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Contro la “buona scuola” di Renzi

Contro la “buona scuola” di Renzi i Cobas pronti a sabotare gli scrutini

Non si fermano le proteste per la riforma dell’istruzione

Di Alessandra Belfiore |

«La partita è complicata, ma vale la pena giocarsela fino alla fine», così Nino De Cristofaro, dei Cobas catanesi, promotori, come sindacato nazionale, di un blocco degli scrutini, che sembra intimorire il Governo, che minaccia addirittura la precettazione per i docenti che vi aderiranno. Minaccia, quest’ultima, mai accaduta prima e ancor più significativa, dal momento che non è la prima volta che i Cobas indicono blocchi degli scrutini. Questa volta, però, i numeri sono diversi e, in generale, la reazione della categoria docente – presa di mira dalla Buona Scuola di Renzi – è stata diversa, imprevedibile, come spiega De Cristofaro: «Questa riforma mette insieme tutto il peggio che negli ultimi quindici anni è stato partorito ai danni della scuola pubblica, da Berlinguer ad Aprea, passando per la Gelmini. Il governo, però, non aveva tenuto conto di una importante variabile: la reazione, non solo di docenti e Ata, ma anche delle famiglie. Il premier riteneva di poter agire su una scuola resa ormai cadavere da quanto accaduto nell’ultimo decennio. E invece il presunto immobilismo non c’è stato affatto.   Lo abbiamo visto con lo sciopero del 5 maggio: secondo i dati del Ministero, ha aderito il 69% dei docenti, una percentuale altissima, dalla quale bisogna escludere i colleghi che, avendo il giorno libero, sono scesi in piazza pur non figurando direttamente tra i dati. A Catania hanno manifestato 3 docenti e Ata su 4. A questo è seguito il boicottaggio delle prove Invalsi.   Al Ministero è servito a poco o nulla rimandarle al giorno dopo, dal 5 al 6 maggio, perché le famiglie non hanno mandato i figli a scuola. Lo stesso è accaduto per le Invalsi nelle scuole superiori». Anche questo un segnale non certo secondario: si è dimostrato, infatti, che i genitori hanno fiducia nei maestri e nei professori dei loro figli, e hanno aderito a una protesta – quella contro l’Invalsi – che da sempre aleggia nelle scuole, ma che mai si era concretizzata tanto.   Nonostante questo, la riforma sta procedendo a tappe forzate alla Camera proprio in questi giorni, con maggioranze schiaccianti in sedute poco partecipate: «Anche questo è un dato a sfavore del governo. Quella che era stata presentata come una riforma epocale vede una scarsa partecipazione da parte dei parlamentari. Ma, al di là di questo – continua De Cristofaro – la vera partita si gioca al Senato. Ed è proprio nei giorni in cui il Ddl arriverà in Senato, che verrà attivato il blocco degli scrutini, del tutto legittimo per due giorni, e che non coinvolgerà le classi in uscita, terza media e quinto superiore, per ovvie ragioni. Tutte le forme di protesta, dai flash mob, alle fiaccolate, alle assemblee continuano per tenere alta l’attenzione sul futuro della scuola pubblica. Ed è importante che ci sia quanta più coesione possibile.   Il blocco degli scrutini è stato proposto dai Cobas, ma anche altre sigle sindacali potrebbero decidere di aderire e a quel punto si potrebbe pensare a un blocco decisamente più incisivo». La strada è in salita, ma percorribile. E poi c’è modo e modo di perdere le partite: «Bisogna far sì che la riforma, a livello di opinione pubblica, continui ad apparire illegittima e deleteria per l’essenza stessa della scuola pubblica».

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