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“Un cantiere per Catania”: «La politica rinunci ai propri interessi per il bene comune»

Il Cantiere raggruppa enti di volontariato e del Terzo settore, aggregazioni ecclesiali, cooperative, organizzazioni sindacali e datoriali e numerosi intellettuali del territorio.

Di Redazione |

Il Cantiere per Catania interviene con un documento propositivo sulla grave situazione sociale ed economica venutasi a creare nella città etnea dopo l’incendio che ha paralizzato l’aeroporto “V. Bellini” e dopo i continui blackout di energia elettrica e dell’erogazione idrica. Il Cantiere raggruppa enti di volontariato e del Terzo settore, aggregazioni ecclesiali, cooperative, organizzazioni sindacali e datoriali e numerosi intellettuali del territorio. Nell’anno in corso ha promosso eventi di formazione all’impegno sociale e politico e numerosi incontri pubblici sui temi della sostenibilità ambientale, dell’amministrazione condivisa, della condizione giovanile al Sud, delle periferie e della povertà educativa.Vogliamo intervenire pubblicamente, dopo qualche giorno, quando si è un po’ “posata la polvere”, in merito a quello che ha fatto precipitare nell’emergenza la comunità catanese, etnea e siciliana, proprio perché ora si comincia a parlare, giustamente, di “prospettive” e si intendono adottare iniziative perché non si ripeta quel che è successo e che ha messo in crisi le forniture idriche, elettriche, i trasporti e i collegamenti a Catania e nella regione.Di fronte a ciò, anche noi di “Un cantiere per Catania” vogliamo dare il nostro contributo, in pieno spirito collaborativo e in coerenza con quello che abbiamo affermato nei precedenti documenti, non sfuggendo alla nostra responsabilità di cittadini e di cattolici nei confronti dei concittadini e delle istituzioni rappresentative.I gravi disagi, e talora le sofferenze, che hanno dovuto subire la popolazione catanese e dell’hinterland e in particolare i più deboli, gli anziani, i malati, i bambini in dipendenza della significativa crisi di fornitura elettrica ed idrica, i ritardi, le inefficienze e le inerzie di fronte all’emergenza conseguente ad un evento, quale l’incendio di una limitata porzione del terminal A dell’aeroporto V. Bellini, e le difficoltà e i danni che continuano a subire i viaggiatori e l’utenza assieme alle fatali ricadute negative d’immagine e di reputazione, oltreché economiche per l’intero comparto turistico, commerciale e produttivo della Sicilia orientale. Ecco tutto questo non può non far porre domande a tutti, ma in primo luogo ai decisori politici e a chi ha responsabilità di governo e di amministrazione. Interrogativi non tesi a pianificare, utilizzando palesi difficoltà ed inefficienze, un’ulteriore “guerra” per sostituzioni al vertice di qualche ente ma, invece, interrogativi sugli interventi di ammodernamento, sviluppo e innovazione non operati negli anni, sugli investimenti e sui lavori non realizzati pur in presenza delle necessarie risorse economiche, e sulle prospettive di superamento stabile e strutturale delle emergenze nei predetti settori.Qualche domanda dovrebbe porre a se stesso anche chi aveva il compito di vigilare e/o sollecitare affinché fossero progettati e realizzati dagli enti competenti gli investimenti per il rinnovo degli impianti e delle linee elettriche e idriche di rifornimento, approvvigionamento e distribuzione.Ecco se si dovesse andare alla ricerca di “responsabilità”, anche solo “politiche” e di decisione, pochi (anche negli anni decorsi) sfuggirebbero alle critiche ma sarebbe un esercizio sterile e vano, amaramente funzionale, verosimilmente, ad un “ricambio” degli organi di vertice, se non fosse, soprattutto, indirizzato ad imparare la lezione da quello che è accaduto.Qual è la lezione che gli eventi ci restituiscono?Primo. La Sicilia continua ad avere un sistema infrastrutturale assai carente e ad esser marginale ed isolata rispetto alle rotte commerciali e di trasporto se un evento assai limitato (l’incendio di una modesta porzione di aerostazione) ha innescato effetti e conseguenze con danni umani, economici, reputazionali così estesi, a cascata, e, ahimè temiamo, non facilmente recuperabili. È bastato un banale episodio incendiario per mettere in crisi e isolare così gravemente la Sicilia dal resto del Paese, dall’Europa e dal mondo.Va, quindi, ripensato il sistema dei trasporti e dei collegamenti anche nell’ottica di prevedere, soprattutto in caso di emergenza, tempestive