vulcano: traffico, mancanza di parcheggi, lunghe attese ed inflazione negli esercizi di ristorazione sono solo alcune problematiche che si riversano nei territori. Unitamente alla spazzatura che dalle nostre parti è un vero e proprio flagello, sia per le modalità con cui è prodotta e spesso abbandonata, sia per la raccolta e smaltimento.

La domanda

E dunque ecco la domanda da un milione di dollari cui rispondere.

Che tipo di fruizione sostenibile ed intelligente sarebbe auspicabile per l’Etna, in attesa di definire vere e proprie politiche di branding territoriale che permettano a tutti di ricollocare il vulcano negli immaginari turistici più ricorrenti?COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA