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Giappone: attentato Abe, proseguono indagini su motivi omicida

Donazioni della madre superiori ai 10 milioni di yen

Di Redazione |

TOKYO, 15 LUG – Vanno avanti in Giappone le indagini sull’uccisione dell’ex premier Abe, venerdì scorso, che ha lasciato sotto shock il Paese. L’autore dell’attentato, il 41enne Tetsuya Yamagami, ha da subito affermato di nutrire risentimento nei confronti di Abe perché lo riteneva collegato alla Chiesa dell’Unificazione, un’organizzazione religiosa verso cui la madre aveva fatto dei cospicui versamenti. Una tesi che viene suffragata dallo zio di Yamagami – che, rispondendo alle domande degli inquirenti, ha confermato versamenti di almeno 10 milioni di yen (70.000 euro) eseguiti dalla madre, arrivando a impegnare i proventi della vendita della casa del marito suicida, e continuando a fare versamenti anche dopo essere entrata in bancarotta nel 2002. La mancanza di denaro a causa delle donazioni, secondo lo zio, hanno portato la famiglia a uno stato di povertà, impedendo al sospettato di proseguire gli studi. Lo stesso Yamagami avrebbe tentato il suicidio nel 2005, quando serviva nelle Forze di autodifesa, per consentire alla sorella e al fratello di beneficiare dell’assicurazione, ha aggiunto lo zio durante gli interrogatori. La madre dell’omicida aveva aderito alla Chiesa nel 1998, ma secondo l’organizzazione non esistono registrazioni di versamenti così consistenti. La Chiesa dell’unificazione è un movimento cristiano fondato nel 1954 in Corea del Sud dal predicatore Sun Myung Moon, scomparso nel 2012, e che negli ultimi anni ha avuto molta visibilità in particolare nelle occasioni dei “matrimoni di massa” celebrati dallo stesso Moon. L’ente ha diversi milioni di credenti tra Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti. Nel Paese del Sol Levante conta circa 600mila adepti, e in passato è stata criticata perché incoraggiava i propri fedeli ad acquistare costosi accessori come vasi e sigilli, o a donare il 10% del loro reddito. Fonti a conoscenza delle indagini citate dai media nipponici hanno riferito che l’omicida ritenesse responsabile il nonno dell’ex premier, Nobusuke Kishi – primo ministro tra il 1957 e il 1960 – per aver introdotto la Chiesa dell’Unificazione in Giappone, e per quel motivo “avrebbe deciso di vendicarsi” con l’uccisione del nipote.

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