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La sanificazione degli ospedali tra ostacoli e buone pratiche

Di Redazione |

FIRENZE (ITALPRESS) – Nella sanitá pubblica ad allarmare sempre di piú é il numero dei decessi per infezioni correlate all’assistenza (ICA), ovvero contratte all’interno delle strutture sanitarie. Basti pensare che le morti italiane rappresentano il 30% del totale in Europa. Numeri che fotografano la realtá di un sistema sanitario messo a dura prova dal Covid e che oggi, piú che mai, ha il dovere di porre l’attenzione sul tema cruciale della sanificazione e dell’igiene pubblica. Temi contenuti in una legge, la cosiddetta Gelli-Bianco (24/2017), il cui ambizioso obiettivo é quello di incardinare il tema della sicurezza nel diritto alla salute e che oggi, a distanza di cinque anni dalla sua promulgazione, necessita di un tagliando di controllo. Di questo si é discusso durante il convegno dal titolo “L’Applicazione della Legge 24/2017 a cinque anni dall’approvazione – Il ruolo delle Linee Guida ed esempi di Buone Pratiche nazionali nel campo della sanificazione nelle strutture ospedaliere”, svoltosi oggi a Firenze. Un incontro che ha posto l’attenzione sugli aspetti applicativi di una norma che ha l’ambizione di favorire le buone pratiche nelle strutture ospedaliere, che spesso si scontra contro il muro della burocrazia. Come ha ricordato Federico Gelli (direttore Sanitá, Welfare e Coesione sociale della Regione Toscana) nel suo intervento introduttivo, “si tratta di una norma certamente migliorabile, con problemi di applicazione dovuti ai vincoli eccessivi della burocrazia e anche a questioni legate al recepimento da parte delle singole Regioni”. “Il lavoro che abbiamo fatto in questi anni per la fidelizzazione e il coinvolgimento dei vari stakeholder interessati, penso agli operatori sanitari, agli addetti del diritto e delle assicurazioni, alle strutture ospedaliere pubbliche e private – ha ricordato Gelli – é stato molto importante. Abbiamo trattato questo argomento come centrale per l’assetto della sanitá”. Un percorso non privo di ostacoli, ha sottolineato lo stesso Gelli, perchê “abbiamo i problemi legati alle diversitá applicative regionali della norma e solo attraverso un percorso di cultura politica possiamo far capire agli amministratori che l’applicazione della legge offre maggiore sicurezza ai cittadini e anche un vantaggio sotto il profilo del contenimento dei contenziosi e quindi dei costi”. Luci e ombre sull’applicazione della legge 24/2017 sono state evidenziate anche nell’intervento di Walter Ricciardi (professore di Igiene e Medicina Preventiva – Universitá Cattolica di Roma): “Con il Covid abbiamo pagato in termini di vite umane il prezzo di 37 miliardi di definanziamento alla sanitá pubblica degli ultimi anni. La pandemia ha generato instabilitá e incoerenza evidenziando una debolezza dei sistemi di governance, di subalternitá alla politica che sceglie manager sanitari piú per fedeltá che per merito, e la stanchezza dei professionisti sanitari che vivono elevatissime pressioni di lavoro, pensiamo alla situazione nei pronto soccorso”. Cosa fare quindi? “Sulle infezioni ospedaliere sappiamo tutto, a partire da come trattarle, da oltre vent’anni. Eppure, in Europa mi sono sentito dire che siamo il terzo mondo, perchê ufficialmente i numeri parlano di decine di migliaia di morti ma io credo che siano perlomeno 50mila l’anno. Occorre ripristinare il concetto della clinical governance, mettere al centro delle gestioni sanitarie si i bilanci, si la tecnologia ma soprattutto il ruolo degli operatori”. Sulla legge Gelli, prosegue, “avere affidato all’Istituto Superiore di Sanitá il ruolo di garante delle linee guida non ha finora portato a quell’accelerazione auspicata e che é dovuta nell”interesse della salute dei nostri cittadini”. Per Maurizio Hazan, presidente Fondazione “Italia in Salute”, il merito della legge Gelli “é quello di