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Riesplode il caso Siri e Salvini sbotta: «Si sciacqui la bocca chi parla della Lega e non accostatela alla mafia»

Di Redazione |

ROMA – Si riaccende lo scontro tra Lega e M5s sul caso di Armando Siri, sottosegretario leghista finito sotto accusa in una inchiesta nata a Palermo che lo vede accusato di aver intascato una tangente di 30 mila euro  in cambio della modifica di un norma che faceva capo al Def sugli incentivi connessi al mini-eolico. Il nome di Siri spunta da un’intercettazione disposta dalla Procura di Palermo che, da mesi, indagava su un giro di mazzette che vede coinvolti il «re dell’eolico» Vito Nicastri, imprenditore mafioso che avrebbe finanziato la latitanza del boss Matteo Messina Denaro, e Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia, tra i professori scelti da Salvini per la stesura del programma della Lega. L’indagini su Siri è stata inviata alla Procura di Roma.

Ma l’accostamento di esponenti leghisti alla mafia fa saltare sulla sedia il ministro dell’Interno e leader del Carroccio Matteo Salvini:  «Non accostate mai il mio nome e quello della Lega alla mafia. Chi parla di Lega deve sciacquarsi la bocca perché con la mafia non abbiamo nulla a che vedere», ha detto il vicepremier ai cronisti che gli chiedevano delle richiesta di dimissioni del sottosegretario Siri arrivata dai cinquestelle.

«Ho piena fiducia nella magistratura e sono sicuro che faranno il loro lavoro bene e nel più breve tempo possibile», ha aggiunto inoltre Salvini a proposito dell’indagine che la procura di Roma sta conducendo.

Non la pensa così Luigi Di Maio che, intervistato a ‘Di Martedì’ in onda stasera su La7, ha detto che «qui stiamo parlando di un caso di membro del governo coinvolto in un’indagine per corruzione che parla di mazzette e in odore di mafia. Quando si parla di queste cose qui, il M5s ha dovere ricordare che se vuoi essere il Governo del cambiamento, Armando Siri che sicuramente sarà giudicato innocente, mentre si difende deve stare vuole stare lontano dalle istituzioni del Governo». «Questo – ha spiegato l’altro vicepremier – è un caso in cui è necessario dare un segnale politico ed etico agli agli italiani. Glielo auguro di essere giudicato innocente, ma finché non è questo si metta in panchina».

E Toninelli: «Se fosse M5s, già fuori» 

Parlando invece con i cronisti nel cantiere della galleria di Segesta (Trapani), dove si trova per un sopralluogo alle infrastrutture siciliane, il ministro di Trasporti Danilo Toninelli ha voluto specificare che «se Armando Siri facesse parte del M5s sarebbe già stato messo fuori dal governo, invece nella Lega continua a parlare». Toninelli ha aggiunto: «Io non parlerei di un caso Siri comunque – ha proseguito – esiste un governo del cambiamento che non può avere ombre. E se chi fa parte di questo governo ha un ombra deve avere la possibilità di dissiparla: come fa a levarsela di dosso occupandosi di tanti dossier del ministero? Siri prima si occupi di lui, si difenda e dimostri di essere innocente dopodiché può tornare in campo dopo un istante: ma questo è il governo del cambiamento». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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