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Trapani, Dda di Palermo chiede obbligo soggiorno per il senatore D’Alì

Di Lara Sirignano |

A dare la notizia è lui stesso. Annunciando la sospensione della campagna elettorale per la sua corsa a sindaco di Trapani e parlando, nemmeno tanto tra le righe, di persecuzione giudiziaria. A sorpresa Antonio D’Alì, potente senatore azzurro trapanese, scopre le carte annunciando che la Dda di Palermo gli ha notificato, ieri, la proposta di sottoposizione all’obbligo di soggiorno.

I pm, che ne chiesero la condanna a 7 anni e 4 mesi per concorso in associazione mafiosa, lo ritengono «socialmente pericoloso": da qui la richiesta dell’applicazione della misura di prevenzione che sarà esaminata, a luglio, dal tribunale di Trapani.

«Due volte assolto e nuovamente aggredito – dice D’Alì in una nota – Ieri, dopo appena un’ora dalla chiusura della presentazione della mia candidatura e delle liste per l’elezione a sindaco di Trapani, con tempistica cadenzata in maniera da precludere ogni alternativa, ho ricevuto una assolutamente imprevedibile ed ingiusta proposta di misura di prevenzione».

Il riferimento è alle due assoluzioni, in primo grado e in appello, stabilite dal gup e poi dalla corte, con due sentenze che, però, fanno un distinguo importante. Per i giudici lo spartiacque è il 1994. In entrambe i verdetti, dopo quella data, i rapporti tra Cosa nostra e l’allora senatore del Pdl Antonio D’Alì, non sono provati. Per gli anni precedenti, invece, le accuse sono fondate ma sono cadute in prescrizione. Sentenze che ricordano molto quella della corte d’appello a carico dell’ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Il verdetto, passato in giudicato per la parte relativa alla prescrizione, è stato impugnato, dal pg, per l’assoluzione, davanti alla Corte di Cassazione che ancora non ha fissato il processo.

La motivazione della sentenza d’appello è stata depositata un mese fa. Mese servito ai pm per valutare se proporre la misura di prevenzione personale, anche alla luce della valutazione positiva di alcune testimonianze accusatorie, e al tribunale per la notifica della proposta. Va considerato, poi, che le misure di prevenzione richiedono una soglia probatoria molto diversa da quella richiesta dal processo penale. La doppia assoluzione, motivata dall’assenza delle prove del concorso nell’associazione dal '94, non impedisce, in presenza di indizi, che la Procura ha tratto anche dalle due sentenze, di chiedere l’obbligo di soggiorno.

D’Alì era accusato di avere «contribuito al sostegno ed al rafforzamento di Cosa nostra, mettendo a disposizione dei boss le proprie risorse economiche, e, successivamente, il proprio ruolo istituzionale di senatore della Repubblica e di sottosegretario di Stato». Per i pm, il senatore trapanese avrebbe avuto rapporti con le cosche e con esponenti di spicco dell’organizzazione come il superlatitante Matteo Messina Denaro, Vincenzo Virga e Francesco Pace, fin dai primi anni '90, e avrebbe cercato l’appoggio elettorale delle «famiglie». Il politico avrebbe svolto un ruolo fondamentale nella gestione degli appalti per importanti opere pubbliche, dal porto di Castellammare del Golfo agli interventi per l’Americàs cup.

Dei presunti collegamenti di D’Alì con le cosche hanno parlato vari pentiti tra cui Antonino Giuffrè, Antonio Sinacori, Francesco Campanella e da ultimo il sacerdote N.T. e Antonino Birrittella, ritenuti attendibili dai giudici d’appello. Per la Dda i rapporti provati fino al '94 tra il senatore e boss del calibro di Ciccio Messina Denaro, padre del capomafia latitante Matteo Messina Denaro, e l’ultraventennale legame che il politico, secondo l’accusa, avrebbe mantenuto con i clan lo rendono «un soggetto socialmente pericoloso».

Persone vicine a D’Alì fanno sapere che se la notifica fosse stata fatta prima della scadenza dei termini di presentazione delle liste per le comunali si sarebbe preso in considerazione l'eventuale ritiro del senatore con l’inserimento di un altro candidato sindaco da parte della coalizione. A questo punto, se D’Alì decidesse di ritirarsi, tutte le liste a lui collegate decadrebbero. Ecco perché secondo alcune fonti della coalizione D’Alì potrebbe andare avanti nella campagna elettorale, al momento sospesa in attesa di un vertice di partito a Roma. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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