aver affrontato in modo organico la questione della conta medica e di avere generato, a costo zero, strumenti di sicurezza che devono trovare urgentemente applicazione. Sono stati fatti enormi passi ma c’é ancora tanto lavoro da fare”. Ad evidenziare i numeri delle ICA ci ha pensato Fidelia Cascini, ricercatrice dell’Universitá Cattolica, che ha riportato uno studio recente dell’Organizzazione Mondiale della Sanitá, secondo cui negli ultimi quattro anni in Europa 4,5 milioni di persone sono state ricoverate per ICA, con una mortalitá per sepsi del 24,4%. “A questo si deve aggiungere la pandemia, che nella prima fase del 2020 ha portato fino al 41% dei pazienti ricoverati in ospedale con conferma di Covid ad infettarsi nelle strutture sanitarie, mentre tra gli 80mila e 180mila operatori sanitari (a livello globale) sono morti per aver contratto il Covid durante l’attivitá lavorativa fino a maggio 2021”. Numeri che rilanciano la necessitá di investire su ricerca e sviluppo nel campo dell’igienizzazione sanitaria. Sul problema delle infezioni nosocomiali “giá negli anni Ottanta ci furono due circolari del ministero della Salute, ma eccetto l’Emilia-Romagna che ha sistematizzato il problema, nessuno ha fatto niente”, ha ricordato Gianfranco Finzi (presidente ANMDO). “Noi da oltre trent’anni studiamo elementi per dare sicurezza all’interno degli ospedali, troppo spesso inascoltati come drammaticamente ci ricordano i numeri. Recentemente abbiamo prodotto un gigantesco lavoro con il contributo di FARE, FIASO al quale ha aderito TIPS, tavolo interassociativo pulizie e servizi che rappresenta oltre 2mila aziende con 21 miliardi di fatturato. Tutti d’accordo su come fornire maggiore sicurezza negli ospedali, le nostre buone pratiche oggi fanno parte delle linee guida dell’ISS che peró non vengono tradotte in pratica”. Da questo punto di vista é fondamentale il contributo portato dall’applicazione della legge Gelli, che consiste anche nel promuovere la ricerca di sistemi e metodiche innovative di comprovata efficacia ed efficienza, pure in termini di costo-beneficio oltre che di basso impatto ambientale, consentendo di misurare il risultato finale di un servizio di pulizia e sanificazione con parametri “oggettivi” e “misurabili”. Una sfida raccolta da Massimo Menichini, direttore generale di Copma, azienda che ha sviluppato un nuovo sistema brevettato, il Pchs, sistema certificato contro la contaminazione microbica. “Noi siamo pronti a fare la nostra parte anche attraverso i servizi innovativi ottenuti dopo anni di ricerca dalle nostre direzioni di innovazione e sviluppo. Una ricerca pluriennale testata in ospedali e validata da diverse universitá italiane, che utilizza prodotti biologici e i cui risultati sono misurabili e possono contrastare con risultati certificabili il fenomeno delle infezioni ospedaliere”. A concludere il convegno l’intervento dell’ex ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: “Viviamo in un Paese complicato, dove i processi di riforma si scontrano con la burocrazia e con la capacitá di attuazione. Abbiamo un assoluto bisogno di spingere sulla fase esecutiva rendendo azioni misurabili ed efficaci e se non lo facciamo difficilmente riusciremo a raggiungere i Gol che ci siamo dati con il Pnrr”. Si tratta di problemi endemici al sistema italiano, ragiona la deputata Pd, “emersi con i conflitti fra enti durante la pandemia, che hanno lasciato delle lacerazioni. Penso alla non applicazione della legge sul registro dei vaccini che abbiamo fatto, ma la cui non attuazione ha reso impossibile la comunicazione fra Regioni”. Per Lorenzin occorre quindi “abbattere i muri della burocrazia, portare le Regioni italiane a parlare tutte lo stesso linguaggio informatico e ristrutturare e rafforzare i dipartimenti di prevenzione e igiene pubblica”. – foto ufficio stampa convegno – (ITALPRESS). sat/com 18-Mag-22 18:01

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