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STORIE DI RESURREZIONE/2

“Avvelenato” per anni e poi dimenticato «ma alla fine ho vinto io»: la lotta per i diritti dell’operaio di Siracusa esposto all’amianto

La storia di Salvatore Patania, che non s’è arreso al mostro burocratico e ha ottenuto giustizia

Di Seby Spicuglia |

Salvatore Patania, siracusano, 67 anni, è morto e risorto. O meglio: era morto, kaput, relegato a una figurina del passato avvolta da una nuvola di polvere d’amianto in uno stabilimento della zona industriale di Siracusa dove lavorava come operaio montatore. Patania ha rischiato di essere gettato fuori dalla storia come una macchinina dell’autoscontro, colpito ai fianchi dal rigetto dei benefici contributivi da parte di Inps e Inail, e poi rientrato in pista grazie a una sentenza della Cassazione che ha accolto il suo ricorso.

Salvatore è un fiume in piena, come chi risorge e la vuole raccontare tutta, si lascia invadere dalla rabbia e dalla mortificazione e poi ancora dalla speranza e dalla gioia.

Una volta in pensione Patania – al quale era stata diagnosticata una “nodulità polmonare” – viene informato circa l’esposizione alla fibra killer, e così fa richiesta dei benefici contributivi per esposizione amianto all’Inail di Siracusa. L’Inail riconosce l’esposizione, ma respinge la domanda, perché l’esposizione risulterebbe inferiore ai dieci anni previsti dalla legge. In realtà lui – come riconobbe il Ctu del lavoratore – all’amianto fu esposto per 14 anni, ma il suo ricorso fu rigettato sia dal Tribunale di Siracusa sia dalla Corte di Appello di Catania che ne dichiarò l’inammissibilità. Poi però, grazie all’intervento dell’Osservatorio Nazionale Amianto che impugna la sentenza, ottiene ragione dalla Cassazione, e rinasce.

Certo, l’incubo di quella “polvere bianca” – «l’amianto che si sprigionava nell’aria e a noi sembrava che fosse talco» – non lo abbandonerà mai, ma la vita adesso sembra aver ripreso colore. «Sono riuscito a trovare quella fiducia nella giustizia che ormai avevo perso – racconta Salvatore – ma è stata dura affrontare questa situazione dal punto di vista economico e psicologico».

Salvatore – adesso che la Cassazione ha accolto il suo ricorso contro l’Inps, ritenendo ingiusto il rigetto di quest’ultima dei benefici contributivi – ricorda da sopravvissuto quegli anni quando «si imparava il mestiere in impianti dove si era esposti all’amianto e all’acido aldeide senza alcuna protezione né indottrinamento». Negli anni del suo apprendistato si usavano elmetti e guanti, ma questi «contenevano amianto perché era un forte isolante» e se stava nei pressi di un saldatore «i teloni per proteggersi dalle scheggiature erano di amianto».

La speranza

C’è stato un momento in cui Patania ha riacquistato un po’ di speranza, nell’attesa che la Cassazione dicesse la sua e ribaltasse il suo destino. «Anni fa ero in macchina col mio nipotino, lo conducevo a lezione d’inglese. Gli ho chiesto – non attendendomi una vera risposta – “Ma tu che pensi? Ce la farà il nonno, nella sua battaglia, ad avere giustizia?” Non lo scorderò mai: “Sì nonno, ce la farai. È ovvio”, mi disse il mio nipotino, come fosse un adulto. Quelle parole mi sono entrate nel cuore e mi hanno un po’ tranquillizzato. Per me in quell’attimo, prima ancora che davanti alle carte giudiziarie che sarebbero arrivate tempo dopo, è ricominciata la mia resurrezione».

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