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Giancarlo Giannini: «Devo molto alla Sicilia. Dopo Mimì metallugico, mi sono sentito siciliano”

Di Salvo Barbasso |

“C’è tanta gente curiosa della mia vita, dei set, del rapporto che ho avuto con i grandi del cinema: da Gassman a Mastroianni, da Fellini a Volontè, dalla Melato alla Wertmuller. Loro mi hanno insegnato a coniugare semplicità, fantasia e umanità”. Giancarlo Giannini, 76 anni, inventore per hobby, attore e doppiatore per passione, si racconta, fra presente e passato, alla vigilia del suo ritorno in Sicilia. Domenica 26 agosto sarà infatti protagonista, all’Anfiteatro Comunale di Zafferana Etnea, nell’ambito della rassegna “Etna in scena 2018”, del recital “Le Parole Note”, organizzato da Terzo Millennio di Andrea Peria, in collaborazione con Cabiria Production. Lo spettacolo è un singolare incontro di letteratura e musica, Giannini interpreterà poesie e monologhi di grandi personaggi come Dante, Neruda, Montale, D’Annunzio e non mancheranno i versi dei più importanti poeti e scrittori napoletani come Salvatore Di Giacomo e Edoardo De Filippo. “Do voce ai poeti – spiega Giannini – che hanno dedicato liriche alle donne, alla passione, alla vita. In un momento storico in cui la globalizzazione tende ad eliminare ogni identità, condurre lo spettatore per mano in un viaggio storico e letterario che partendo dal 200’ fino ai nostri giorni mette al centro di tutto la poesia, è per me motivo di grande orgoglio. Ad accompagnarmi ci sarà il sassofonista Marco Zurzolo e il suo quartetto che eseguiranno una serie di brani inediti, la musica è fondamentale in uno spettacolo che evoca suggestioni così intense”.

 Torna a Catania, città che ha lasciato una traccia importante nella sua formazione artistica.

“Devo molto alla Sicilia e a Catania in particolare, lì ho avuto un grande maestro come Turi Ferro, grazie a lui ho capito che il mestiere dell’attore richiede tanto studio e passione, poi dopo “Mimì metallurgico” ho cominciato davvero a sentirmi siciliano…”

 Cosa ricorda di quegli anni?

“Orazio Costa, all’Accademia di Arte Drammatica mi diceva sempre “sei bravo ma non dormire sugli allori”. Gli ho dato retta. Il mestiere dell’attore, se diventa convenzionale, è una noia assoluta, bisogna trovare nuove strade per esprimersi, mai dare al pubblico la sensazione di essere uguali a se stessi”.

 E’ stato protagonista di “Romanzo famigliare” una fiction prodotta da RaiUno che ha avuto grande successo. Una esperienza che ripeterà?

 “La famiglia è stata rappresentata, al cinema e in tv, nelle sue molteplici sfaccettature, quella della Archibugi mi ha affascinato perchè è una storia tutta al femminile, con dei risvolti drammatici che rivelano quelle affinità madre-figlia che neanche l’evidenza dei fatti riesce a rinnegare. La televisione investe molto su prodotti di qualità, se il personaggio mi convince non escludo nulla”.

 Ha vissuto gli alti e i bassi del cinema italiano. Come lo vede in questo momento?

“La passione che avevo agli inizi, quando Ettore Scola mi affidò il ruolo del pizzaiolo in “Dramma della gelosia”, continuo ad averla anche oggi, in giro ci sono dei bravi attori e i registi italiani sanno fare bene il loro mestiere ma forse manca quel pizzico di fantasia e di creatività che fa la differenza”.

 Sembrava destinato a lavorare sui satelliti artificiali, all’improvviso la svolta.

“Avevo preso il diploma di perito elettronico e dovevo partire per il Brasile dove mi aspettava una carriera diversa, ma invece di occuparmi di satelliti, grazie a Mario Ciampi, un impiegato del Comune di Napoli fissato con il teatro, ebbi una borsa di studio e cominciai a fare l’attore”.

 E’ più legato alla Sicilia grottesca di “Mimì metallurgico” o a quella letteraria de “La lupa”?

“Hanno rappresentato entrambe due periodi felici della mia carriera. La Wertmuller ha saputo raccontare molto bene quella drammaticità sicula dovuta alle conseguenze dell’amore, Lavia ha portato al cinema quel capolavoro letterario, “La lupa”, rendendolo credibile e incredibilmente fascinoso”.

 Il cinema sembra aver perso la voglia di ironizzare sul sociale.

“Peccato perché la forza dell’ironia è talmente grande da rendere fruibili anche le storie più difficili. E’ cambiato lo stile, mancano le idee e i produttori hanno paura di rischiare. Si fanno film a basso costo e la distribuzione è parecchio limitata”.

 Ha lavorato con tanti registi italiani e internazionali. A chi deve di più?

“A Lina Wertmuller, con la sua fantasia è stata capace di scoprire aspetti del mio carattere che nemmeno conoscevo. Con lei sul set si creava un rapporto di grande complicità, è brava, decisa, concreta, sa ciò che vuole e questo un attore lo percepisce”.

 Che papà è stato?

“Qualche volta ho alzato la voce, ma nei rapporti familiari mi sono sempre appellato al senso di responsabilità”.

 L’inventore e l’attore hanno un denominatore comune?

“Non sto fermo un attimo, amo viaggiare anche con la fantasia e ho voglia di mettermi in discussione, creare. Appena finisco un progetto ne ho in mente un altro. Credo che il denominatore comune sia la vitalità”

 Progetti futuri?

“Sono uno dei protagonisti del nuovo film di Paolo Virzì che uscirà il prossimo autunno, intanto in America ho preso parte ad una serie tv che si ispira al film “Comma 24”, nel cast c’è George Clooney ed altri bravi attori”.

 Tornerà alla regia?

“Spero di sì. Mi piacerebbe realizzare un film sulla fede. Se non ci fosse il mistero non avremmo un motore, quello che ci rende curiosi della vita. Riuscire ad aprire una finestra sul mistero è il mio sogno, magari riuscirò a realizzarlo. Di questi tempi non è facile, ma non dispero”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA