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Riccardo Muti a Lampedusa per lo “Stabat Mater”di Sollima e Arriva

Dopo il debutto il 7 a Ravenna, il maestro dirigerà il 9 sull’isola un concerto per il Mediterraneo e la sua vocazione a unire

Di Redazione |

È scoperta, scambio, dialogo, libertà il Mediterraneo, il “mare in mezzo alle terre” che unisce sponde apparentemente lontanissime; ma per molti – sempre troppi – è una speranza che scompare sotto le onde, il sogno di una vita migliore che si fa tragedia infinita.Partiti da Sarajevo nel 1997, passando poi per New York, Tokyo, Damasco, Lourdes, i concerti “Le vie dell’amicizia” del Ravenna Festival che da 28 anni Riccardo Muti dirige a Ravenna e in molti luoghi simbolo di sofferenze, approdano, il 7 e 9 luglio prossimi, a Lampedusa. In mezzo, l’8 luglio al Teatro Alighieri, lo spettacolo “Non dirmi che hai paura”, di Alessandro Baldessari e Claudio Cavallin, che porta in scena la storia della velocista somala Samia Yusuf Omar (Giuseppe Catozzella ne ha raccontato la storia nel romanzo vincitore del Premio Strega Giovani nel 2014), fra coloro che hanno perso la vita in fuga da guerra, povertà e carestie.Ravenna Festival, espressione di una città che proprio il legame con il mare ha reso crocevia di popoli e culture, dedica al dramma dei migranti la XXVIII edizione de Le vie dell’Amicizia, il progetto che dal 1997 disegna ponti di fratellanza e promuove il dialogo attraverso il linguaggio universale della musica, invita a riflettere sulla storia condivisa del Mediterraneo.

Riccardo Muti dirigerà, dunque, i concerti a Ravenna (Pala De André, 7 luglio) e Lampedusa (Teatro naturale della cava, 9 luglio), il cui cuore è lo “Stabat Mater” che Giovanni Sollima ha composto su versi di Filippo Arriva in antico siciliano. In apertura la composizione elettroacustica “Samia suite” di Alessandro Baldessari e Claudio Cavallin, commissionata dal Festival. Per lo “Stabat Mater”, all’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e al Coro della Cattedrale di Siena Guido Chigi Saracini preparato da Lorenzo Donati si uniranno il controtenore Nicolò Balducci, Lina Gervasi al theremin e lo stesso Sollima. Il violoncello che suonerà, al pari di altri strumenti ad arco in orchestra, è stato realizzato con il legno di barconi, recuperati a Lampedusa, nel carcere di Opera, per iniziativa della Fondazione La Casa dello Spirito e delle Arti che li ha messi a disposizione per l’occasione.

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Sull’accordo finale dell’ultimo movimento dello Stabat – “Ninna nanna ò” – si leveranno ninne nanne in idiomi diversi, dal salentino all’ucraino, intonate dalle voci femminili del Coro a Coro di Rachele Andrioli (a Ravenna arricchito da donne della città). È invece alla sola cantante palestinese del gruppo che è affidata la preghiera tradizionale araba dedicata alle madri, dopo la quale il coro chiuderà il concerto con una selezione di “canti migranti”. A Lampedusa, dove l’appuntamento è sostenuto dal Ministero della Cultura e Siae, sarà coinvolta anche la Banda dell’Associazione culturale musicale Lipadusa, diretta da Gaetano Palmieri.

«Quello che il Maestro Muti darà – ha detto Filippo Arriva, autore dei versi dello “Stabat” – con il suo concerto all’universo che vive, e purtroppo muore, attorno e dentro il Mediterraneo è un altissimo, magnifico simbolo etico, sociale, umano. Ciò che da tempo persegue con tutta la sua musica e in particolare con “Le vie dell’amicizia” e il Festival di Ravenna. La voce del Maestro è al di sopra delle parti e si innalza con la sua sublime direzione per toccare gli animi e i cuori di tutti oltre ogni confine. E’ il messaggio di fratellanza, d’unione, di pace che un grandissimo direttore d’orchestra offre con generosità a tutto il mondo con la sua arte alta e pura. Lo “Stabat Mater”, in particolare, con la musica di Sollima e i versi nel mio amato dialetto siciliano, è nato grazie al Maestro Muti. E a lui, Giovanni ed io, lo abbiamo dedicato».

Appena venti chilometri quadrati, Lampedusa. Eppure quest’isola, primo lembo d’Europa, riassume in sé tutte le tragedie e insieme le speranze di viaggi che nessuno affronterebbe se la prospettiva di rimanere non fosse peggiore. Fin da quella prima chiamata a raggiungere una Sarajevo ancora dilaniata dalle bombe e attraverso indimenticabili appuntamenti in luoghi simbolo della storia antica e contemporanea, anno dopo anno il progetto di Ravenna Festival Le vie dell’Amicizia ha scelto la musica come linguaggio di pace, conforto, dialogo, preghiera. Quest’anno la generosa guida di Riccardo Muti ci accompagna nel Teatro naturale della cava di Lampedusa, emblema di una ferita grande quanto il mare; un appello perché il Mediterraneo ritrovi la sua vocazione a unire piuttosto che a dividere.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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