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Medici in fuga dagli ospedali anche in Sicilia: «Nessuno risponde ai concorsi delle Asp»

Il 5 dicembre lo sciopero nazionale. Per Riccardo Spampinato, segretario organizzativo nazionale e presidente regionale Cimo, la “manovra 24” è l'ennesima “spinta” per portare medici, e pazienti, nel settore privato della sanità.

Di Maria Elena Quaiotti |

Lo sciopero di medici e dirigenti sanitari contro la “manovra 24” già fissato il prossimo 5 dicembre sarà per la sanità pubblica regionale, e nazionale, forse “l’ultima battaglia” prima che il sistema, ormai vessato da almeno dieci anni, imploda davvero. E non ci sarà “Pnrr missione 6”, su cui nell’Isola siamo anche in ritardo, che tenga.

La “spinta” della manovra verso il privato

Il dubbio che aleggia alle latitudini siciliane del Coordinamento italiano medici ospedalieri (Cimo) e Fesmed (che include anche Anpo, e Cimop), che insieme ad Anaoo e Assomed (Associazione nazionale aiuti assistenti ospedalieri e medici) sono promotrici dello sciopero nazionale «con la dirigenza medica che aderirà in massa – assicura Riccardo Spampinato, segretario organizzativo nazionale e presidente regionale Cimo – è che la “manovra 24” sia l’ennesima “spinta” per portare medici, e pazienti, nel settore privato della sanità. Lo sciopero è confermato, sembra che l’emendamento presentato da Cimo sulle pensioni sia stato accolto, ma non abbiamo certezze. Si sta distruggendo un sistema sanitario pubblico già in sofferenza e paga una vergognosa mancata programmazione che in dieci anni ha visto chiudere ospedali, tagliare posti letto e unità operative.

La situazione in Sicilia

In Sicilia le aree di emergenza degli ospedali hanno una pianta organica coperta per il 53%, ed è un dato depositato e noto all’assessorato regionale della sanità, ecco perché poi si fa ricorso ai “gettonisti” e alle cooperative, creando, consapevolmente, una bolla di falso futuro. Perché? Lo stesso gettonista che accetta, anche se guadagna 100 euro all’ora, quindi 1.200 euro per un turno di 12 ore, mentre un dirigente medico per un turno di notte ne guadagna 80 di euro all’ora, si preclude la possibilità di stabilizzazione e di fare carriera e, secondo me, ha abdicato alla stessa professione. Mancano infermieri, i dati in Sicilia sono approssimativi, ma se pensiamo che ad esempio all’ospedale di Acireale su sette reparti mancano 60 infermieri, capiamo di parlare di una carenza incolmabile. Comune a tutti gli ospedali periferici».

“Manca la programmazione”

«I nodi stanno arrivando al pettine – commenta Pieremilio Vasta, coordinatore regionale della “Rete civica della salute” – oltre a mancare programmazione abbiamo un governo nazionale in mano a persone di un dilettantismo incredibile: sanno che c’è una crisi nel sistema sanitario pubblico, tra sindrome di Bournout (stress da lavoro correlato), aggressioni e mancato riconoscimento economico, e annunciano una riforma che crea ulteriore ansia? È come voler far scoppiare del tutto la sanità pubblica. La verità, sotto gli occhi di tutti, è che le aziende ospedaliere fanno concorsi per recuperare liste di attesa e operazioni, e nessuno risponde. È un dato empirico. Quest’anno ci sono state le stabilizzazioni Covid, ma dove sono stati destinati questi operatori? Si stanno formando per l’attivazione del Pnrr, cioè la trasformazione da sistema “ospedalocentrico” alla “medicina di prossimità”? L’impressione è che manchi la visione strategica, che prevede la multidisciplinarietà. È mancato, inoltre, il coraggio per chiarire la posizione dei medici di famiglia, figura che resta ancora ibrida. La battaglia, legittima, sul salario minimo va allargata a tutte le professioni sanitarie, si abbia il coraggio di investire su Istruzione e Sanità, ma con una idea precisa».

Medici in pensione

«La Sanità non deve essere un costo, ma un investimento – ricorda Massimo De Natale, Cisl medici Catania – la riforma riguarda chiunque si riferisca all’Inps per la previdenza, il settore più cospicuo è quello medico che rischia di perdere più di un quarto dello stipendio, così almeno seimila medici, circa mille in Sicilia, andranno in pensione prima e si svuoteranno i reparti, con ripercussioni sui pazienti. Si cercano medici per recuperare su liste d’attesa e operazioni, ma poi si fa sì che i medici vadano in pensione? Si deve piuttosto ripartire dalla medicina integrata del territorio, favorire l’ingresso di nuovi medici, le stabilizzazioni, snellire le procedure. Se con il Pnrr, che finanzia solo le strutture, non faremo il salto di qualità possiamo chiudere la sanità pubblica, in Sicilia e in Italia. Ricordiamoci che si tratta di un prestito che dobbiamo restituire, e il 2026 è dietro l’angolo. La vera sfida è rendere la sanità pubblica attrattiva e accessibile a tutti».

Reparti sotto organico

«L’emorragia di medici dagli ospedali è inarrestabile – rileva Francesco Pecora, presidente Snami (Sindacato nazionale autonomo medici italiani) – in Sicilia abbiamo circa 15-20 mila medici, ma i reparti sono tutti sotto organico, con turni massacranti, già un buon motivo per andarsene nel privato. La manovra, nonostante un mezzo passo indietro del governo, lascia dubbi che, chi ha fra 63 e 67 anni, sente. La politica invece di demolire dovrebbe sistemare, se la nazione è in agonia la Sicilia lo è in particolare: non ci sono i rimpiazzi di chi se ne va, gli utenti non riescono a prenotare le prestazioni nel pubblico e si rivolgono all’intramoenia e al privato, che sia studiato? Il Pnrr? Spendifici che non funzioneranno mai, già al nord è così, i medici non ci sono. In Sicilia le intenzioni sono come il Ponte sullo Stretto, solo impegni di spesa e spesa, ma poi? Ma basta vedere il centro cardiologico di Acireale, un’eccellenza, che non funziona perché è senza cardiologi. La grande migrazione verso le strutture private c’è già stata, ora si è un po’ allentata, ma le “nuove leve” se ne vanno anche all’estero. Dove certo guadagnano di più».

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