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Barcellona, decapitati clan mafiosiArrestate ventidue persone

Barcellona, decapitati clan mafiosi Arrestate ventidue persone

Il blitz antimafia denominato Gotha 5 è scattato nella notte. I giovani avevano preso il posto dei vecchi boss detenuti

Di Redazione |

I carabinieri del R.O.S., della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto ed i poliziotti del Commissariato di Barcellona Pozzo di Gotto e della Squadra Mobile di Messina, hanno arrestato 22 persone accusate di associazione mafiosa, estorsioni, rapine, porto abusivo di armi ed altri reati contro la persona e il patrimonio. Il provvedimento è stato emesso dal gip del Tribunale di Messina Maria Luisa Materia, su richiesta del procuratore Lo Forte e dei sostituti Cavallo e Di Giorgio della Dda messinese. Altre 5 persone sono state indagate.

I provvedimenti scaturiscono da una complessa attività investigativa, avviata nel 2013, sul conto dela mafia “dei barcellonesi” e del clan dei mazzarroti”.

L’operazione antimafia è stata denominata “Gotha 5”. L’inchiesta ha preso spunto dalle dichiarazioni di Salvatore Artino, figlio di Ignazio, già esponente di primo piano dei mazzarroti, ucciso in agguato di mafia nell’aprile del 2011, che ha avviato la sua collaborazione con la giustizia dopo essere stato arrestato nel luglio del 2013 nell’ambito del blitz Gotha 4. Oltre alle dichiarazioni di Salvatore Artino i Carabinieri del ROS e la Polizia si è avvalsa anche dei racconti di Carmelo Bisognano, Salvatore Campisi e Santo Gullo.

E’ emerso come avviene il ricambio generazionale e come sia pervasivo il controllo del territorio. Le indagini hanno scoperto i responsabili di diverse estorsioni, nonché gli esecutori della rapina ai danni di un supermercato di Campogrande di Tripi del dicembre 2012, conclusasi tragicamente con la gambizzazione di un cliente che aveva opposto resistenza.

Il blitz ha permesso la nuova mappatura del clan barcellonese, caratterizzata dalla presenza di giovani consociati che sono riusciti ad acquisire, nonostante l’età, un ruolo di assoluto valore criminale. Il nuovo gruppo criminale si occupava non solo di estorsioni ma anche di spaccio di sostanze stupefacenti. Giovani e spregiudicati che hanno raccolto l’eredità dei boss detenuti. È il caso di Alessio Alesci e del nipote Giuseppe Ofria, figlio di Salvatore e nipote di Salvatore Di Salvo (detto Sem), considerati ai vertici della famiglia mafiosa barcellonese e arrestati nel giugno del 2011 nell’operazione Gotha 1. Oltre allo spaccio di sostanze stupefacenti, il gruppo ha sviluppato il proprio controllo del territorio soprattutto attraverso attività estorsive, in particolare nei confronti dei locali notturni e delle discoteche di Milazzo.

In questo settore le indagini hanno evidenziato come gli indagati  abbiano ottenuto sistematicamente l’accesso ai locali e le consumazioni all’interno in modo gratuito, con modalità violente e prevaricatrici ed abbiano anche imposto l’assunzione di alcuni componenti del sodalizio quali responsabili della sicurezza. In un caso, come nel caso della scomparsa di una partita di droga che era stata consegnata a un minore incensurato per detenerla presso la sua abitazione, alcuni componenti del sodalizio, dopo aver fatto irruzione nell’abitazione del ragazzo e averla perquisita, non hanno esitato a picchiarlo violentemente, anche alla presenza della madre, ed a sottrargli un ciclomotore a titolo estorsivo.

L’inchiesta ha svelato anche l’attuale impegno della cosca dei “Mazzaroti” per garantire continuità all’azione del gruppo nel settore delle estorsioni alle quali sono state sottoposte, da parte Sebastiano Torre, Giuseppe Cammisa e Orazio Salvo, diverse attività imprenditoriali e commerciali del comprensorio. I proventi estorsivi, anche con le “tradizionali” rate di Natale, Pasqua e Ferragosto, garantivano il sostentamento dell’associazione mafiosa e ai detenuti (è stata accertata una consegna di denaro a Salvatore Italiano che si trova ai domiciliari).

