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Tradizioni pasquali

Pasqua a Comiso: un viaggio nella tradizione e nella fede

Fra sacro e profano, il cuore antico della celebrazione pasquale siciliana

Di Redazione |

Fra conci di torri campanarie e trine di cupole, la Pasqua di Comiso è una festa immutata nei secoli e vissuta con emozione e coinvolgimento. È una delle tante tradizioni che appartengono alla nostra comunità e che siamo riusciti ad esportare anche fuori». Commenta così, il sindaco di Comiso, Maria Rita Schembari, per descrive la sua città dove, da secoli, le tradizioni e la festa di Pasqua rafforzano ulteriormente il legame tra storia, architettura e arte. Una festa, quella di Pasqua, lasciata in eredità dagli spagnoli che hanno intriso anche il dialetto con la loro presenza ancora oggi ben radicata. È talmente incisivo il culto per la Madonna tramandato proprio dagli iberici, che Comiso è una città Mariana per eccellenza. La Pasqua comisana è un intreccio di elementi che la rende unica nel panorama delle feste Sacre isolane. È un inno alla gioia della Resurrezione, un invito al raggiungimento della pace dello spirito e quindi, della pace tra gli uomini.

“A Paci” infatti, è il momento della festa pasquale più catartico che, simbolicamente, purifica interiormente e porta a una contemplazione superatrice della colpa o delle passioni e, al contempo, mette in evidenza il circolo infinito della vita e della morte dove, nella credenza cristiana, non c’è una fine ma solo un passaggio tra l’elemento materiale e quello spirituale. Il simulacro della Madonna Maria Santissima Annunziata e dell’Arcangelo Gabriele che le annuncia la venuta del Cristo per suo tramite, e sta quindi a simboleggiare la nascita di Gesù, incontra il simulacro del Gesù risorto che simboleggia invece la resurrezione alla vita eterna dopo la morte. Prima che i portatori dei due simulacri si avvicinino e si allontanino per tre volte per la “Paci”, i due Angeli che si trovano sui due simulacri intonano il Regina Coeli, prima l’uno, e poi l’altro.

È una storia da raccontare a parte quella dei due bambini che incarnano l’Angelo della Madonna e l’Angelo di Gesù risorto. Si comincia già dalle prime settimane di gennaio a selezionare i due “angioletti” che accompagneranno per tutto il percorso della domenica di Pasqua i due simulacri. C’è attesa, speranza, perché essere gli angeli della Pasqua è stato sempre il desiderio più grande dei bambini.

Dopo le selezioni, cominciano le prove canore per arrivare ad intonare senza alcun accompagnamento musicale, e in latino, il Regina Coeli. “Regína caeli laetáre, allelúia. Quia quem merúisti portáre, allelúia. Resurréxit, sicut dixit,allelúia. Ora pro nobis Deum, allelúia”. È la colonna sonora della Pasqua comisana. E infine arriva la domenica della festa. La vestizione dei bambini comincia alle 5 del mattino perché gli abiti, che vengono fatti ogni anno uguali ai primi che risalgono agli inizi del ’900, vanno cuciti al momento della vestizione e restano unici per sempre poiché fatti su misura. «Dopo la funzione comincia la processione segnata dalla discesa dei simulacri dalla scalinata della Basilica», aggiunge Giovanni Assenza assessore allo spettacolo. «È una testimonianza di cieca fiducia tra i portatori che confidano l’uno con l’altro mentre da un lato frenano la discesa e dall’altro sostengono le due statue per evitare che scivolino. Comincia così la festa di Pasqua a Comiso, per poi snodarsi tra strade, vie, vicoli caratteristici addobbati a festa dai cittadiniCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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