e straordinarie soluzioni alternative. L’evento verificatosi, non eccezionale o imprevedibile, svela le fragilità infrastrutturali a cui è urgente porre rimedio con strategie e programmazione di interventi e di investimenti.I divari fra Nord e Sud negli ultimi anni (la famosa “questione meridionale”) non solo non sono stati colmati e superati ma addirittura si sono accresciuti (Banca d’Italia, “Il divario Nord-Sud: sviluppo economico ed intervento pubblico”, 2022).E quello che è accaduto ha fatto deflagrare in tutta la loro virulenza le fragilità e l’isolamento infrastrutturale siciliano.Bisognerebbe porsi anche altre domande: come mai non sono stati realizzati interventi per l’ammodernamento e l’ampliamento dell’aerostazione? Le risorse, a quanto viene riferito dagli organi di informazione, sono disponibili da tempo. E non da ora sugli organi di stampa e da parte di molteplici esponenti si richiede una gestione finalizzata all’efficienza e allo sviluppo dell’aerostazione e, quindi, indirizzata al servizio dei viaggiatori, delle famiglie, delle imprese, degli operatori economici e produttivi di gran parte dell’Isola e a vantaggio delle comunità locali di così estesi territori siciliani.Non si può più solo “sopravvivere” in attesa di “accordi” che tardano a venire o di altre motivazioni non note perché si è visto che, tra l’altro, tale direzione non solo non garantisce lo sviluppo ma porta pericolosamente verso sentieri che conducono la nostra società verso il baratro.Secondo. La stella polare dei decisori politici e degli amministratori non può esser che il servizio al bene comune. E ciò comporta una rinuncia da parte della politica.Una rinuncia a perseguire interessi particolaristici e di limitati gruppi per adottare come orizzonte il bene comune; una rinuncia a coltivare lo scontro come arma politica per dialogare anche con l’avversario politico e con quelli lontani dal proprio schieramento o dalle proprie idee nell’ottica della politica come servizio alla gente; una rinuncia ad orizzonti limitati, effimeri e dettati da interessi esclusivamente di parte a favore del perseguimento di obiettivi a medio-lungo termine e nell’interesse delle generazioni future.Rinunciare alle logiche di asfittico “schieramento” anche nella scelta dei responsabili di organi, società e organismi pubblici privilegiando, invece, professionalità e capacità. E ciò proprio per “servire meglio”, per esser più efficacemente al servizio del bene comune avendo come obiettivo più rilevante le priorità e le criticità da affrontare e risolvere per il bene di tutti, soprattutto in momenti di emergenza e decisivi per la convivenza civile.“Una rinuncia momentanea può essere una grande tattica di combattimento” per chi fa politica (A. Moro, Studium, 1945). Se questa affermazione è condivisa da tanti poi, però, viene messa alla prova dai fatti e dagli eventi.“(…) Una persona che sappia organizzare la propria capacità di ascolto della società, dei cittadini e che sappia circondarsi di amici e di collaboratori intelligenti e disinteressati. (…) Una persona che non resti chiusa nel mondo di problemi e di interessi rappresentato dal proprio ambiente (…)”. Così viene descritto, fra l’altro, il “buon politico” in un testo (Maria Eletta Martini, “Anche in politica cristiani esigenti”) che ripercorre le vicende del protagonismo dei cattolici italiani nella vita pubblica.Per tutti si afferma, pertanto, come urgente e ineludibile il compito e la responsabilità di “rinnovare” la politica e di realizzare quell’amore politico (Francesco, “Fratelli Tutti”) vero obiettivo di tanti.In quest’ottica hanno continuato ad agire sul territorio, soprattutto in questi giorni di emergenza, tanti organismi di volontariato, anche non cattolici, rinunciando a coltivare posizioni particolari e lontani dai riflettori, per assistere e aiutare la popolazione, i fragili, i malati, i poveri, gli anziani, gli emarginati e i senza fissa dimora dei quartieri e dei paesi catanesi.Proprio per tale prezioso e decisivo ruolo svolto, non da ora, da tali organizzazioni non possiamo non rinnovare l’invito alle Amministrazioni locali a rivedere i propri metodi e strategie di intervento soprattutto in ordine alle criticità ed emergenze civili e sociali nella prospettiva di adottare un’amministrazione condivisa, nuova, entusiasmante frontiera di un ente locale aperto alla collaborazione dei cittadini, dei corpi intermedi e del Terzo settore.

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