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Nuovo progetto politico

Francesco Attaguile torna in campo con “Popolari in rete”: «Ci vuole una nuova classe dirigente credibile»

Il neo coordinatore regionale dichiara: «Vogliamo essere una grande coalizione civica alternativa ai blocchi di partito»

Di Pinella Leocata |

L’avv. Francesco Attaguile ritorna in campo con un nuovo progetto politico e una nuova formazione, i “Popolari in rete”, che il 25 febbraio scorso, a Roma, lo ha eletto coordinatore regionale per la Sicilia.

“Pop-Popolari in rete” cos’è? Un partito, un movimento?«E’ una piattaforma che mira a riunire tutte le componenti che si sono frammentate e che s’ispirano alla cultura popolare degasperiana e sturziana. Abbiamo fatto la nostra assemblea costituente alla vigilia di una prevedibile trasformazione del Pd e abbiamo già ricevuto adesioni di molti, tra cui quella di Fioroni».

Dunque vi rivolgete agli ex Dc?«Non solo. Anche a quelli che si ispirano ad una cultura popolare presente in Italia al di là della Dc e che tende a correggere la deformazione di una politica che è imposta da vertici, da oligarchie, mentre la tradizione politica italiana di tutti i partiti di massa aveva una grande azione dal basso che purtroppo è venuta a mancare. Per questo la gente non vota, perché non è partecipe».

Pensate di scendere in campo in queste amministrative?«Vogliamo ingaggiare tutti quelli che vogliono rilanciare la città e che questo avvenga dal basso, unica maniera efficace. Vogliamo selezionare e formare una nuova classe dirigente che attinga dalle periferie, dalle categorie, dalle associazioni sportive. Il problema è la credibilità di una nuova classe dirigente».

Come pensate di farlo?«Con una grande coalizione di tutte le forze che hanno radicamento nella città. Una grande coalizione civica alternativa ai blocchi di partito».

Con chi?«Con tutti coloro che vogliono partecipare alla ripartenza della città. Sabato avremo una riunione in cui ci saranno le associazioni sportive e gli imprenditori. Mentre per alcuni, come i cattolici, la politica è un dovere morale e una forma di carità, per gli imprenditori è un dato da cui dipende la loro competitività, perché oggi la concorrenza è tra i sistemi territoriali».

Lei parla di forze sociali. I partiti non sono previsti?«I partiti si sono arroccati in tavoli oligarchici e quindi noi non vogliamo concorrere per andarci a sedere al tavolo, magari per avere un assessorato. Noi vogliamo rivoltarlo il tavolo perché, come ha fatto per primo l’arcivescovo, abbiamo constatato che questo sistema non consente alla città di liberarsi dai suoi mali. Una delle condizioni è sostituire all’improvvisazione e alla gestione clientelare dell’esistente un progetto, quindi una visione, di cosa la città vuole essere valorizzando le grandi risorse che ha. Dobbiamo individuare chi fornisca questa visione. Non penso al sindaco, ma ai consiglieri comunali, alle municipalità».

Quindi non esprimerete un sindaco?«Non è detto. Si può anche vincere questa battaglia. Ci saranno liste, ma non di partito. Faremo una coalizione di forze civiche che non hanno una caratterizzazione partitica».

In questa coalizione ci potrebbe essere anche Bianco?«Non mi sono posto la questione. Io, ad esempio, se vogliono, sono disposto a trasmettere tutta la mia esperienza multidisciplinare a un giovane sindaco, che non sappiamo ancora chi possa essere. Penso che la generazione dei settantenni non dobbiamo andare, anche se ancora papabili. E’ l’occasione di rinnovare davvero la nuova classe dirigente attingendo alle generazioni successive, certo accompagnandole. Per questo sono disposto a fare il vicesindaco per un anno, esattamente come feci con Bianco».

Pensate di avere uno spazio tra il blocco di destra e quello di sinistra?«Noi contiamo di essere alternativi. Non miriamo a togliere voti né alla sinistra né alla destra, vogliamo che votino i catanesi che oggi non votano».

Quali sono le cose principali di cui Catania ha bisogno?«Prima di tutto di una classe dirigente credibile. Poi c’è un problema di formazione. Stiamo tornando all’analfabetismo delle nuove generazioni a causa dell’evasione scolastica. E poi c’è l’esodo dei giovani. Dobbiamo mettere in moto un meccanismo che diffonda cultura d’impresa per creare occupazione perché se non si fa impresa non c’è neanche occupazione. Poi c’è il soccorso immediato e obbligatorio: non possiamo lasciare la gente senza assistenza, le periferie abbandonate. Ma non può essere solo questo l’obiettivo. Ci vogliono grandi eventi e dobbiamo avere la costanza di creare una progettualità e una visione ampia perché siamo favoriti dalla natura e siamo al centro del Mediterraneo, centro degli scambi commerciali del mondo. E noi stiamo a discutere su piccole cose. Purtroppo la nostra classe dirigente, i consiglieri comunali, si formano nei Caf con la gestione clientelare dei bisogni della gente. Facciamoli crescere. Diamogli un progetto. Invece di fare solo la pratica del vecchietto, che facciano pure un progetto di riscatto delle periferie».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA