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Il dolore

Lo sfogo di un orfano di femminicidio: «Stato colpevole quasi quanto l’omicida»

Vincenzo Occhiato, figlio di Letizia Consoli, uccisa nel 2015. La donna fu trovata senza vita in un bungalow alla Plaia di Catania

Di Laura Distefano |

Non ha mai voluto leggere le chat nel telefono della madre. Non ha mai voluto sapere come Zakaria Ismaini sia riuscito ad avvicinarla. Una conoscenza che portò Letizia Consoli a una morte orribile. Sono passati nove anni da quando Vincenzo Occhiato ha ricevuto la chiamata dei poliziotti che gli hanno mostrato le foto di una donna uccisa alla Plaia, in un bungalow a Catania.Il dolore è ancora lacerante. Forte. Ma quello che attanaglia il cuore di questo orfano è sempre la stessa domanda: «Perché non lo hanno arrestato prima?».

Il marocchino, è stato scoperto, era un serial killer: prima a Rimini, poi a Brindisi. Il delitto in Puglia è avvenuto pochi mesi prima di quello di Letizia Consoli nel 2015. «Avevano impronte digitali, era intercettato, sapevano che aveva preso un autobus per Catania. Cosa li ha fermati?», dice mentre è nella cabina della nave dove è imbarcato per lavoro. Riusciamo a parlare con lui in videochiamata mentre è attraccato al porto di Genova. Il giovane, papà di due figli, non è riuscito a darsi pace. Crede nelle Istituzioni? «No, non più. Lo Stato è colpevole dell’omicidio di mia madre quasi quanto il suo assassino». Sono parole pesanti. Ismaini è stato condannato in via definitiva. Ma quella sentenza non è servita, secondo il figlio, a darle davvero «giustizia». «Io mi sento tradito».

Letizia Consoli e il figlio Vincenzo Occhiato

Eppure questa rabbia non ha indurito l’animo di Vincenzo, che avrebbe voluto dalle Istituzioni «almeno un supporto psicologico per superare il trauma che mi aveva colpito». Ora ha deciso di creare con il suo avvocato Massimo Ferrante un’associazione per «dare supporto legale e psicologico alle vittime di reati violenti». Un gesto. Ma anche un’eredità per Letizia. «Lei era una donna buona. Faceva sempre del bene, per sé e per gli altri. Io avevo già perso mio padre da piccolo, quando è morta lei ho perso tutto. Sono rimasto solo». La madre nell’ultimo periodo assisteva la nonna malata. Anche lei dopo qualche tempo è volata in cielo. «In un attimo mi sono venute a mancare tutte le certezze della mia vita. Poi ho guardato mia figlia, che all’epoca aveva cinque anni, e ho trovato la forza di andare avanti».

Vincenzo e Letizia sono legati dallo stesso amore per il mare. Tra i suoi ricordi che conserva gelosamente nello scrigno della memoria c’è un viaggio a Favignana. «Una volta mentre eravamo in spiaggia mi è caduta la maschera in acqua, lei si è tuffata e l’ha ripresa. Lei mi ha insegnato tutto. Eravamo, anzi siamo due pesci». Il mare è il legame più forte che lega Vincenzo alla madre che non c’è più. Il mare che è la sua seconda “casa”. Il mare che attirava così tanto Letizia. Lei amava fare lunghe passeggiate sulla battigia. E forse è durante una di quelle che ha conosciuto quel trentenne, non sapendo che sarebbe diventato il suo atroce assassino.Vincenzo ha riempito le stanze di casa delle foto di Letizia. Così che i suoi nipoti possano vivere guardando il volto della nonna. «Era una donna buona e solare. Mi ha insegnato la bontà, la generosità, l’altruismo. Mi ha insegnato tutto. Dopo la morte di papà, siamo rimasti io e lei. Io ero il suo mondo e lei il mio». Abitavano a 300 metri di distanza. In quel periodo «studiavo» per poter intraprendere la carriera nelle navi. E c’è riuscito.«Alcune volte mi chiedo se avessi potuto fare qualcosa», dice sfiorandosi i capelli. È un attimo. «In questi anni mi sono tenuto tutto dentro». Lavoro e famiglia. Il vuoto è rimasto vuoto. In parte colmato dall’amore dei figli. Nel frattempo è diventato un’altra volta padre.Vincenzo ha anche contattato il padre della ragazza uccisa a Rimini. Hanno unito i loro dolori. Guarire è davvero complicato. Ma «io ho una stella che mi protegge da lassù. E protegge anche i suoi nipoti».

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