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In tre video Gioele è vivo nell’auto della madre a Sant’Agata di Militello

Di Mario Barresi |

Patti (Messina) – Gioele – quasi certamente vivo – era dentro l’auto della madre, a Sant’Agata di Militello. Non è soltanto uno, il video-chiave del giallo di Caronia. Ma almeno tre. E se il primo acquisito dagli investigatori mostrava delle immagini sfocate, che non permettevano neppure di capire se all’interno dell’Opel Corsa guidata da Viviana ci fosse il figlio, sono arrivati altri filmati- uno, in particolare, definito «chiarissimo» da chi l’ha visto – in cui si vede il bambino. E in quei frame, ingranditi e più volte scanditi al rallentatore, Gioele dà tutta l’impressione di essere ancora in vita. Riparte da qui (ma non soltanto), con rinnovato vigore, l’inchiesta sulla morte di Viviana Mondello (la mamma-deejay 43enne trovata cadavere sabato scorso nelle campagne di Caronia) e sulla scomparsa del figlio, Gioele Mondello, di quattro anni. Proprio dalla svolta grazie alle telecamere di videosorveglianza di alcuni negozi (e non distributori di carburante) di Sant’Agata di Militello, tappa intermedia della misteriosa fuga della donna, partita dall’abitazione di Venetico e terminata poi con un imprevisto, l’incidente stradale sull’A20. Anche se gli orari registrati dagli impianti dei singoli commercianti vanno calibrati con un margine di approssimazione, le immagini raccolte dalla Procura di Patti e dalla squadra mobile di Messina coprono gran parte dei 22 minuti di buco (dalle 10,30 alle 10,52) certificato dall’ingresso e dall’uscita dal casello autostradale di Sant’Agata. Ed è per questo che il procuratore Angelo Cavallo si spinge ad ammettere che «siamo ragionevolmente sicuri che al momento dell’incidente la signora fosse ancora con il figlio».

E allora, visto che Gioele – a maggior ragione se ancora vivo – era con la mamma nei pressi del luogo in cui è stato poi trovato il cadavere della donna, il salto di qualità delle indagini sta tutto nel poter restringere le coordinate di tempo e spazio: dalle 10,52 (ora dell’ingresso in autostrada) ai minuti successivi all’incidente, registrato alle 11,07; e sul tratto di strada fra il centro di Sant’Agata e la galleria di Pizzo Turda, fino alla zona sottostante. Poco meno di una ventina di minuti e 13,6 chilometri d’autostrada, ai quali però si aggiungono gli oltre 400 ettari di campagna, dove si cerca da dieci giorni. Gli investigatori avevano già compiuto scrupolosi controlli a casa Mondello e nel vicino studio di registrazione dove quella mattina si trovava Daniele Mondello, marito e papà disperato. Ma anche nel tratto di strada fra Venetico e Milazzo, oltre che in alcuni luoghi sensibili del primo tratto di A20 percorso dall’auto di Viviana. Ma adesso si torna decisamente alla scena finale. Che poi è l’inizio del mistero. Cos’è successo dopo che l’Opel Corsa ha urtato il furgone della ditta di manutenzione? Gli operai, sentiti in procura, hanno confermato di aver visto uscire dall’abitacolo soltanto la donna, mentre mettevano in sicurezza, da protocollo, l’area interessata per evirare il coinvolgimento di altre auto. Ma non sono i soli sul luogo della scomparsa di Viviana e (fors’anche) di Gioele. Il procuratore Cavallo, infatti, conferma anche l’altra rivelazione pubblicata ieri: una chiamata al 113 in cui un automobilista segnala l’incidente. Come si apprende da fonti qualificate, l’autore della telefonata non fornisce alcun particolare sui presenti, ma ci sarebbe una «voce fuori campo» che fa riferimento a «una donna con un bambino». Ed è proprio su questo delicatissimo punto della ricostruzione che subentra l’appello – l’ennesimo – del procuratore ai testimoni introvabili. «Fatevi vivi e raccontate quello che sapete», scandisce Cavallo. Che ha ricevuto, dall’uomo che aveva lanciato l’allarme (rintracciato dal sistema del Nue, il Numero unico d’emergenza), una precisa descrizione. Una famiglia, «composta da padre, madre e due figli adolescenti» a bordo di una «berlina grigio metallizzato» o comunque «di colore chiaro». Si tratta di «un uomo, una donna e un ragazzo e una ragazza. Il padre era quasi calvo, abbronzato e di corporatura robusta, indossava una maglietta arancione. La donna ha sui 45 anni, indossava un vestito blu». La loro testimonianza, sottolinea il pm è importante: possono chiarire se Viviana «aveva il bambino in braccio o se il piccolo le camminava accanto…». Ovvero: se a quel punto Gioele fosse morto o vivo.

L’approccio del magistrato è rassicurante («Continuate l’opera meritoria che avete iniziato, non c’è nulla da temere»), anche se il fatto che i testimoni-chiave non si siano ancora materializzati, dopo giorni di tam-tam mediatico sul giallo dell’estate, non promette nulla di buono. «Riteniamo che questi signori, oltre a essersi fermati sul luogo dell’incidente, abbiano iniziato anche delle ricerche scavalcando il guardrail», dice Cavallo ai cronisti rivelando un dettaglio di non poco conto.

E dunque la campagna di Caronia, estesa ma non certo infinita, torna a essere la principale scena del crimine. Anzi: dei crimini. Chi è in prima linea nelle indagini ammette come un’attenzione particolare adesso sia riservata anche al tratto dall’uscita di Sant’Agata fino a Caronia: la presenza di Gioele in auto è certa fino al momento del video, ma soltanto presumibile da lì in poi. Ma è chiaro che tutta la zona (che continua a essere setacciata senza risultati) attorno alla scomparsa è sempre più un punto fermo dell’indagine. Non a caso ieri c’è stato un altro sopralluogo di pm e polizia nei pressi del traliccio sotto il quale è stato trovato il cadavere di Viviana (su cui non c’erano evidenti segni di violenza né di ferite da arma da fuoco o da taglio; presunta causa della morte una caduta dall’alto), con in campo anche la Scientifica di Catania, che già mercoledì pomeriggio aveva raccolto numerosi elementi. Reperti, impronte e altri elementi utili a ricostruire gli ultimi istanti di vita di Viviana e magari a scoprire che fine abbia fatto il figlio. Ma c’è molta attesa soprattutto per un altro report: quello sull’analisi dell’Opel Corsa. All’interno della quale, apprende La Sicilia, da un primo riscontro ancora da confermare, emergerebbero elementi «di oggettivo interesse investigativo». Una nuova pista, o magari la conferma di una tesi già consolidata, sulla sorte del bimbo inghiottito nel nulla.

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