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Depressione post parto e infanticidio: nessuna relazione, ma attenzione ai campanelli d’allarme

Di Redazione |

CATANIA – La gioia di diventare mamma offuscata dalla presenza di un male oscuro, forse una depressione post-parto, che l’ha divorata fino a farle credere che uccidere il figlio fosse l’unica strada possibile. Sebbene non ci sia nessuna correlazione scientifica tra depressione post partum e infanticidi, potrebbe esserci questo dietro la morte del bambino di 3 mesi scaraventata a terra dalla madre a Catania. «Mi si è offuscata la mente», ha detto al donna ai magistrati che l’hanno interrogata. 

Sono tante, tantissime le  donne che ogni anno vengono colpite dalla depressione subito dopo la nascita del loro bimbo: solo in Italia, secondo i dati di Onda, l’Osservatorio nazionale per la salute della donna, sarebbero tra le 55mila e le 80mila, pari al 16%. Vi sono poi coloro che non riconoscono di avere un problema o preferiscono non parlarne, non chiedendo aiuto e supporto ai familiari o ai medici. Il problema della depressione è  stato riconosciuto come molto importante dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha inserito il supporto psico – sociale alle mamme tra le nuove linee guida per le cure post-parto, riconoscendo l’importanza cruciale e al tempo stesso l’estrema delicatezza dei momenti immediatamente successivi alla nascita di un bimbo, nei quali la mamma potrebbe sentirsi sopraffatta dalle responsabilità e inadeguata rispetto a un’esperienza per lei del tutto nuova.

La depressione post partum è un disturbo di tipo depressivo, non psicotico che ha inizio ed evolve in maniera conclamata tra le otto e le dodici settimane dal parto. I sintomi definiscono un quadro molto simile a quello di un disturbo depressivo. Una caratteristica è la sua variabilità. I primi segnali possono essere fraintesi e venire scambiati per un normale stato di disagio legato alla stanchezza per il parto, per l’allattamento e per la riorganizzazione del proprio stile di vita.

Questi i campanelli d’allarme. Al primo posto, gli episodi di ansia e depressione durante la gravidanza, o una storia personale o familiare di depressione. Seguono: precedenti casi di depressione post partum (78%), isolamento o condizionamenti socioeconomiche svantaggiate (63%), e problemi con il partner (58%).

Secondo i dati dell’Onda, ciò che emerge è che questo disturbo è ritenuto grave dalle stesse persone intervistate, che i principali fattori di rischio riconosciuti sono il cambiamento di vita e le nuove responsabilità della neomamma, gli squilibri ormonali, la fragilità e debolezza emotiva, lo stress del parto e il sovraccarico di impegni.  Tra chi ne ha sofferto, meno della meta’ ne ha parlato con un medico. Chi invece lo ha fatto e ha ricevuto una diagnosi di depressione post-partum si è rivolta principalmente al medico di famiglia (43%), meno allo psicologo (22%) o al ginecologo (19%). Essenziali, per affrontare la malattia, sono soprattutto la vicinanza e il supporto dei familiari e del partner. Solo il 50% degli uomini che l’ha sperimentata si è sentito partecipe e in grado di supportare la compagna.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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