E’ inoltre emersa in tutta evidenza la pericolosità del gruppo che ha dimostrato di poter disporre di numerose armi, anche Kalashnikov, che è pronto ad utilizzare per garantirsi il controllo delle attività criminali nel territorio di Mazzarrà, S. Andrea e dei comuni limitrofi, per mezzo di spedizioni punitive contro coloro i quali non intendono sottostare alle strategie dell’organizzazione. In una di queste occasioni soltanto il provvidenziale passaggio di una pattuglia del Commissariato di Barcellona ha evitato il peggio impedendo a Sebastiano Torre, Giovanni Pino, e Giuseppe Cammisa, armati ed in appostamento, di portare a termine l’agguato.

Ma ci sono anche pestaggi, minacce a mano armata ed “interrogatori” di soggetti rei di aver commesso reati contro il patrimonio senza autorizzazione dei vertici dell’associazione criminale ed anche il progetto di aumentare il potenziale offensivo della cosca acquistando altre armi per garantirsi il pieno controllo delle attività estorsive (“se guerra vogliono – si legge in una intercettazione –  guerra sia”).

Tra gli arrestati Angelo Bucolo indicato dai collaboratori come uno dei componenti storici del gruppo mafioso dei Mazzaroti impegnato nella riscossione dei proventi estorsivi che provvedeva a consegnare ad esponenti di Cosa Nostra barcellonese, partecipando ad attentati in danno di imprenditori “al fine di convincerli a continuare a pagare il pizzo”.

Attentati anche alla discarica di Mazzarrà S. Andrea presso cui Bucolo, insieme a Giuseppe Reale e Giovanni Pino prestava attività lavorativa. Dalle dichiarazioni dei collaboratori è altresì emerso che Angelo Bucolo si era anche occupato di custodire ed occultare alcune armi per conto di Giuseppe Reale che questi aveva utilizzato per commettere attentati, – secondo un collaboratore di giustizia – sarebbe stato contattato, senza esito, da altri sodali “affinchè convincesse il fratello Salvatore Bucolo, sindaco di Mazzarrà ad intervenire nei confronti della società Tirreno Ambiente (società che gestisce la discarica) affinchè quest’ultima riprendesse a pagare le somme a titolo estorsivo”.

Particolarmente significativa l’intercettazione ambientale che ha documentato un incontro tra rappresentanti armati della cosca dei “mazzaroti” con esponenti della mafia catanese per la reciproca “messa a posto” di imprese operanti nelle due province nell’ambito di quello che il Gip definisce un “sistema di estorsioni incrociate”. All’esito dell’incontro veniva confermato il reciproco rispetto tra le due organizzazioni mafiose (“allora da quando è … è sempre stato così, sempre così!) secondo una consolidata alleanza (“gemellaggio”) tuttora operativa.

Provvedimenti anche per Agostino Campisi, padre di Salvatore Campisi, Tindaro Calabrese, Salvatore Labruzzo Calcò e Maurizio Trifirò in relazione alle estorsioni che ciascuno di loro, in periodi diversi, ha posto in essere ai danni dell’imprenditoria locale, alcune delle quali già emerse nel corso dell’indagine denominata “Vivaio ma ancora non contestate agli indagati.

Nel medesimo procedimento sono inoltre indagate altre quattro persone per un episodio di scambio elettorale politico mafioso previsto dall’art. 416 ter c.p.,  contestato con riferimento alle elezioni amministrative del 2007 a Mazzarrà Sant’Andrea; ci sarebbe stato un pactum sceleris tra uno dei candidati ed il sindaco uscente già condannato in secondo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, da un lato, e due esponenti della cosca dei “Mazzaroti” dall’altro.

Le persone raggiunte stamani da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, sono Bartolo D’Amico, Franco e Filippo Munafò, Mario Pantè, Alessio Alesci, Giuseppe Ofria,Giuseppe Cammisa, Orazio Salvo, Antonino Genovese, il marocchino Miloud Essaoula, Salvatore Italiano, Angelo Bucolo, fratello del sindaco di Mazzarrà Sant’Andrea (Me), Giuseppe Reale, Giovanni Pino, Sebastiano Torre, Agostino Campisi, Tindaro Calabrese, Salvatore Calcò L’Abruzzo, Maurizio Trifirò, Antonino Calderone, Marco Chiofalo, Carmelo Crisafulli. Sette sono erano a già in carcere, gli altri erano liberi. Altre 5 persone risultano indagate.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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